PIANO NAZIONALE PER L'OCCUPAZIONE FEMMINILE
TutteperItalia è componente sia degli Stati generali che dell'Alleanza delle donne.
Pubblichiamo il nostro contributo redatto da 4 volontarie in base agli incontri e confronti effettuati : il Piano è stato inviato al Governo, alle forze politiche,al Quirinale
Piano Nazionale per l’occupazione femminile Stati Generali delle Donne e Alleanza delle donne
AGOSTO 2020
A.SERVIDORI-I.MAGGI- A.L.CRUCITTI- L.MOSCHINI
ILnostro contributo alla definizione del percorso che il Governo sta intraprendendo per l’utilizzo delle risorse e il rilancio dell’economia e dell’occupazione.
Perché un Piano nazionale per l’occupazione femminile, come Piano integrato.
Come Stati Generali delle Donne siamo partite da Roma, il 5 dicembre 2014 presso la sede del Parlamento Europeo, con il Patrocinio del Ministero Sviluppo Economico. Siamo presenti da febbraio 2015 in ogni Regione italiana per attivare gli Stati Generali delle donne regionali. E' risultato fondamentale dalle nostre riflessioni declinare le politiche sul lavoro delle donne a livello di ogni singolo territorio cogliendone le specificità, le vocazioni, le opportunità, per studiare e trovare soluzioni concrete ai problemi reali delle cittadine che con noi credono in una Italia che cresce e che ce la può fare. Le aree urbane e rurali sono stati laboratori per studiare nuovi strumenti e nuove strategie per uno sviluppo sostenibile che possa mettere in moto i meccanismi per ri-creare nuova occupazione non solo per le donne.
Un Patto per le Donne fornisce una risposta flessibile ed integrata alle diverse esigenze territoriali, promuovendo a tal fine un più efficace coordinamento tra i diversi strumenti di programmazione e di pianificazione e tra le diverse fonti finanziarie disponibili, nonché tra i diversi soggetti istituzionali interessati.
Un Patto per le Donne è un percorso unitario di intervento sui territori finalizzato a creare nuova occupazione femminile nell'ambito dello sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell'Italia, per la cui attuazione è ritenuta necessaria un’azione coordinata, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in considerazione della strategicità e complessità degli interventi, nonché per accelerarne la realizzazione, nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali.
Il rilancio dell’occupazione femminile può essere interpretata come una misura anti-ciclica, capace di stimolare nuova domanda lavorativa e di recuperare anche quelle professioni artigianali così preziose per mantenere l’identità territoriale.
La strategia è quella di un superamento dell’approccio di genere rispetto alla gestione della cura e all’accesso ai congedi all’interno di un discorso più complessivo che riguarda una progressiva “territorializzazione” dell’organizzazione del lavoro volta a favorire la costruzione di sistemi di welfare aziendale 4.0. Le donne sono spesso sia lavoratrici che care-givers e da sole spesso portano avanti le famiglie, sono multitasking e infaticabili collaboratrici animate da un grande spirito di servizio a favore del Paese. Non possono essere continuamente penalizzate nell’accesso al lavoro, negli stipendi, negli avanzamenti di carriera, né quando vanno in pensione. Si propone la possibilità di utilizzare una programmazione negoziata con le aziende e la pubblica amministrazione in merito ad esigenze legate a stabilità del lavoro, flessibilità negli orari di lavoro, nell’organizzazione del lavoro (smart working, banca delle ore, job sharing, orario multi periodale) e alla condivisione, in base ad accordi nazionali e territoriali.
Si tratta di realizzare una migliore organizzazione del lavoro tramite un coinvolgimento diretto delle lavoratrici e dei lavoratori, che può rappresentare uno strumento di potenziamento della capacità contrattuale delle stesse e degli stessi, evitando molte demagogie sindacali che snaturano i veri problemi del Paese.
Occorre onestà culturale e ripartire dalle persone, ponendole al centro delle relazioni industriali ed occupazionali in genere, occorre partecipazione e responsabilizzazione, potenziando il welfare aziendale come strumento fondante nella contrattazione collettiva e territoriale per realizzare uno scambio virtuoso necessario fra il miglioramento del benessere, del reddito, e la maggiore efficienza produttiva delle realtà produttive con scelte coraggiose ed ecosostenibili ma strategiche e rispettose dei tempi e delle esigenze del Paese e della concorrenza.E’ questa la sfida del nostro tempo: mettere insieme la necessità di percorrere vie innovative che sappiano ottimizzare la spesa pubblica e tutelare i nuovi rischi che derivano dall’invecchiamento della popolazione; gestire in modo organizzato e con linee di intervento chiare i processi migratori in atto; realizzare interventi concreti, positivi, quartiere per quartiere, strada per strada, perché sono strade che i nostri figli e le nostre figlie percorrono ogni giorno.
Il quadro generale
La crisi pandemica ha spinto ad una svolta l’Europa, che ha ritrovato in questo frangente drammatico la voglia di unità e nuove ambizioni. I risultati del lungo e combattuto Consiglio europeo, conclusosi il 21 luglio con un accordo di portata storica, aprono ora una nuova fase che deve riuscire a tradursi nel percorso per creare una Europa politica, federale, sostenibile, equa.
Ora tocca a noi.
Gli Stati Generali delle Donne, sempre più impegnate in questi giorni con l’Alleanza delle Donne a redigere un piano concreto di azioni possibili per “ spendere bene” i fondi del Recovery Fund plaudono all’accordo raggiunto.
E’ ora necessario un Piano nazionale per l’Occupazione femminile, un piano integrato di azioni.
Abbiamo approntato il Women in Business Act un insieme di azioni pensate per promuovere l’ecosistema imprenditoriale femminile, alla luce dei dati presentati da Unioncamere. Le proposte contengono le azioni necessarie per rimettere in moto l’economia al femminile.
Gli Stati Generali delle Donne con l’Alleanza delle donne sottolineano ancora una volta i benefici attesi di utilizzare il potenziale non sfruttato delle donne imprenditrici, compresa la promozione della crescita economica (fino al 2% del PIL globale secondo le stime) e aumentare la partecipazione della forza lavoro (contribuendo a raggiungere l'impegno dei leader del G20 a ridurre il divario di genere nella partecipazione della forza lavoro del 25% entro il 2025).
Ma occorre anche che lo Stato intervenga con un piano di assunzioni stabili che consentano allo stesso tempo la sostenibilità economica delle famiglie e, attraverso la messa in circolazione di denaro, entrate fiscali e afflusso di risorse alle attività produttive. I “servizi” che lo stato può attivare o implementare sono molti e in grado di costituire un volano importante per la ripresa economica: dall’assunzione diretta di personale nei diversi ambiti della sanità (sostituendosi alla gestione a volte discutibile di cooperative); nell’istruzione e formazione di qualità; nella salvaguardia, conservazione e valorizzazione dei beni artistici, paesaggistici e culturali; nelle attività collegate al turismo (centri di informazione e promozione), nei centri per l’impiego e di avvio al lavoro; nell’accoglienza alle persone migranti e nell’integrazione nello spazio pubblico (con una gestione/supervisione più capillare di associazioni o cooperative); nelle infrastrutture con partecipazione dello Stato: rete stradale e autostradale, servizio aereo, ferroviario (sviluppo reti locali, strategiche per pendolari), navale (traghetti pubblici), telecomunicazioni e banda larga ecdc. attraverso l’assunzione di personale qualificato per la progettazione, la gestione e le attività collegate alla manutenzione e la gestione e il reinvestimento degli introiti. Si rivelerebbe strategico anche tornare alla partecipazione maggioritaria in almeno una banca pubblica che assicuri il pagamento di fondi e sussidi pubblici in tempi brevi e certi.
Tutto ciò produrrebbe vantaggi non solo per l’occupazione in generale ed in particolare per quella femminile essendo l’ambito dei servizi pubblici particolarmente congeniale alle donne (Rapporto Colao) non solo nell’ambito dei servizi, ma anche nell’ambito dell’organizzazione gestionale, nonché di progettazione e realizzazione delle infrastrutture (Titoli di studio e competenze femminili alte).
Tutto ciò è fattibile perché è stato fatto in passato con successo, prima che le privatizzazioni sostituissero i privati nella gestione pubblica producendo grandi, a volte enormi, esborsi, grave perdita di posti di lavoro e l’alienazione di infrastrutture strategiche per lo Stato attraverso le vendite a paesi esteri.
Per ottenere vantaggi da tutto ciò è imprescindibile una gestione pubblica ad ogni livello compresi quelli apicali e decisionali consapevole, responsabile e competente.
Di conseguenza è necessaria una formazione accurata, obbligatoria, riguardante una gestione responsabile, equa, sostenibile secondo gli obiettivi di Sostenibilità e, di conseguenza, attenta all’attuazione del Gender Mainstreaming in ogni ambito e livello.
E poi? Ancora infrastrutture certamente. Ma infrastrutture strategiche dedicate al lavoro delle donne e al miglioramento della qualità della vita delle famiglie.
Le donne hanno bisogno di strutture di quartiere e a domicilio ( per anziani e disabili) a livello anche di condominio anche su modelli di coesione di piccoli gruppi in autorganizzazione ( turnazione / cooperative di assistenza) servizi di qualità garantiti ovunque ( scuola + pullmino e locale attesa x il rientro dei bambini ).
Perché oltre ai neonati ( sempre di meno) noi donne abbiamo una marea di attività da assolvere in famiglia anche se composta da 2 persone ( donne single con figli)
Manca soprattutto il lavoro ma manca anche il supporto per poter lavorare in serenità, a partire dagli asili nido ma pensando anche ai percorsi di studio dei nostri figli e delle nostre figlie.
Ora bisogna mettere in campo le riforme necessarie ad adeguarsi alle raccomandazioni della UE e rilanciare l’economia. La crisi COVID-19 e le risposte politiche associate (ad es. il contenimento a casa, l’ allontanamento sociale) hanno avuto un impatto significativo su settori dominati dalle donne, come ad esempio l’ospitalità, il turismo e la vendita al dettaglio.
Le misure in generale necessarie per grandi linee:
- prevedere una omogeneizzazione della disciplina per la tutela della maternità/paternità per estendere anche alle lavoratrici/ori autonome/i, alle imprenditrici e alle professioniste le misure attualmente previste per le lavoratrici dipendenti.
- sgravi contributivi e fiscali per i datori di lavoro che assumono donne a tempo indeterminato
- rendere permanente la destinazione delle risorse del Fondo per la contrattazione di secondo livello per l’introduzione di sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro che adottano misure per aiutare i e le dipendenti ad armonizzare famiglia e lavoro;
- ai fini della determinazione dei premi di produttività, devono essere computati anche i riposi giornalieri della madre;
- prorogare il regime della cd. Opzione Donna, allargando la facoltà di accedervi anche alle giornaliste, alle lavoratrici che fanno riferimento a casse previdenziali diverse dall’Inps e alle libere professioniste;
- prevedere un incremento della copertura figurativa per i periodi di interruzione lavorativa ai fini del raggiungimento dei requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico: i contributi figurativi riconosciuti per i periodi di tutela della maternità/paternità e per quelli di assistenza e cura del coniuge o del parente di primo grado;
- per le aziende che rimuovono le disparità salariali vengono introdotte misure premiali;
- tutte le imprese sono tenute a presentare il Rapporto annuale sulla situazione del personale e sul divario retributivo fra i propri addetti;
- tutte le amministrazioni pubbliche e le imprese private devono avviare programmi di audit interno per rilevare e prevenire molestie, violenze e discriminazioni sul luogo di lavoro. A tale scopo viene nominata una figura di riferimento interna all’azienda per la valutazione del rischio, secondo il modello implementato dal Metodo Scotland;
- obbligo di corsi di aggiornamento aziendali per l’abbattimento di stereotipi di genere e per la presa di consapevolezza di diritti. Deve essere richiesta all’azienda una relazione gender sensitive sul proprio operato;
- devono essere previsti sgravi contributivi e fiscali per chi assume donne vittime di violenza di genere inserite in appositi programmi di protezione al fine di garantirne il pieno reinserimento nel tessuto sociale, economico e produttivo.
In definitiva occorre superare la grave situazione italiana che vede meno della metà delle donne impegnata in attività lavorative e professionali e raggiungere la media europea di occupazione femminile che è appunto del 62 per cento.
Occorre assumere la lotta alla disoccupazione femminile e alla precarietà in generale come priorità assoluta, con un piano straordinario di investimenti pubblici e privati capaci di creare lavoro buono, stabile e dignitosamente retribuito per tutte e per tutti.
D’altra parte, non è neanche detto che una eventuale ripresa generale dell’occupazione vada a incidere positivamente su quella femminile, sia in termini di accesso al lavoro sia di gap salariale.
Occorre ipotizzare che il 50 per cento dei nuovi assunti siano donne. Insieme a una serie di misure, come quelle che di seguito indichiamo.
Le misure per il lavoro femminile
DALLA PARTE DEL LAVORO E DELLE DONNE
a cura di Alessandra Servidori, Docente Universitaria,Presidente Nazionale Associazione TutteperItalia
Disponibili ad articolare ovviamente compiutamente su una linea di irrobustimento della proposta governativa in merito a 8 argomenti:
A) Ispirarsi alla normativa Europea, con le misure previste, a cui adeguarsi entro il 2022 con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale UE della Direttiva 2019/1158, l’iter che porterà l’Unione Europea a rafforzare la legislazione sociale degli Stati membri e, in particolare, le misure tese a migliorare in maniera uniforme la conciliazione dei tempi di vita privata e di lavoro. Queste misure saranno applicate nei confronti di tutti i rapporti di lavoro per promuovere appieno anche le pari opportunità.
B) Procedere con il potenziamento della contrattazione di prossimità come prevede l’accordo interconfederale del del 28 giugno 2011 e il successivo del marzo 2018,rafforzando il welfare aziendale sul versante dei congedi parentali anche usufruendo dei fondi bilaterali ( vedi accordo confederale del 20 febbraio 2014... su Bilateralità e sussidiarietà ... ) riposizionare le risorse usando la bilateralità oltre la formazione e tarandola sul sostegno al reddito per le lavoratrici e lavoratori che hanno necessità di più flessibilità lavorativa. Bilateralità come welfare di sostegno ai congedi parentali e al bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro.
C) Fiscalizzazione di vantaggio per le aziende che promuovono e attuano la responsabilità sociale dell’impresa sostenendo il bilanciamento dei tempi di vita e di lavoro e riorganizzazione aziendale ispirandosi alla direttiva Ue Un'Unione dell'uguaglianza: la strategia per la parità di genere 2020-2025 - https://eurlex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52020DC0152&from=ENTutte le politiche dell'UE, compresi il prossimo QFP e il piano di risanamento, includono una prospettiva di genere.
D) Ispirarsi al provvedimento della Direttiva Ue- GU L 330 del 15.11.2014- che istituisce l’albo delle imprese con 500 addetti e più che rispettano i criteri di responsabilità sociale dell’impresa (Rsi) concreta- La direttiva prevede, per le grandi imprese, l'obbligo di pubblicare informazioni relative alle misure adottate in materia di responsabilità sociale. I grandi enti di interesse pubblico con oltre 500 dipendenti (società quotate, banche, imprese di assicurazione e altre imprese individuate come tali dagli Stati membri) sono tenuti ad inserire nelle loro relazioni di gestione informazioni pertinenti e utili sulle politiche attuate, sui principali rischi e sui risultati ottenuti in materia ambientale, sociale, dei diritti umani e di lotta alla corruzione. Sappiamo che le imprese italiane sono per il 93% piccole imprese ma sono consorziate tra di loro formando la rete che costituisce le grandi imprese. Le informazioni, vanno predisposte attraverso un processo interno di vigilanza responsabile da istituire in seno ad ogni impresa e congiuntamente ai rispettivi fornitori, subappaltatori e altri portatori di interessi, devono fornire agli azionisti e a tutte le parti in causa una visione d'insieme della posizione e dei risultati dell'impresa. La Commissione Ue ha predisposto anche linee guida non vincolanti che faciliteranno l'applicazione effettiva della direttiva da parte delle imprese interessate.
E) Riforma Madia Legge 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, Art. 14. Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche: applicare nella PA gli accordi tra amministrazioni, asili nido ed enti per strutture per l’infanzia campi estivi (che garantiscano, ad esempio, servizi aperti nei periodi in cui le scuole sono chiuse) riservati ai figli dei dipendenti pubblici e aprirne la frequentazione ai bambini del territorio ristrutturando edifici militari ( ex caserme e uffici) secondo il Fondo già finanziato dal Codice Militare a cui fa riferimento la Legge. Art 10 -All’articolo 596 del codice dell’ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, sono apportate le seguenti modifi cazioni: a) dopo il comma 1 è inserito il seguente: «1 -bis . Il fondo di cui al comma 1 è fi nanziato per l’importo di 2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016 e 2017. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione, per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, della quota nazionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. A decorrere dall’anno 2018, la dotazione del fondo di cui al comma 1 è determinata annualmente ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d) , della legge 31 dicembre 2009, n. 196»; b) al comma 3, le parole: «anche da minori che non siano fi gli di dipendenti dell’Amministrazione della difesa» sono sostituite dalle seguenti: «oltre che da minori fi gli di dipendenti dell’Amministrazione della difesa, anche da minori fi gli di dipendenti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, nonché da minori fi gli di dipendenti delle amministrazioni locali e da minori che non trovano collocazione nelle strutture pubbliche comunali,»
E bis -Implementare la norma relativa allo smart working con l’introduzione di individuazione di criteri di misurazione con specifico riferimento ai alle lavoratori in cd smart criteri per poter valutare gli incrementi in produttività o efficienza favoriti dalle modalità di lavoro in smart , criteri con i quali assicurare la misurazione delle performance per il premio di produttività, criteri per assicurare i diritti di prevenzione salute e sicurezza previsti dal TU 81/2008 e successive modifiche,con specifico riferimento alla legge n.81/2017 nella sua essenza di norma incentivo, con chiarimenti rispetto alla copertura inail o definizione degli elementi essenziali dell’accordo individuale e del diritto alla disconnessione.
F)Entro il Dicembre 2020 dobbiamo presentare come Italia il Piano per le politiche attive dei progetti del Fondo Sociale Europeo del bilancio 2021/27 : ora, come approvato dalla Sottosegretario Francesca Puglisi un tavolo operativo tra il Ministero del lavoro,delle politiche sociali, il Ministero della Famiglia e il Dipartimento per le PO della Presidenza del Consiglio, Conferenza Stato regioni e una Rappresentanza degli Stati generali e Alleanze delle donne per predisporre i progetti .
G)Linee guida per il sostegno ai caregivers per usare il Fondo istituito con la legge di Bilancio 2018 per chi si occupa dell'assistenza di anziani malati e disabili. Il fondo di 60 milioni iniziali per il triennio 2018-2020 è poi stato successivamente arricchito di 5 milioni per il triennio 2019-2021 ma mancano i decreti attuativi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per beneficiarne. In bilancio vi sono 75 milioni congelati e che rappresenta per le donne lavoratrici un sostegno indispensabile .
H Avanziamo anche una proposta per finanziare le proposte argomentandole :
Occorre da subito un grande sforzo collettivo di ripartenza dell’Italia attraverso i fondi del Recovery Fund e che saranno destinate nei prossimi anni al nostro Paese attraverso i 4 pilastri finanziari (MES, SURE, BEI e NGUE). Ma occorre che assieme alle risorse si trovino i veicoli capaci di attrarre tanto risparmio privato che attualmente sonnecchia e che potrebbe essere mobilitato per circa altrettanti 300 miliardi di euro, risorse private che si andrebbero a sommare a quelle pubbliche provenienti dall’Europa.
Per fare tutto ciò, però, il Governo non potrà distribuire soldi a pioggia. Rischiamo di morire di assistenzialismo. Le soluzioni alternative, virtuose, ci sono. Tra le altre, come ricordato dal presidente della Commissione di Vigilanza su Cassa Depositi e Prestiti, quella di istituire un Fondo sovrano, proprio presso Cassa Depositi e Prestiti, in grado di fornire la sua capacità progettuale per indirizzare le risorse del Recovery Fund e del risparmio privato verso progetti concreti, con l’obiettivo di far ripartire il nostro sistema produttivo e infrastrutturale, e poi per usare il risparmio delle famiglie per acquisizioni estere, sul modello del fondo sovrano norvegese. Un fondo sovrano che con l’aiuto delle società di gestione faccia confluire, attraverso le agevolazioni fiscali, parte del risparmio delle famiglie, dei fondi pensione, delle casse di previdenza, gli immobili pubblici, il patrimonio architettonico, artistico e culturale, le partecipazioni azionarie. Mettendo a frutto tutte le nostre risorse più preziose per finanziare e mantenere in vita le nostre imprese possiamo far ripartire la nostra economia. Inoltre, occorre utilizzare altri strumenti per incanalare l’utilizzo dei risparmi privati a fini produttivi e di crescita o di finanziamento delle PMI (PIR), o per costruire il terzo pilastro della previdenza privata (CIR). Questi i grandi obiettivi che abbiamo di fronte.
Noi ci siamo come segnale di responsabilità ed impegno. Basta con le ideologie, basta con i ricatti. Adesso è il tempo dei progetti, della sinergie, della scrittura dei Recovery Plan entro la fine di settembre.
L’ ecosistema imprenditoriale femminile - Il Women in Business Act
Isa Maggi, dottore commercialista, revisore dei conti
Premessa
Mentre le recessioni tendono a colpire in modo più acuto i settori dominati dagli uomini (ad esempio la manifattura e l’ edilizia), la crisi COVID-19 e le risposte politiche associate (ad es. il contenimento a casa, l’ allontanamento sociale) hanno avuto un impatto significativo su settori dominati dalle donne, come ad esempio l’ospitalità, il turismo e la vendita al dettaglio.
La crisi Covid-19 ha inoltre ridotto l'accesso all'assistenza all'infanzia, compromettendo la disponibilità di tempo e la continuità dell’attività di molte donne imprenditrici.
Le piccole imprese femminili sono, in media, più piccole in termini di entrate e occupazione. Le donne imprenditrici fanno affidamento sul finanziamento informale rispetto al finanziamento bancario rispetto agli uomini. In quanto tali, le donne imprenditrici sono a rischio di "caduta"per quanto riguarda l'ammissibilità e l'accesso ai programmi di aiuto COVID-19, dato che le misure delle piccole imprese del Governo fanno affidamento sulle relazioni preesistenti con istituti di credito commerciali e non includono disposizioni per micro o piccole imprese..
Ad oggi, la maggior parte delle risposte della politica sulle piccole imprese COVID-19 non sono state sensibili al genere. Gli strumenti finora utilizzati sono state misure indifferenziate che seguono un approccio a “taglia unica” e il supporto potrebbe non essere uguale per tutte le piccole imprese.
Le imprese femminili non ne hanno tratto beneficio e infatti il Rapporto Unioncamere di luglio 2020 ha evidenziato un crollo dei numeri delle imprese femminili. Una recente analisi dell'OCSE sull'imprenditoria femminile ha però sottolineato i benefici attesi di utilizzare il potenziale non sfruttato delle donne imprenditrici, compresa la promozione della crescita economica (fino al 2% del PIL globale secondo le stime) e aumentare la partecipazione della forza lavoro (contribuendo a raggiungere l'impegno dei leader del G20 a ridurre il divario di genere nella partecipazione della forza lavoro del 25% entro il 2025).
Abbiamo rilevato che :
1. L'attenzione rivolta alle PMI con dipendenti da parte delle misure anti covid ha escluso di fatto molte donne imprenditrici che sono ditte individuali o lavoratrici autonomi senza dipendenti ma spesso con subappaltatori e affidamento dei lavori a contoterzisti;
2. L'attenzione ai prestiti continua ad essere una costante sfida, dato l'atteggiamento delle donne imprenditrici e l’esperienza dell’accesso al credito;
3. L'attenzione all'innovazione tecnologica esclude la maggioranza delle imprese guidate da donne;
4. Le donne hanno bisogno di diverse forme di supporto e consulenza in termini di servizi reali e di accompagnamento, programmi di tutoraggio, mentoring e coaching, anche attraverso il supporto dei CIF, Comitati Imprenditoria femminile presenti in ogni Camera di Commercio.
Le donne imprenditrici hanno generalmente meno contatti professionali,compresi consigli di consulenti professionali e advisor.
Le donne hanno meno probabilità di utilizzare soluzioni digitali commerciali, che incidono sulla loro capacità di transizione nel commercio online.
Le donne devono saper affrontare ostacoli diversi e maggiori alla creazione di imprese rispetto agli uomini.
La crisi COVID-19 ha sconvolto le condizioni economiche per tutti gli imprenditori ma la maggior parte delle risposte politiche non hanno utilizzato strumenti specifici per sostenere le imprese femminili, sebbene l'evidenza suggerisca che le donne siano state maggiormente colpite dalla pandemia
E’ emersa quindi dalla crisi la necessità di aumentare l '"alfabetizzazione di genere" nell’ecosistema imprenditoriale e bancario, per evitare di sottovalutare gli squilibri di genere nell'imprenditorialità.
Rilevante è allora la connessione tra l'ecosistema imprenditoriale e le politiche che sostengono le disuguaglianze socioeconomiche.
E allora cosa fare? Il Women in Business Act per rafforzare il sostegno pubblico alla nascita e allo sviluppo di nuove imprese femminili e rafforzare quelle esistenti.
A- Innanzitutto l'istituzione di un Comitato di alto livello per l'imprenditoria femminile con esperte,
consulenti politici/che per consigliare il governo sui programmi di recupero di COVID-19, per rispondere a queste domande:
1. Cosa sappiamo del modo in cui l'attuale crisi sta colpendo le donne imprenditrici?
2. In che modo i Governi possono raccogliere dati sugli effetti di genere della crisi sul sistema delle imprese?
3. Quali misure sono state prese per affrontare le sfide specifiche affrontate dalle donne imprenditrici? Cosa può fare il Governo per garantire che le donne imprenditrici possano beneficiare di pacchetti di assistenza specifici?
4. Quali sarebbero le caratteristiche di una politica di imprenditorialità sensibile al genere in risposta alla crisi COVID-19?
5. Cosa può fare il Governo per mantenere l’attività per le donne imprenditrici ed evitare battute d'arresto nella partecipazione e nel successo delle donne nell'imprenditoria?
B- Occorre immaginare la realizzazione di un “modello imprenditoriale mediterraneo” per migliorare l'ecosistema dell'imprenditoria femminile attraverso quattro obiettivi interconnessi da realizzare nel periodo 2020- 2025 :
- aumentare il numero di imprese a conduzione femminile che crescono a livello internazionale,
- aumentare il numero di donne in posizioni di comando in società italiane,
- aumento del numero di donne imprenditrici
- aumentare il numero di start up guidate da donne.
Occorre strutturare 10 azioni per ciascun obiettivo e stabilire obiettivi quantitativi da raggiungere entro il 2025:
- Aumento del 100% del numero di società commerciali a guida internazionale;
- Aumento del 100% della partecipazione e del tasso di donne nei programmi di sviluppo gestionale;
- Aumento del 50% nelle donne partecipanti a programmi di start up;
- Aumento del 50% del sostegno alle imprese locali per le donne nell’ambito delle attività commercialo.
Con alcuni adattamenti, i programmi attuali devono comprendere gli investimenti nelle imprese femminili per mettere a punto una strategia di imprenditorialità e di innovazione in tutto l'ecosistema femminile anche attraverso l’incontro tra le imprese femminili e il sistema degli incubatori, acceleratori, università, innovation hub attraverso un contributo a fondo perduto per l’acquisizione dei servizi prestati da tali soggetti e per il rafforzamento patrimoniale .
E’ necessario garantire che l'analisi di genere sia applicata non solo ai dati raccolti su COVID 19, i programmi in fase di sviluppo, la loro diffusione e il loro impatto, ma occorre analizzare come i finanziamenti e i bonus previsti dai vari DPCM sono stati assegnati.
E’ necessario attivare percorsi di formazione e strumenti per la trasparenza per le agenzie di finanziamento. Sviluppare dati disaggregati per genere per il monitoraggio degli impatti e delle imprese di COVID-19 e sostenere la partecipazione e l'impatto del programma è una risorsa vitale per garantire politiche aziendali sensibili al genere.
Le future politiche economiche devono essere sensibili al genere.
1) In quali settori operare? Le donne imprenditrici hanno più probabilità degli uomini di impegnarsi in settori colpiti duramente dal calo della domanda dei clienti (ad es. vendita al dettaglio, ospitalità, turismo).
2) Occorre focalizzare il sostegno sulla sostenibilità e la crescita per le donne già imprenditrici e orientare le nuove aspiranti imprenditrici spingere le donne attraverso percorsi di orientamento alla scelta imprenditoriale che facciano emergere le donne effettivamente dotate di spirito imprenditoriale, da sostenere, accompagnare e formare con attività formative specifiche.
Occorre selezionare i talenti imprenditoriali che hanno un progetto di fattibilità da parte di un team di esperte/ imprenditrici di successo;
b) accompagnamento/formazione di un mese dei talenti così selezionati;
c) un mese di stage in azienda-incubatore dello stesso settore di quello nel quale opererà;
d) erogazione di un #microcredito, se necessario.
3) Aumentare l'accesso al capitale per le donne imprenditrici, incluso un aiuto mirato su progetti di ripresa e con fondi specifici per settore ( una riproposizione del modello della legge 215, prima della sua regionalizzazione) oltre ad una formazione mirata di sostegno all'alfabetizzazione finanziaria.
4) Investire nel rafforzamento degli ecosistemi dell'imprenditorialità, compresa l'assistenza alle donne e alle organizzazioni di sostegno alle piccole imprese e gli incentivi per le piccole imprese tradizionali per coinvolgere e supportare in modo proattivo diverse donne beneficiarie, ad es. attraverso quote per le imprese di proprietà femminile.
5) Aumentare l'accesso delle donne imprenditrici ai contratti di appalto pubblico attraverso quote (ad es. come percentuale del finanziamento aggiudicato).
6) Supporto per la trasformazione digitale delle piccole imprese in commercio online.
7) Attivare investimenti in infrastrutture sociali e di sostegno alle piccole imprese, compresa l'integrazione di politiche e programmi incentrati sulla genitorialità.
8 ) Attivare programmi di networking in generale per tutti gli imprenditori, ma ancora di più per le imprese delle donne, per accedere alla consulenza aziendale, alla formazione e alla consulenza finanziaria, anche attraverso Protocolli dedicati per aiutare le donne imprenditrici a interagire con le piattaforme virtuali.
9) Attivazione di misure per aumentare il numero di donne d'affari, Business Angels e decision-maker in fondi di venture capital, al comando di organizzazioni di capitali di rischio per aumentare l'accesso al capitale di rischio da parte delle donne imprenditrici e per supportare le imprenditrici che sono davvero orientate alla crescita.
10) Creazione di un kit per progettare politiche imprenditoriali efficaci per le donne, per il trasferimento di buone pratiche, per un orientamento alle scelte sulle politiche imprenditoriali delle donne e un database di casi studio sulle migliori pratiche.
11) Favorire lo start-up di imprese femminile ad alto potenziale di ricerca nell’ambito ambientale, dell’economia circolare e più in generale della sostenibilità.
12) Monitoraggio dei programmi di supporto e garanzia del sostegno alle imprese guidate e fondate da donne
13) Aumentare la promozione di modelli di ruolo femminili.
Territorio, regioni
Amelia Laura Crucitti, Comitato Scientifico degli Stati generali delle Donne
L’attuazione delle misure proposte prevede un ruolo attivo da parte delle Regioni e dei territori, chiamati a supportare le politiche orientate a uno sviluppo sistemico dell’economia.
Appare evidente che ciascuna azione deve essere declinata in ottica di genere, ovvero la strategia regionale e locale non può prescindere dalla centralità del lavoro femminile e dalla necessità di superare quegli ostacoli, tuttora esistenti, che impediscono la piena partecipazione delle donne al mercato del lavoro e, soprattutto, ne limitano il contributo al sistema economico.
Le parole chiave della fase in progress a livello regionale devono essere innovazione finanziaria per migliorare l’accesso al credito, campagne di sensibilizzazione dei cittadini per rafforzare la collaborazione alla mission pubblica, miglioramento del livello di formazione e istruzione per la costruzione di skills multidisciplinari, gestionali e intersettoriali, promozione della cultura imprenditoriale, digitalizzazione dei processi per la sostenibilità delle azioni: smart-technologies; markers di qualità; mild-technology; consumer’s behaviour.
L’intervento regionale deve costituire la sintesi delle dinamiche sociali, economiche e culturali di ciascun territorio e caratterizzarsi secondo la vocazione e lo stato attuale dei servizi erogati.
La community sociale territoriale è il core delle azioni di “empowerment di genere” da realizzare!
Nuove competenze per categorie professionali innovative, che siano espressione dell’open innovation e della bioeconomia circolare, allo scopo di dare impulso all’occupazione femminile ed eliminare quelle aree di marginalità, che connotano in maggiore o minor misura i territori, anche quale strumento di prevenzione per combattere attivamente la violenza di genere.
Le Regioni per il lavoro e la rigenerazione del lavoro per le Regioni.
Attività produttive, internazionalizzazione delle imprese, tutela della ambiente, trasporto pubblico locale, tutela del territorio, politiche sociali, programmazione di investimenti per lo sviluppo sostenibile dei territori in sinergia con le autonomie locali costituiscono gli assets strategici sui quali incidere con attività condivise tra Stato, Regioni, Autonomie locali, per raggiungere l’obiettivo di un’economia più equa e più prospera.
L’uguaglianza di opportunità deve connotare l’agenda economica dei prossimi mesi, con un impegno comune tra i livelli di governo per una ripresa strutturata su un approccio multiprospettico, nonché su azioni complementari e sinergiche, che siano dirette a superare qualsivoglia disparità con il ricorso a correttivi comuni.
L’uguaglianza di opportunità è sottesa alla proposta degli Stati generali delle donne. Il sostegno all’occupazione femminile non deve limitarsi soltanto al ripensamento dei ruoli di genere all’interno della famiglia, ovvero non deve cristallizzarsi soltanto nelle modifiche alle previsioni attuali sui congedi parentali e di paternità e sulla condivisione del lavoro di cura non retribuito, bensì, muovendo dall’adozione e dal miglioramento delle misure già sancite sui predetti temi, deve concretizzarsi in azioni mirate a eliminare le criticità attuali nell’accesso al lavoro.
L’uguaglianza di opportunità dovrà essere il focus della strategia a livello centrale e territoriale per superare asimmetrie e inadeguatezze del sistema economico e attribuire il giusto peso e significato alla questione del lavoro, libero e dignitoso per tutte!
Appare non più procrastinabile la misurazione degli effetti che ciascuna azione proposta esplicherà a livello regionale e locale. Ordunque, si rende necessario introdurre degli indicatori attendibili, validi e fattibili sul piano operativo, capaci di misurare dei dati in forma disaggregata per cogliere il reale impatto di ciascun intervento sul territorio e sostenere il processo decisionale nelle scelte da effettuare e nell’adozione di eventuali provvedimenti correttivi.
Valutazione d’impatto
Laura Moschini, Comitato Scientifico degli Stati generali delle Donne, GIO
Se i dati Istat relativi al biennio 2017-18 riportano un quadro di moderata crescita generale dell’occupazione, ma non del PIL, crescita dovuta all’aumento del sottoutilizzo del lavoro e massimo storico di incidenza del lavoro a termine, il quadro dell’occupazione femminile è addirittura peggiore con la conferma di tutte le criticità strutturali: elevata incidenza del lavoro NON stabile, part time e diminuzione di ore lavorate, prevalenza in settori a bassa remuneratività, discontinuità occupazionale dovuta a carichi di cura rispetto a maternità e ad assistenza a genitori anziani e a volte nonni (sandwich generation). Permangono i gap salariali e l’attività imprenditoriale è spesso un ripiego e l’abbandono del lavoro per maternità è del 12%.
Si tratta di criticità strutturali che hanno radici lontane nel tempo e che hanno generato una crisi socio economica che il Covid ha solo amplificato e il cui impatto si rivela oggi in tutta la sua gravità.
Per superare una crisi strutturale, occorrono interventi strutturali in ambiti strategici. La soluzione della questione femminile nella sua complessità, essendo una questione strategica richiede interventi strutturali dato che i benefici andrebbero a vantaggio dell’intera società e non solo delle donne.
A tale proposito, notiamo che la Relazione BES di febbraio 2020 ha già riportato i progressi assicurati dalla Legge di Bilancio 2020 sul terreno dell’inclusione, del sostegno alla famiglia, della parità di genere, dell’innovazione e della sostenibilità ambientale. Ambiti considerati strategici.
La grande sfida per i prossimi anni, afferma il ministro Gualtieri, nella premessa all’Allegato al documento di Economia e finanza 2020, pubblicato a giugno, « è di recuperare al più presto la caduta del prodotto e dell’occupazione sperimentata nei mesi più difficili, rafforzando al contempo i significativi miglioramenti registrati nel 2019 sul terreno dell’inclusione e dell’equità. La sfida è, inoltre, di utilizzare le conoscenze scientifiche e digitali che abbiamo visto all’opera durante la crisi e che sono la vera forza di una società moderna. La sfida è, infine, di conseguire la sostenibilità ambientale di cui abbiamo intravveduto la possibilità in quelle giornate in cui tutto si è fermato e l’aria si è fatta più pulita. Sono sfide a cui non ci sottrarremo». Inoltre il piano Colao assegna grande rilievo alla soluzione della questione femminile nei tre assi del contrasto agli stereotipi, dell’occupazione femminile e dell’attuazione di politiche economiche e sociali in ottica di genere. Purtroppo, pur essendo ritenuti ambiti strategici per un progresso della condizione femminile e di conseguenza economico e sociale generale, il piano non riesce ad attuare il gender mainstreaming e a considerare la questione femminile come una questione veramente di interesse generale.
La grande sfida di cui parla in ministro Gualtieri, che coincide con le sfide europee che considerano la realizzazione del gender mainstreaming compresa nel Green New Deal, può trarre un grande vantaggio dalle proposte strutturali in ambiti strategici per la soluzione della questione femminile a partire dal punto di vista delle donne e dalle loro priorità presentate dal presente documento e che rientrano pienamente negli obiettivi della UE per l’accesso al Recovery Fund e agli altri programmi di sostegno economico agli Stati colpiti dalla pandemia.
Si tratta di ambiti strategici perché, come è noto, risolvere la questione femminile, vuol dire produrre benessere economico oltre che sociale per tutta la popolazione senza esclusioni e rendere il sistema più equo, giusto ed inclusivo rispetto a tutte le differenze, valorizzandole. Inoltre, l’inserimento del punto di vista delle donne in tutti gli ambiti e a tutti i livelli (Gender Mainstreaming) consente alle priorità femminili l’accesso alle politiche di interesse generale e non più residuali come fino ad ora accaduto essendo considerate relative solo al “privato”. L’enorme percentuale di PIL che le donne potrebbero reclamare relativamente alla mole di lavoro di cura svolto a titolo gratuito nelle famiglie (unpaid caring work), è solo uno degli esempi più significativi. Gli interventi in ambito strategico per essere efficaci richiedono però interventi strutturali, continuativi e non temporanei.
L’Indice Europeo sull’Eguaglianza di Genere (EIGE), è concorde con l’ISTAT sul fatto che se l’Italia si colloca nel 2019 solo al 14 posto tra i Paesi europei è dovuto all’alta percentuale di donne che lavorano a tempo parziale e in modo discontinuo (33%donne contro 9%uomini) e «La concentrazione disomogenea di donne e uomini nei diversi settori del mercato del lavoro rimane un problema» (circa il 26% delle donne lavora nell’istruzione, nella sanità e nel lavoro sociale, rispetto al 7% degli uomini. Solo il 6% delle donne lavora nelle professioni scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche (STEM), rispetto al 31% degli uomini). Differenze che si ripercuotono anche sull'economia: L’Eige rileva come in Italia sia cresciuta la disuguaglianza nella distribuzione del reddito, le donne continuano a guadagnare il 18% in meno rispetto agli uomini e, nelle coppie con bambine/i, le donne guadagnano il 30% in meno rispetto agli uomini.
Ogni sistema di indicatori inoltre, rileva come una delle principali criticità la temporaneità delle iniziative, la scarsità di risorse attribuite e la mancanza di una formazione adeguata a livello apicale e decisionale.
Come emerge dalle singole schede del presente documento, i risultati attesi sono possibili solo se le azioni sono realizzate a livello strutturale e continuativo nel tempo, con l’assegnazione di fondi adeguati e messi a punto da personale apicale e direttivo adeguatamente formato. Tutti fattori di cui l’Italia risulta carente in ogni sistema di indicatori essendo, inoltre, oggetto di continui richiami da parte della UE e, da ultimo, anche dal GREVIO sull’attuazione della Convenzione di Istanbul.
Per quanto riguarda la valutazione di impatto, dunque, tutte le analisi previsionali confermano che l’attuazione delle politiche per la soluzione della questione femminile inserita nel contesto generale di progresso sociale ed economico sostenibile può dare esiti decisamente positivi, come confermato dai Paesi Europei dove tali politiche sono già attuate con successo. È infatti ampiamente dimostrato che attuare il bilancio di genere, o politiche di condivisione familiare e sociale dei compiti di cura, utilizzare valorizzandole le doti di creatività e innovatività femminili nonché le conoscenze acquisite nei corsi di studio producono condizioni di benessere diffuso e di crescita economica, oltre che di resilienza. Il punto di vista delle donne, inoltre può dare un “senso” diverso e più vicino al benessere della persona umana nello studio, nella produzione e nell’uso delle tecnologie e degli algoritmi. L’abbattimento delle barriere tra le discipline, infine, e una ritrovata collaborazione tra saperi scientifico-tecnologici e umanistici, può favorire nuove professionalità legate alla salvaguardia e alla valorizzazione dei patrimoni di cui l’umanità dispone.
L’importante è credere in quello che si fa per poter investire: se si considera la questione femminile un ambito strategico si decide anche di impiegare risorse adeguate e per un tempo idoneo. E l’impatto positivo è assicurato.