Paradossoitaliano:meno donne occupate e più donne negli incidenti sul lavoro
INCIDENTI SUL LAVORO- PUBBLICATO il 4 settembre su Il Diario del lavoro
Il paradosso italiano: meno donne occupate ma più morte sul lavoro
A Lucca in questi giorni due operai hanno perso la vita sul lavoro e poche ore prima un altro giovane ha avuto la stessa sorte. La notizia è molto significativa anche perché supportata dai dati INAIL di questi giorni in cui gli infortuni sul lavoro stanno aumentando, comparati ai dati del 2016 proprio un mese dopo che l’istituto aveva significativamente, presentando il suo Rapporto sull’attività annuale, illustrato le sue linee guida per contrastare sia gli incidenti sul lavoro che le malattie professionali registrati nell’anno 2016. Infatti nel 2016 le denunce d’infortunio,hanno avuto un incremento dello 0,7% rispetto al 2015 (4.201 casi in più).
La quota più consistente delle denunce 500.621 casi, (78,1% del totale) si registrava nella gestione Industria e servizi, presentando un incremento dell’1,4% rispetto l’anno precedente e ancora oggi si registrano nei settori dei servizi.
E’ interessante analizzare oggi,nella sezione “Open data” di Inail i dati analitici, delle denunce di infortuni e malattie professionali rilevati a luglio 2017; sono pubblicate anche le tabelle del “modello di lettura” con i confronti “di mese” (luglio 2016 vs luglio 2017) e “di periodo” (gennaio-luglio 2016 vs gennaio-luglio 2017). Per esempio, nel confronto “di mese”nel luglio 2017 si sono avute 46.390 denunce, con un aumento del 3,6% rispetto a luglio 2016. L’incremento è stato rilevante per i settori di attività economica: attività professionali, scientifiche e tecniche (+11,5%), fornitura di acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento (+6,7%) e Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese (+5,8%).
L’analisi per classi di età evidenzia che l’aumento si concentra nelle classi iniziali fino ai 29 anni (+8%) e nelle classi dai 45 ai 69 anni (+6%). Le denunce di infortunio mortale sono aumentate di 3 unità (69 contro le 66 di luglio 2016) e per gli infortuni, confronto “di periodo” nel periodo gennaio-luglio 2017 si sono avute 380.236 denunce, con un aumento del 1,3% rispetto al periodo gennaio-luglio 2016.
L’analisi per classi di età evidenzia che l’aumento si concentra nelle classi iniziali dai 15 ai 29 anni (+3,6%) e nelle classi dai 45 ai 69 anni (+3,8%). Le denunce di infortunio mortale sono state 591, erano 562 nel 2016. La distribuzione per settore produttivo evidenzia aumenti di particolare rilievo per il complesso delle attività manifatturiere (55 contro i 46 del periodo gennaio-luglio 2016), nelle costruzioni (60 a fronte dei 50 dell’anno precedente), nelle attività dei servizi di alloggio e di ristorazione (17 attuali rispetto agli 8 registrati fino a luglio 2016) e nella sanità e assistenza sociale (12 contro 3) e l’analisi per classi di età evidenzia che l’aumento delle denunce è relativo alle classi tra i 25 e i 49 anni (complessivamente, per le classi in questione, si hanno 266 denunce contro le 211 del periodo gennaio-luglio 2016).
Un’ attenta analisi di genere anche di questo ultimo periodo, consolida un dato grave e cioè che più di un infortunio su tre ha interessato la componente femminile dei lavoratori (un incremento dell’1,4%). Rispetto al numero complessivo delle denunce, la quota degli infortuni in itinere, avvenuti cioè nel tragitto casa-lavoro-casa, per le donne si conferma decisamente più elevata rispetto agli uomini, sia in valore assoluto che in percentuale . L’incidenza del “rischio strada” sulle lavoratrici è ancora più marcata se si prendono in considerazione le denunce dei casi mortali: per le donne, più di un decesso su due (52,7%) è avvenuto in itinere, mentre tra gli uomini lo stesso rapporto è di circa uno su cinque .
Questo divario di genere si mantiene anche sommando le denunce dei casi mortali avvenuti in itinere e quelli in occasione di lavoro, entrambi con coinvolgimento di un mezzo di trasporto: tra le donne, infatti, quasi due decessi su tre (63,6%) sono legati al “rischio strada” rispetto al 38,8% degli uomini. Questo probabilmente perché le donne sono occupate per oltre il 50% nel ramo dei servizi, in attività solitamente meno pericolose di quelle industriali, ma comunque soggette al rischio che si corre negli spostamenti tra l’abitazione e il luogo di lavoro, anche molto frequenti e ripetuti in attività come quelle del personale domestico e di assistenza sociale domiciliare, in cui prevale nettamente la quota femminile. Segnaliamo che anche i dati sull’occupazione Istat agosto 2017 continuano a dimostrare che l’occupazione femminile non cresce :infatti tra giugno e luglio 2017 l'occupazione è cresciuta di 59 mila unità: un aumento che però non ha incluso donne e giovani. La disoccupazione femminile in particolare è relativa alle donne dai 34 anni in su, che raggiunge il 13,2% (+3,2%). Andamento inverso invece per la disoccupazione maschile che scende all’11,1% (- 2,2%). Un dato preoccupante, quello femminile, cui se ne aggiunge un altro relativo alla fascia di età: il tasso di disoccupazione giovanile, quella compresa tra i 15 e i 34 anni, torna al 40%.
L’incidenza dei giovani disoccupati tra 15 e 24 anni – scrive l’Istat – sul totale dei giovani della stessa classe di età è pari al 10,9% (cioè poco più di un giovane su 10 è disoccupato. Noi aggiungiamo che ci sono tra i giovani le giovani donne. Il Governo deve assumersi la responsabilità di intervenire subito anche attraverso la legge di bilancio. Condivido le sollecitazioni del Presidente della Commissione lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, secondo il quale gli interventi devono riguardare i sostegni all’apprendimento: alternanza, apprendistato, assegno di ricollocazione, credito d’imposta per spese in formazione, ampliamento delle risorse e della capacità operativa dei fondi interprofessionali. Così come tutti, soprattutto le donne lavoratrici, dovrebbero beneficiare di versamenti figurativi quando la loro attività si rivolge a beni pubblici come l’apprendimento stesso, la cura dei familiari, la procreazione realizzando in tal modo anche i presupposti per l’anzianità contributiva. E ancora tutti dovrebbero avere ridotto il costo indiretto del lavoro, non per generosa e contingente concessione ma per strutturale riequilibrio tra contribuzioni e prestazioni spesso sproporzionate: sicurezza, ammortizzatori, malattia, previdenza da gestione separata Inps.
Alessandra Servidori