Complicare per semplificare: l'esempio della regione ER
Che il tirocinio formativo costituisca una grande opportunità per i giovani di ingresso nel mercato del lavoro è chiaro a tutti oramai da più di 20 anni. Tuttavia, negli ultimi anni – così come avviene per il resto della legislazione del lavoro da ben più tempo – stiamo assistendo ad una complicazione e stratificazione di norme che rendono veramente difficile e scoraggiante per le imprese assumere nuovo personale. Questa “complicazione affari semplici” viene spesso giustificata dalla motivazione di evitare fenomeni distorsivi, sommersi, che creino danno ai lavoratori, come se i datori di lavoro fossero squali pronti ad attaccarli di soppiatto in ogni momento. Lo ha detto bene anche il nostro Ministro del lavoro Poletti pochi giorni fa, parlando al Meeting di Rimini: occorre smettere di pensare che le imprese non si meritino la fiducia di governo e lavoratori, perché fare l’imprenditore è difficile, rischioso e non così remunerativo come si pensa.
Così, il tirocinio formativo – che nell’assetto normativo della L.196/97 (cosiddetto Pacchetto Treu) funzionava benissimo e permetteva – in una regione come l’Emilia Romagna – a circa il 60% dei tirocinanti di diventare poi lavoratori dipendenti, è stato oggetto di numerosi interventi, che hanno riportato alle Regioni il compito di normare questa materia in quanto afferente alla sfera della formazione professionale.
Dal 2011 ad oggi è iniziato un calvario di modifiche, abrogazioni, tentativi di correzione che alla fine stanno portando anche il tirocinio formativo –così come già avviene da tempo per l’apprendistato – ad una perdita di interesse da parte dei soggetti ospitanti.
La regione Emilia Romagna – che è intervenuta nel giugno 2013 a normare questo istituto alla luce delle Linee Guida definite in sede di Accordo Stato Regioni del 24 gennaio 2013 – ha inserito una serie di vincoli che rendono sicuramente più complicato attivare un tirocinio formativo.
Da ultimo, nel dare attuazione al punto 11 delle Linee guida e al comma 5 dell’art.26 della L.R ER n.17/2005 (vedi Delibera di GR 30.6.2014 n. 960 come modificata e integrata dalla Delibera di GR n. 1172 del 21/07/2014) ha previsto che la certificazione delle competenze acquisite dal tirocinante può essere affidata – a scelta del tirocinante – solo ad un ente di formazione accreditato in regione, alle autonomie scolastiche e alle università che si siano candidate ad essere uno dei soggetti attuatori del Sistema Regionale di formalizzazione e certificazione delle competenze (SRFC).
Anche in questo caso l’intento è ottimo: consentire al giovane di terminare il tirocinio con la garanzia e la certificazione che quanto contenuto nel progetto formativo si sia realizzato
Peccato però che questo adempimento - oltre a richiedere un ulteriore passaggio burocratico al soggetto ospitante (che nei fatti si dovrà adoperare per cercare un ente certificare prima di avviare il tirocinio formativo, salvo nei casi in cui il soggetto promotore sia anche soggetto accreditato ai fini del SRFC) - avrà un costo non indifferente (la regione ha previsto un costo massimo di 213 euro), costo ora finanziato sulle risorse del Piano Garanzia Giovani. E quando non ci sarà più il finanziamento del progetto Garanzia Giovani, chi pagherà per questa certificazione?
Non era forse preferibile affidarsi ad una certificazione delle competenze acquisite da parte del soggetto ospitante, in collaborazione con il soggetto promotore a costo zero e utilizzare le risorse economiche ora stanziate per il SRFC per dare incentivi ai soggetti promotori che trasformino i tirocini in rapporti di lavoro?
Dimenticavo: in caso in mancata certificazione delle competenze viene fatto divieto “al soggetto promotore e al soggetto ospitante di attivare ulteriori tirocini per 12 mesi”. Quindi, attenzione bene: la Delibera di Giunta regionale prevede che sia il tirocinante a doversi attivare per individuare il soggetto che erogherà il servizio di SRFC, ma se non lo fa la sanzione ricade sul soggetto ospitante. Una dimostrazione di chiara fiducia nel sistema imprenditoriale italiano! È difficile pensare ad un futuro migliore se si continua su questa strada…
Barbara Maiani
1 settembre 2014