Nuova Professionalità la diversità e il genereITS settembre/ottobre
*Alessandra Servidori Pubblicato oggi 27/ottobre/2021 Rubrica ITS e divari di genere e non solo
Nuova Professionalità .Parliamo di ITS –Istituto Tecnico Superiore, e dunque percorsi post diploma a cui si possono iscrivere tutti i diplomati, da non confondersi con gli Itis –Istituto tecnico industriale Statale (scuole superiori)
Il PNRR ha previsto uno stanziamento di 1.500 milioni di euro a fondo perduto dal 2022 al 2026, per aumentare il numero degli iscritti e per potenziarne le strutture degli ITS nati esattamente solo 11 anni fa e ancora sconosciuti ai più. Esse sono “scuole di alta tecnologia” strettamente legate al sistema produttivo, legame favorito dalla modalità organizzativa, la Fondazione di partecipazione, alla quale partecipano diverse realtà, da quelle private come le aziende agli attori pubblici composti da università e centri di ricerca, enti locali e il sistema scolastico in ottica di PPP (public private partnership),percorsi che portano i diplomati all’acquisizione di una qualifica europea di specifico livello(EQF5) . Vero è che a undici anni dalla loro costituzione gli ITS continuano a far fronte alla domanda da parte del mercato del lavoro di nuove professionalità e nuove competenze (hard e soft). Il modello formativo è distinto rispetto ad altri sistemi e poggia su alcuni elementi caratterizzanti i percorsi e il lavoro delle Fondazioni ITS: la rete di governance, alcuni aspetti di flessibilità nella organizzazione della didattica e la capacità di innovazione rispetto all’uso delle tecnologie 4.0 .Intorno alla possibile riforma di queste strutture si è aperto un dibattito che affonda le sue radici sulla necessità di irrobustire questo ambito di alta formazione per affrontare i grandi cambiamenti tecnologici e la domanda sempre più incalzante di nuove competenze difficili da trovare , dalle risorse a disposizione a livello Ue legate ai fondi per la ricostruzione ,da proposte di legge che si discutono in parlamento, fermo restando che la mia opinione è sempre ancorata ad una certezza: la discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge per la ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di Istruzione e formazione tecnica superiore, prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza,nato da un testo che assembla sei distinte proposte parlamentari presentate, che hanno trovato rilancio e in una proposta unificata a seguito del fatto che il PNRR ha previsto esplicitamente la riforma del sistema ITS che ,secondo i firmatari, è un testo che eleva al rango di norma primaria la disciplina riguardante il sistema di Istruzione Tecnica Superiore italiano, frammentata in numerosi decreti che si sono stratificati disordinatamente negli ultimi 13 anni. Ma la fretta non è mai buona consigliera. E sarebbe ragionevole partire dall’esperienza positiva facendola crescere .
E’ mia convinzione che il sistema tecnico ha bisogno di una forte capacità di governo e gestione, un governo ed una gestione che sia in grado di valorizzare le eccellenze, eliminare gli enormi squilibri esistenti, avviare finalmente un processo di reclutamento serio, ecc. ecc. E il problema soprattutto non sta negli ordinamenti perché se così fosse dato che essi sono uguali per tutti , il sistema del Nord Italia dovrebbe ottenere risultati negativi o comunque non di eccellenza. Invece gli alunni veneti e trentini ottengono risultati alla pari delle migliori scuole europee. La realtà è che abbiamo (quantomeno) due sistemi scolastici: c’è un sistema che con questi ordinamenti, con questi programmi, con questi insegnanti, funziona molto bene, a livelli di eccellenza mondiale;ed una sistema che con gli stessi ordinamenti, con gli stessi programmi ed insegnanti formati allo stesso modo (anzi per certi versi ancora più selezionati) funziona molto male. Non dobbiamo costruire riforme palingenetiche del sistema, con il rischio di distogliere l’attenzione da una governance quotidiana da affrontare oggi, questa sì, veramente problematica.Il problema è nell’applicazione e nella gestione di questi ordinamenti e di questi programmi a livello centrale ed a livello territoriale. In una parola, il problema risiede nella mancanza di una governance a livello nazionale e territoriale. Il tessuto produttivo del paese necessita di energie e conoscenze che la nostra generazione e le future devono continuare a dare per mantenere il Paese al centro della scena globale. Se gli ITIS sono già di per sé un ottimo percorso e possono essere ampliati da un percorso ITS, questi ultimi sono un’ottima scelta anche per chi ha affrontato un percorso liceale e vuole sviluppare delle competenze spendibili nel mondo del lavoro senza intraprendere il più lungo percorso universitario, che comunque il diploma di ITS non impedisce.Secondo il monitoraggio Indire sul 2020 gli iscritti ai 201 percorsi ITS sono in prevalenza maschi (il 72,6%) tra i 20 e 24 anni (il 42,4%) e 18-19 anni (il 38,0%), in possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado ad indirizzo tecnico (il 59%).Femmine 1.396 27,4 Maschi 3.701 72,6 Totale 5.097 100,0. E qui ovviamente sottolineiamo la netta prevalenza maschile e c’è da dire che In Italia solo il 18.9% delle laureate ha scelto discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e, nonostante le ragazze si laureino in corso e in media con voti più alti dei compagni, una volta entrate nel mondo del lavoro non ottengono gli stessi risultati, in termini di occupazione e di retribuzione. Le discipline STEM sviluppano competenze molto richieste dal mercato del lavoro: si stima che nei prossimi 10 anni le occupazioni in questo campo cresceranno due volte più velocemente rispetto alle altre occupazioni e garantiranno maggiori possibilità di carriera e di guadagno. Eppure è un settore caratterizzato da un forte gender gap.La ministra Bonetti (pari Opportunità) nel Prnn ha sottolineato e previsto non tanto la risoluzione di un problema normativo quanto culturale. Siamo nell'ambito delle politiche attive di induzione dei processi. Secondo un'indagine del programma per la valutazione internazionale dello studente dell'Ocse, nel nostro Paese c'è un forte divario di genere nelle competenze matematiche tra i bambini e i ragazzi di 16 punti a fronte di una media Ocse di 5 punti. È evidente che nel caso italiano si tratta di uno stereotipo di origine culturale. Credo che si debbano mettere in campo più azioni. Una di carattere formativo ed educativo, nelle scuole, che valorizzi le ragazze e le aiuti a superare la timidezza e la paura nei confronti di queste materie. Questo aspetto è molto importante e necessiterà di un lavoro di concerto con i ministri dell'Istruzione e dell'Università e la Ricerca. I dati ci dicono che le ragazze hanno prestazioni migliori scientifiche e nell'insegnamento bisogna valorizzare le capacità del mondo femminile di empatia, ascolto e organizzazione dei processi. l 65% dei bambini di oggi farà da adulto una professione che oggi ancora non esiste, e la maggior parte di queste professioni sarà nell'ambito delle intelligenze artificiali o comunque nell'ambito digitale e tecnologico. Se non interveniamo adesso il gap di genere già esistente nel mondo del lavoro diventerà incolmabile.Si devono prevedere incentivi promuovendo progetti di Erasmus al femminile: ossia la possibilità per giovani ricercatrici di fare esperienze in ambito europeo. Oltre a prevedere borse di studio per le studentesse. Naturalmente è importante il role model e la presenza di tante eccellenza femminili può indurre empatia e quindi emulazione nelle ragazze.Nell'ambito delle Stem universitario noi abbiamo il 40% di iscritte donne e il 60% di iscritti uomini, e nell'ambito tecnologico la distanza è ancora più marcata. Le donne si laureano in genere anche più brillantemente degli uomini, solo che dopo si apre il divario tra la qualità della posizione e della retribuzione. Io qui farei un passo in più: la meritocrazia non è neutra. Se una donna è in maternità è chiaro che la sua produttività cambia, ma in quel tempo acquisisce competenze anche intellettuali (problem solving, creatività) che possono essere ulteriormente qualificanti nel lavoro. Ad esempio, nei progetti Erc a livello europeo l'anzianità di carriera per ogni figlio è scontata di 18 mesi: così il gioco è alla pari.Negli ITS la distribuzione per area tecnologica degli iscritti, diplomati e occupati evidenzia la costante prevalenza di questi nell’area Nuove tecnologie per il made in Italy con un leggero incremento della percentuale al modificarsi della condizione (41,9% gli iscritti, 45,2% i diplomati, 45% gli occupati). Una riduzione della percentuale degli iscritti, al modificarsi della condizione, si registra per l’Efficienza energetica (10,6% gli iscritti, 8,6% i diplomati, 8,0% gli occupati) e per le Nuove tecnologie della vita (6,6% gli iscritti, 6,1% i diplomati, 5,8% gli occupati); pressoché stabili le altre aree tecnologiche. Tra gli ambiti del made in Italy, il Sistema meccanica (41,4% iscritti, 44,8% diplomati, 49,5% occupati) registra un significativo incremento della percentuale degli iscritti al modificarsi della condizione. In linea con quanto evidenziato anche dai dati di monitoraggio, in relazione alla composizione dell’utenza per genere, i maschi costituiscono, inoltre, il 76,1% dei diplomati . Tale fenomeno è dovuto essenzialmente alla caratterizzazione “per genere” dei percorsi, a seconda dell’area tecnologica di riferimento che vede una rara presenza di donne nei percorsi più tecnici (quali ad esempio mobilità sostenibile, meccanica, ecc.) e viceversa una loro concentrazione nelle aree tecnologiche dei servizi alle imprese, della moda e del turismo.Ma c’è un altro genere di gap di esclusione che va tenuto fortemente in considerazione.Indire La banca Nazionale dei dati ITS non ci permette di avere i dati ( o proprio non li ha raccolti, delle studentesse e degli studenti disabili) impegnati in questi percorsi. Certo è che la disabilità entra nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e l’attenzione al tema che riguarda direttamente oltre 4 milioni di donne e uomini in Italia trova spazio in alcuni riferimenti,però si nota la mancanza di trasversalità del tema disabilità nelle varie missioni del Pnrr e l’assenza di investimenti necessari per quanto riguarda l’inclusione lavorativa, il potenziamento del sostegno scolastico e soddisfacenti politiche sociali a favore delle famiglie dei più fragili colpite ancora di più nel corso della pandemia. Vero è che la Missione 4 prevede una specifica attenzione per le persone con disabilità nell’ambito degli interventi per ridurre i divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado. Nel Recovery ci sono passaggi già sostenuti per anni da molti Governi, ma quasi mai attuati, si pensi ad esempio alla riforma dei meccanismi di accertamento della disabilità , che però, uniti a quelli specificamente dedicati a scuola e lavoro, costituiscono un tutt’uno organico nuovo.La Strategia europea sulla disabilità 2010-2020 spaziava dalla piena inclusione, alle politiche per il lavoro, all’accessibilità, all’istruzione più inclusiva, al miglioramento dell’assistenza medica e dei sistemi di protezione sociale sostenibili e di alta qualità. La prossima Strategia 2020-2030 rafforzerà questo richiamo. Il governo Draghi ne deve tener conto e investire quanto necessario. Per ora gli interventi sono limitati: infrastrutture sociali e supporti all’autonomia vanno bene ma non bastano. In altre missioni non si rileva alcuna particolare attenzione alla disabilità, in particolare l’assenza brilla appunto nelle pur previste politiche per l’occupazione, nell’housing sociale, come pure in altre linee dedicate alla disparità di genere e, ancora, all’istruzione.Non è solo e tanto una questione etica quanto l’incomprensione del fatto, evidentemente economico che la disabilità è una delle prime cause di impoverimento per le famiglie e queste condizioni incidono sulla ripresa e se non affrontate l’esito non può che essere quello delle nuove esclusioni e dell’inevitabile assistenzialismo discriminatorio. Nel merito del Testo della proposta di legge ,peraltro discutibile in alcune parti fondamentali : gli ITS diventano “Accademie per l’istruzione tecnica superiore (ITS Academy)” generando confusione tra la natura terziaria ma non accademica,lasciando l’ambiguità contenutistica del percorso che non ha materie classificabili come tecniche ma professionalizzanti per svolgere mestieri in laboratori di alta specializzazione che comunque saranno successivamente definiti con decreto apposito che modifica (????) le attuali sei aree tecnologiche sembrano già coprire, in maniera adeguata, le specializzazioni presenti nel tessuto produttivo italiano: inoltre, è cruciale che tale decreto non vada a togliere la libertà messa in discussione dalla proposta di legge delle singole fondazioni di personalizzare i profili in uscita in base alle specifiche esigenze del settore con cui collaborano. Sappiamo bene che se c’è un valore aggiunto del rapporto stretto con il mondo del lavoro, presente già nella governance delle fondazioni e operativo in fase di rilevazione dei fabbisogni e loro sistematizzazione nei percorsi formativi, ed è uno dei punti di forza del sistema ITS che non va modificato con l’adozione di figure standard e immutabili, stabilite a livello nazionale o regionale.Una preoccupazione reale e concreta attiene la Commissione nazionale per il coordinamento dell’offerta formativa del sistema ITS che coinvolge,nella proposta del ddl solo le associazioni datoriali e gli organismi paritetici e dunque esclude le organizzazioni sindacali .Sbagliato perché : se si vuole caratterizzare questi percorsi per la vicinanza al mondo del lavoro, è importante un coordinamento con i rappresentanti dei lavoratori raccordandosi così le politiche attive, rilevare i fabbisogni espressi in termini di competenze innovative e di professionalità richieste per la governance degli investimenti tecnologici legati al PNRR, promuovendo insieme orientamento, istruzione e formazione tecnica superiore,il prezioso apprendistato duale.La proposta di ddl poi conferma l’attuale strutturazione in corsi biennali o triennali e il relativo monte ore, specificando però che i primi sono percorsi ITS “di primo livello”, mentre i secondi “di secondo livello”. È confermato che i titoli conseguiti al termine dei percorsi biennali sono collocati al 5° livello EQF, mentre quelli dei percorsi triennali al 6°. Oggi il titolo di studio conseguito è lo stesso: la proposta intende diversificarli, e sappiamo bene che questi titoli saranno riconosciuti come abilitanti per l’accesso al concorso per l’insegnamento tecnico-pratico e, in generale, per l’accesso ai pubblici concorsi, in coerenza anche con le recenti riforme sulla materia di Brunetta .Il ddl proposto introduce innovazioni in ambito didattico, confermando il 30% del monte ore totale che deve essere svolto in stage – anche all’estero – e specificando che questi periodi devono essere “adeguatamente sostenuti da borse di studio” non è chiaro chi dovrà corrispondere queste borse ai tirocinanti e se debbano obbligatoriamente essere riconosciute. L’onere ricadrà presumibilmente sui datori di lavoro, che avranno quindi un aggravio dei costi sostenuti a margine della collaborazione con il sistema ITS, dato che oggi per i tirocini curriculari non vige l’obbligo di corrispondere l’indennità.È importante nel testo, il rimando al legame tra ITS, politiche attive, formazione e riqualificazione degli adulti. Si specifica infatti che la strutturazione oraria dei percorsi può essere modificata così da favorire la partecipazione di lavoratori occupati e viene auspicata “la promozione di organici raccordi con gli enti che si occupano della formazione continua dei lavoratori nel quadro dell’apprendimento permanente per tutto il corso della vita”. Si prevede dunque la realizzazione di corsi ITS (finalizzati quindi al diploma di tecnico superiore) anche per lavoratori adulti, occupati o disoccupati, attraverso la costruzione flessibile dei percorsi e il riconoscimento delle competenze già acquisite e, , lo sviluppo di percorsi di formazione degli adulti realizzati dagli ITS in partnership con altri enti che si occupano della formazione continua. Il tutto comunque avverrà attraverso patti federativi con il sistema accademico per cui gli ITS, sentite le parti sociali e quindi tramite ulteriori accordi, possono occuparsi della formazione dei lavoratori, dei disoccupati o dei lavoratori in cassa integrazione.Solo i corsi ITS rimarranno di esclusiva responsabilità delle fondazioni, anche quando riguarderanno gli adulti e gli occupati, mentre per occuparsi di formazione continua gli istituti dovranno necessariamente procedere alla sottoscrizione di patti federativi con le università e coinvolgere (comprensibilmente) le parti sociali nella progettazione dei percorsi e soprattutto nell’individuazione dei destinatari. Viene poi specificato, in merito al sistema di finanziamento del sistema, che risorse saranno dedicate alla realizzazione di nuove sedi, di nuovi laboratori all’avanguardia e di campus: investimenti infrastrutturali per un sistema che ancora poggia, nei casi di eccellenza, sulla sola disponibilità del mondo delle imprese. Non vi sono invece indicazioni in merito alle risorse del PNRR, perché quelle stanziate dalla proposta si riferiscono a quelle già previste dalle precedenti leggi di bilancio. Viene confermato l’obbligo regionale del cofinanziamento di almeno il 30% delle risorse destinate al sistema ITS, il quale riceverà direttamente dal livello centrale i finanziamenti, “saltando” la spartizione su base regionale dei fondi ancora oggi operativa. Come ultima, ma non ultima, considerazione il contenuto della proposta è complessa, prevede l’emanazione di ben 14 decreti che dovranno essere adottati, nei prossimi mesi, per implementare le novità introdotte dalla “riforma”, e su di essa non è ancora intervenuto lo stesso Ministro Bianchi. Attendiamo fiduciosi altre operazioni di chiarezza e di possibili modifiche :la partita è fondamentale e va portata avanti con buonsenso. Perchè la questione importante è la fotografia occupazionale che il monitoraggio ci consegna ma non hainoi ! ( e bisognerà provvedere) analizzato per genere : L’80% dei diplomati ITS ha trovato lavoro a un anno dal diploma, il 92% degli occupati in un’area coerente con il percorso di studi. Il dato risulta particolarmente significativo perché riferito al 2020, anno di esplosione della crisi pandemica. Del 20% dei non occupati o in altra condizione: l’11,1% non ha trovato lavoro, il 4,1% si è iscritto ad un percorso universitario, il 2,7% è in tirocinio extracurricolare e il 2,4% è risultato irreperibile. I dati relativi al tasso di occupati a 12 mesi, per area tecnologica, evidenziano in generale un trend in crescita per Mobilità sostenibile (83%) e Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (82%). In generale per gli ambiti delle Nuove tecnologie per il made in Italy si registra una lieve diminuzione rispetto all’anno precedente, nonostante i valori rimangano alti, è il caso dell’ambito del Sistema meccanica (88%) e del Sistema moda (82%) dove si ottengono i migliori risultati. Seguiremo attentamente l’evoluzione del percorso del ddl. E delle risorse stanziate dal PNNR (1500 milioni da spalmare dal 2022 al 2026).Che non sono poche e vanno spese bene.
Alessandra Servidori è componente del Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri