Una parte molto interessante della legge di stabilità merita di essere ben spiegata, in quanto consegna alla contrattazione di prossimità un ruolo molto importante, posto che è sul luogo di lavoro che, anche attraverso le organizzazioni sindacali e buone relazioni tra imprese e lavoratori, si può ragionevolmente modificare sia l’organizzazione del lavoro che la flessibilità, e dunque diventa anche più virtuosa la produttività legata ad un reciproco interesse e benessere organizzativo che comprende anche la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
In più leggendo, attentamente il provvedimento, si prevede un coinvolgimento virtuoso degli utili per i dipendenti. Ricordiamo che una parte consistente di risorse per l’anno 2015 sono state utilizzate per coprire l’emergenza esodati nel capitolo dedicato al bilancio della spesa sociale, ma quest’anno la Legge di Stabilità ha ripristinato per il 2016 la detassazione dei premi produttività, una delle misure più attese per questa manovra finanziaria per la quale il Governo ha stanziato 430 milioni di euro per il 2016 e 589 milioni di euro per gli anni successivi.
Ricordiamo brevemente cosa comporta la detassazione del salario di produttività, introdotta nel 2008, misura non strutturale ma che ripropone ogni anno uno sgravio fiscale sui bonus erogati ai lavoratori. Nel 2013 i premi retributivi e le voci di salario legate agli incrementi della produttività sono stati concessi con tassazione agevolata al 10%, con un massimo di 2.500 euro di sconto fiscale riservato ai lavoratori con reddito annuo fino a 40mila euro. Per il 2013-2015 le risorse sono state stanziate sempre dalla Legge di Stabilità (art. 1, comma 481, legge 228/2012), che ha rimandato ad un successivo decreto attuativo i criteri di applicazione (DPCM del 22 gennaio 2013), pubblicato in GU n.75 del 29 marzo 2013.
Per il 2016 è allo studio un nuovo meccanismo di incentivazione, con sconto fiscale direttamente in busta paga. Inoltre oltre alla detassazione la Legge 2016, ora al vaglio di Bruxelles, ha previsto anche l’ampliamento della platea di beneficiari, innalzando il plafond dei redditi ammessi all’incentivo a quelli fino a 50mila euro. L’incentivo (art. 2 D.L. n. 93/2008), è stato istituito con l’intento di favorire la produttività delle aziende, fino ad oggi il tetto massimo era tra i 30mila ed i 40mila euro, escludendo così i quadri che ora possono godere dell’agevolazione fiscale. Il limite massimo di importo che potrà essere assoggettato a tassazione agevolata del 10%, se legato al raggiungimento di obiettivi di produttività e redditività aziendali, è stato fissato a 2.500 euro (2.000 euro lordi per le aziende che non coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro). Stesso limite e stessa aliquota agevolata (imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%) per gli utili distribuiti dalle aziende ai dipendenti.
Inoltre sempre la legge 2016 ha stabilito che le somme e i valori dei fringe benefit concessi ai dipendenti (art. 51, comma 2 D.P.R. n. 917/1986) e quelli di importo non superiore a 258 euro (art. 51, comma 3 ultimo periodo D.P.R. n. 917/1986) non concorrono, entro questi limiti, a formare il reddito di lavoro dipendente, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme detassate; i premi produttività, fino al limite massimo di 2.000 euro (2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del lavoratore o del suo nucleo familiare ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE); resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali.
I criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione nonché le modalità attuative della nuova disposizione, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro, saranno stabiliti con un decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze. Per sviluppare nuove prassi legate alla conciliazione tempi di vita e di lavoro, questa deve diventare la volta buona.