Libera e democratica opinione sul decreto OMOFOBIA
Alessandra Servidori
La legge sull’omotransofobia si è caricata di norme e significati esodanti l’opportunità di introdurre regole contro la piaga dell’omofobia che purtroppo esiste. I diritti però non possono essere una partita da giocare in modo tattico, non sono né di destra, né di sinistra, ma toccano la carne viva del Paese, incidono situazioni che già esistono intorno a noi e che vanno trattate con molto più rispetto. Il tema è divisivo, non possiamo e non dobbiamo nascondercelo. Pensare che le ragioni possano trovarsi interamente in una posizione piuttosto che in un’altra, significa non voler comprendere le ragioni degli altri. Il Testo di legge in verità travalica il confine della tutela legislativa con l’effetto di imporre una diversa visione della società in odore di pensiero unico. Bisognava trovare un correttivo. Vero è che le Istituzioni riconoscono e anche però garantire davvero un diritto di libertà troppo spesso macchiato da violenze fisiche o verbali.
Non possiamo, infatti, negare diritti di libertà a nostri concittadini che fanno parte, a pieno titolo e senza distinzioni, di quel perimetro all’interno del quale agisce il nostro contratto sociale, sulla base del quale i diritti di ognuno di noi devono trovare come limite invalicabile solo ed esclusivamente i diritti dell’altro e dell’altra. Comprese le idee propugnate come espressione di modernità, libertà e di progresso, ma che invece nascondono un’inaccettabile e arretrata visione discriminatoria e di restaurazione che relega le donne a minoranza e addirittura nel testo affiancate alle persone disabili . Il disegno di legge si è trasformato in un manifesto ideologico, che rischia di mettere in secondo piano l’obiettivo principale e di ridurre pesantemente diritti e gli interessi delle donne e la libertà di espressione. E’ un testo che va modificato , perché una legge scritta male porta a delle interpretazioni ed applicazioni controverse che riducono i diritti e non ne consentono la piena tutela. Il ddl Zan facendo leva su un tecnicismo che appare secondario e terminologico introduce , se non modificato,una pericolosa sovrapposizione della parola “sesso” con quella di “genere” con conseguenze contrarie all’art. 3 della Costituzione per cui i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere e non in armonia con la normativa vigente, legge n. 164/82 (e successive sentenze della Corte Costituzionale), che ammette e consente la transizione da un sesso ad un altro sulla base non di una semplice auto-dichiarazione. La definizione di “genere” contenuta nel ddl Zan, che non è accettata dagli altri Paesi, crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto, che invece ha il dovere di dare certezza alle relazioni giuridiche e di individuare le varie fattispecie.Una legge trasformata, in una proposta pasticciata, incerta sul tema della libertà d’espressione, offensiva perché introduce l’”identità di genere”, termine divenuto il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale per accreditare una indistinzione dei generi. Un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica inaccettabile. Fra le conseguenze vi sono la propaganda di parte, nelle scuole, a favore della maternità surrogata e l’esclusione di ogni visione plurale nei modelli educativi. Fuori veramente da ogni compatibile rispetto dei valori.