Lettera aperta al paziente fuggito
Alessandra Servidori
Lettera aperta al paziente che non ha voluto essere sedato da una dottoressa anestesista
La motivazione che ha fatto scappare dal lettino della sala operatoria un paziente già preparato per sottoporsi ad anestesia è comprensibile : gli avevano detto che in quell’ospedale “le anestesiste non erano capaci”. Dunque non è proprio una discriminazione di genere,ma sicuramente la pelle era la sua e si sa che la professionalità in questi casi è fondamentalmente “vitale”. Dunque lui ha avuto tutti i diritti di non accettare di rischiare secondo “le voci “ fatte circolare tra le corsie. Ma sappiamo bene che la mala diceria è dura a crepare e soprattutto la strada per le donne professioniste della sanità, è ancora tutta in salita,nonostante chi scrive, ha avuto e ha tutt’ora una fiducia e una stima grande delle dottoresse alle quali ho affidato più volte la mia salute. Fin dall’antichità, nel corso dei secoli, le donne medico hanno subito forti discriminazioni che concedevano loro solamente percorsi formativi , timidi e insicuri e a volte clandestini. Il sapere è prerogativa dell’uomo,idea sostenuta nell’antichità, e il “grande”Aristotele attribuiva la definizione di “femmina come maschio deformato” ovvero “ l’anima origina dal seme dell’uomo”. E non solo,ma anche tra donne è la guerra,infatti per Margaret Wertheim: “il sesso femminile rappresenta una minaccia per colui che insegue la conoscenza e deve essere evitato il più possibile” .Ma la verità è che le dottoresse sono ancora e attualmente discriminate sia dai colleghi che dai pazienti . Su 106 presidenti di Ordine solo 2 sono donne. Guadagnano in media il 30% dei medici uomini. Tra i pazienti, solo il 10% delle donne le sceglie per le loro competenze, aspetto che i pazienti uomini neanche considerano. Questa è una Italia tutta in camice rosa, ma piena di pregiudizi verso la medicina al femminile, fatta di violenze e vessazioni più o meno occulte e pregiudizi. Questo è lo scenario della “medicina in camice rosa”su un campione di circa 1.500 unità,fatto a Roma rappresentativo delle 15.000 iscritte alla Fimmg ,che ha dimostrato che medici e discriminazioni,vessazioni e violenze si attestano su percentuali quasi doppie rispetto alle altre donne soprattutto nei confronti di chi non ha conforto o protezione da un contesto sociale o familiare. La differenza è ancora più marcata, dove si prendono in considerazione gli incarichi dirigenziali a più livelli,ovvero andando a verificare i dati delle dirigenze nazionali dell’Ordine nazionale dei medici (FNOMCeO) su 106 presidenti di Ordine provinciali, solo 2 sono donne. Nelle strutture complesse ospedaliere solo il 1,7% di donne sono poste ai vertici, dato che sale nelle strutture semplici dove si attesta al 25%. Inoltre, la carriera di medico, a differenza degli uomini, porta nelle donne una forte ripercussione sulla vita sociale e sentimentale, il 30% delle donne medico in posizione apicale o è single o separata o vedova , il 30% non ha figli (mentre negli uomini la percentuale è del 13%), il 20% ne ha solo uno. Situazione non rosea nemmeno nei vertici sindacali: nella Fimmg appunto, la Federazione dei Medici di Famiglia, su 110 segretari provinciali compare una sola donna. Non sono rose e fiori nemmeno dal punto di vista economico: secondo i dati Enpam le donne medico guadagnano il 30% dei colleghi uomini.Ma la cosa che fa più impressione è che su circa 10.000 cittadini interpellati di cui il 50% uomini 50% donne, solo il 10% delle donne sceglie il medico al ‘femminile’ per le competenze mentre nessuno degli uomini intervistati prende in considerazione la cosa valutando l’aspetto professionale. Coraggio dottoresse, siate tenaci e voi pazienti uomini,considerate che è la professionalità e la capacità che contano, non il sesso.