Cronaca di andata e ritorno dall'ospedale
Alessandra Servidori
Cronaca di 4 giorni di” ospitalità” in medicina d’urgenza al S.Orsola
Sabato 30 giugno ore 4 del mattino : febbre alta cado mi procuro una vasta ferita alla testa .Chiamo il 118 dopo pochissimi minuti arrivano Greta e un altro giovane infermiere/autista mi prestano le prime cure e mi portano al Pronto Soccorso S.Orsola. Qui subito elettrocardiogramma, misurazione parametri, visita di due giovani dottori maschio e femmina gentilissimi, dirottamento alla Tac, torace,radiografia maxillofacciale, sutura ad opera di un giovane chirurgo che con pazienza mi sutura con 8 punti ravvicinati,lavoro perfetto.Ottima assistenza sono le 8 del mattino.Attendo su una barella la destinazione a medicina d’urgenza.Arriva alle 10 una dottoressa che decide di ricoverarmi :padiglione Pelagi Prof.Zoli .Ricovero in reparto mi ritengo fortunata accanto una giovane paziente affetta da disturbi del comportamento,notte e giorno molto irrequieta nonostante la presenza continua di una persona che si occupa di lei,giornata lunghissima senza possibilità di riposo. Personale giovane ,professionale, gentile –unico limite questo tu confidenziale che usano con le pazienti che francamente non è comprensibile- medici specializzanti che si alternano , visitano,vanno.Nel corridoio i parenti disturbano moltissimo con un vocio da capannello salottiero molto molto molesto che non dovrebbe essere permesso,indice di una maleducazione e di una mancanza di rispetto incivile per chi è ricoverato. Domenica passa faticosamente in una situazione di permanenza continua di parenti lungo i corridoi e in reparto ,lamenti delle pazienti,notte ancora insonne .Lunedì mattina è dimessa la giovane del letto al mio fianco ,destinazione “struttura protetta” mi fa una gran tenerezza è troppo presto per rinchiuderla in un incubo per non autosufficienti, si dispera una amica che si prende cura di lei per non poterla aiutare diversamente .Pace fino alle 14 poi arriva Mafalda nata nel 1929, è caduta anche lei era in una casa di riposo è attaccata all’ossigeno rantola e respira molto faticosamente. Arriva il figlio compila la cartella insieme alla dottoressa,poi va. Rimango sola con Mafalda che si lamenta mi avvicino le prendo una mano me la stringe ed io mi sento meglio,perché mi sento utile e meno disperata. Alle 2 di notte Mafalda passa ad altra vita siamo una vicina all’altra e l’ospedale mi pare proprio una dimora comune in una notte insonne di disperazione .La mattina arriva prestissimo e mi comunicano che ricoverano una signora affetta da malattia batteriologica infettiva :non mi devo muovere dal letto non toccarla non mi devo impressionare per le misure di sterilizzazione del personale. Chiedo di essere messa in condizioni di non rischiare una contemporanea infezione posto che la mia salute è già compromessa. Mi destinano alla camera n.7 un camerone di sei letti tutte signore con patologie invalidanti gravi :l’infermiere mentre mi spostano lava le parti intime di una paziente appoggiando il catino sopra i miei effetti personali,li sposto cerco di difendermi mentre un’altra infermiera vedendo la scena, mi passa un disinfettante chiedendo scusa per il suo collega. La stanza è caldissima va a bomba una condizionatore :il prof.Zoli la mattina mi aveva raccomandato di NON stare in ambienti con aria condizionata.Chiedo di firmare per salvarmi da questo incubo e chiamo il mio medico curante che mi prepara un ricovero a Villa Toniolo: trattativa faticosa con la dottoressa responsabile del reparto che continua a dire che non è “una spa”.lo so bene ma devo pur salvaguardarmi da un luogo di disperazione e di probabile ulteriore disagio. Notti e giorni di dolore e poi la fuga.