DI MAIO ,la cultura dell'ignoranza
Alessandra Servidori
Di Maio, la cultura del non saper fare i conti e non dire la verità.
L’inesperto Ministro del Lavoro continua a dimostrare di essere improvvidamente fuori crosta terrestre. Al Presidente di CONFINDUSTRIA Boccia cerchiobottista di lungo corso e alla stampa filo/governativa dichiara che ci saranno centinaia di euro di incentivi per assumere a tempo indeterminato che permetteranno agli imprenditori di abbattere il 10% del costo del lavoro cioè il famoso cuneo fiscale-cioè il costo del lavoro che pesa sulla busta paga a causa dell’imposizione sui redditi sommati ai contributi sociali- nel famigerato decreto che deve essere partorito entro la pausa estiva. Ma noi abbiamo fatto i conti con l’aiuto formidabile dell’Inps e al solito non tornano. Dieci punti di taglio del cuneo fiscale ( che in Italia è del 47,7%) significano 4,7 % e oltre miliardi all’anno e dunque non i 300 milioni annunciati dal penta stellato che basterebbero si e no per le merendine e anche se si pensasse di applicarlo ai nuovi contratti a decorre dal 2018 –nei primi 5 mesi sono 744mila ,e pensando di arrivare a fine anno ottimisticamente a 1,8 milioni divisi per i 300 milioni di euro di Di Maio si tradurrebbero in 17 euro a contratto sgravato che sono ben poco incentivanti. Noi che dobbiamo insegnare diritto del lavoro ai giovani abbiamo il dovere morale di raccontare come stanno le cose e francamente la situazione è questa che di seguito spieghiamo. La vera e unica operazione di sgravio contributivo operativo è nella legge di stabilità in vigore che è un esonero contributivo triennale fino a 3 mila euro per nuove assunzioni degli under 35 ma solo per il 2018 e al massimo con i 300 mila euro del pentastellato si potrà allungare anche nel 2019 e 2020 il provvedimento che però non basterà a “rimediare” al provvedimento previsto dal decreto 87/2018 sgradito ovviamente agli imprenditori che prevede diverse modifiche alla disciplina dei nuovi contratti di lavoro a termine, che andranno a impattare anche proroghe e rinnovi dei contratti già in corso, con nuovi limiti di durata, insieme all’aggravio in termini di contribuzione Naspi. L’ambito di applicazione si estende poi anche ai rapporti in somministrazione, ma esclude attività stagionali e pubblica amministrazione. Il rinnovo del contratto a termine diventa anche più caro per le aziende. Ogni proroga infatti, avrà un costo contributivo crescente dello 0,5%, anche in somministrazione. Questo rincaro si va ad aggiungere a quello dell’1,4% già introdotto dalla legge Fornero, che aveva previsto il suddetto aumento per finanziare la Naspi o indennità di disoccupazione. Nei casi in cui risulta accertato che non siano presenti gli estremi del licenziamento per giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento ma cambia il calcolo delle indennità per i lavoratori. E, anche in questo caso, aumentano i costi per le aziende: l’indennizzo infatti, che con il Jobs Act andava da 4 a 24 mesi, aumenta del 50% e passa da 6 a 36 mesi. Francamente poi rispetto al temporeggiare del Presidente Boccia meraviglia – e fa onore- l’audizione del direttore generale di Confindustria Marcella Panucci che afferma che il ritorno delle causali, esponendo le imprese “all’imprevedibilità di un’eventuale contenzioso, finisce nei fatti per limitare a 12 mesi la durata ordinaria del contratto a tempo determinato, generando potenziali effetti negativi sull’occupazione oltre quelli stimati nella Relazione tecnica al decreto (in cui si fa riferimento a un abbassamento della durata da 36 a 24 mesi).