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Un nuovo partito europeo: spunti per la riflessione

ALESSANDRA SERVIDORI ed alcune amiche ed amici autenticamente

liberali e riformisti   

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UN NUOVO PARTITO EUROPEO

Spunti per la discussione 

 

Il “caso italiano” costituisce ormai un serio pericolo per tutti. Per il futuro della nostra democrazia e della nostra economia. Per le sorti dell’Unione europea.

 Ormai da tempo l’Europa è attraversata da uno storica sfida tra le forze della responsabilità e quelle della demagogia populista. La grande crisi economica e finanziaria, il deficit di credibilità della politica e dei poteri, l’insicurezza demografica e culturale causata dalle inarrestabili ondate migratorie hanno reso senescente il bipolarismo destra-sinistra, facendo nascere un nuovo paradigma di conflitto tra chi vuole andare “avanti” governando con equilibrio riformista la globalizzazione e chi, viceversa, vuole tornare “indietro” chiudendo di nuovo le società europee nella gabbia dei nazionalismi, o come si dice oggi (per edulcorare il concetto) sovranismi.

 

E’ oramai chiaro che l’Italia è diventata un laboratorio “d’avanguardia” di tale fenomeno. Il 4 marzo 2018 l’insieme delle forze populiste ha superato il 50% dei consensi, arrivando a unirsi, pur partendo da diversi insediamenti sociali e culturali, per conquistare il governo. Al momento non sappiamo se il cosidetto governo giallo-verde spedirà l’Italia al pronto soccorso europeo, cucinando un pasticcio in salsa greca, oppure se le vistose differenze programmatiche, tenute insieme solo dal collante del potere, costringeranno 5stelle e Lega a dividersi.

 Quel che però già sappiamo con certezza è che, in ogni caso, il loro governo non sarà mai messo alle corde da alcuna significativa opposizione. Semplicemente perché essa non esiste. Ce ne sono infatti due, Forza Italia e Pd, già sfiancate prima del tempo, e assai divise al loro interno.In questo contesto, il rischio che avvertiamo, come già avvenuto in altri tempi della nostra storia, è che si finisca per rimanere inerti di fronte alla gravità del pericolo. Perciò pensiamo che sia giunto il momento di un radicale cambio di passo delle forze che si richiamano all’europeismo, all’etica della responsabilità e al senso dello Stato.

 Finora tali forze si sono accontentate di criticare populismo e sovranismo senza però rifiutare una buona dose di “contiguità”. Ciò è accaduto più visibilmente a destra, dove Forza Italia ha voluto comporre un’alleanza con la Lega che, nonostante tutto, molti continuano a voler riproporre. Ma anche a sinistra: se si pensa che una larga porzione di opinione pubblica (forte anche all’interno del Pd) continua a considerare il Movimento 5stelle una “costola della sinistra” non disdegnando, ancora oggi, di ritenerli possibili alleati. Ma non si vede che, permanendo tali incertezze, Forza Italia e Pd si stanno trasformando in ridotte elettorali, avamposti di bandiere ormai logore? Viene perciò logico chiedere alle loro classi dirigenti: volete aspettare di decomporvi definitivamente o sentite ancora la voglia di reagire, spezzando ogni contiguità?

 Una cosa a noi appare certa: non è accettabile alcuna contaminazione tra responsabilità e demagogia, tra europeismo e nazionalismo. Non ci può essere, infatti, alcun “compromesso” tra chi vuole cambiare la governance finanziaria, bancaria e monetaria dell’Europa e chi è invece incline, persino in modo subdolo, a uscire dall’Euro. Tra chi si sente pienamente parte del sistema occidentale di alleanze e chi tifa per la politica di Putin. Tra chi ritiene che il vero traguardo italiano sia rilanciare la produttività dell’intero Paese e chi giudica prioritaria una forzosa redistribuzione della ricchezza come non si sapesse che, da sempre, essa è la principale responsabile del ritardo italiano. Tra chi sa che bisogna modernizzare l’intero sistema italiano delle infrastrutture e chi innalza solo luddistici “cartelli del no”. Tra chi continua a sognare di riformare la giustizia in senso liberale e chi continua a inseguire il giustizialismo giacobino. Non ci può essere “mediazione”, infine, tra chi ha imparato dalla storia a difendere ad ogni costo la democrazia rappresentativa e chi, invece, la combatte in nome dell’eterna, fallimentare, utopia della democrazia diretta.

 Non sappiamo se sia possibile immaginare la nascita di un nuovo grande partito europeista, liberale, popolare, riformista. Quel che invece sappiamo, con urgente e pragmatica certezza, è che oggi è indispensabile unire tutte le forze europeiste ed europee (al centro, a destra o a sinistra che esse siano) in un unico fronte di azione e di iniziativa che proponga ai cittadini un’alternativa al populismo. A tutte queste forze si rivolge il nostro appello.

 

Attenzione: non si può però pensare ad una elementare quanto irrealistica, alleanza tra Forza Italia e Pd. L’unione tra due claudicanti, infatti, non fa un velocista. Si dovrebbe piuttosto pensare alla sigla di un solenne documento d’intesa, proposto da significative personalità d’area, che chiami a raccolta tutte le energie europeiste e repubblicane. Non c’è bisogno, ovviamente, di essere d’accordo su tutto. Basterebbe siglare tale intesa intorno a 5 punti: 1) La permanenza dell’Italia nel sistema dell’alleanza atlantica. 2) Il link sicurezza-umanità sul tema delle migrazioni. 3) la modifica delle regole della governance europea e la tenuta dell’Euro come orizzonte storico. 4) La salvaguardia della democrazia rappresentativa e dei diritti umani. 5) La modernizzazione del Paese e delle sue infrastrutture.

 

Al centro dello scontro c’è senza dubbio la “questione europea”. L’Europa è ancora un’incompiuta, colma di contraddizioni e pigrizie burocratiche che ormai concretamente rischiano di mandare in fumo il sogno dei suoi Padri Fondatori. E non c’è dubbio che la crescita esponenziale delle posizioni sovraniste e populiste è proprio figlia di tali contraddizioni e pigrizie a partire dalle rigide politiche di austerity per finire con la miopia dimostrata sulla questione dei migranti.

 Ma una cosa è denunciare l’incompiutezza europea per superarla nella direzione di una vera Unione politica e finanziaria, altra cosa è prendere a pretesto le sue difficoltà per colpire al cuore l’intero progetto unitario, marciando all’indietro nella storia.  

 Gli europeisti vogliono una nuova Europa federale. Nella quale, ad esempio, si metta mano all’elezione popolare diretta del presidente della Commissione e si decida la nascita di un vero e proprio Esercito Europeo, mettendo in comune i fondi nazionali delle singole politiche di difesa. I populisti e i sovranisti vogliono, invece, la vecchia Europa dei rancori nazionalisti e delle autarchie economiche. La sfida è tutta qui: e per vincerla bisogna unire le forze.

 

E’ perciò urgente che, fin dalle prossime elezioni europee, si lavori in Italia e in Europa alla costruzione di un’alleanza trasversale antinazionalista, che eviti cupe derive separatiste all’origine di ogni tragedia europea, e renda concreto l’orizzonte di una nuova Europa federale, soggetto politico mondiale, patria della sicurezza e della libertà. Perciò anche in Europa va spezzata ogni contiguità con il fronte sovranista: da questo punto di vista guardiamo con preoccupazione alle tentazioni compromissorie che sembrano affiorare nel Ppe.

 Attenzione: a imporre una svolta nelle culture politiche italiane ed europee non è solo l’emergenza. Nel tempo passato i sostenitori della società solidale e quelli della società aperta si sono a ragione ritenuti avversari. Il tempo attuale, segnato da una crisi che aggredisce il ceto medio e spalanca incubi di nuove povertà, impone invece a chi difende la solidarietà e a chi propugna la libertà del mercato di battersi insieme contro pericolose “autarchie redistributive”, che non possono che rendere insieme più povere e più chiuse le nostre società. Perciò liberali, popolari e socialisti possono oggi camminare insieme contro il populismo assistenzialista e contro gli inediti orizzonti di “democrazie illiberali” che sempre più segnano il mondo.

 

In conclusione: i populisti si muovono, gli antipopulisti sono fermi al palo. Se ci si vuole svegliare l’unica strada per farlo è quella di un “patto trasversale” di tutte le energie europeiste e repubblicane che proponga all’Italia e all’Europa una concreta alternativa al populismo e al nazionalismo. Non c’è più tempo da perdere. La storia europea si è rimessa in cammino. Costruire la nuova Europa “aperta” del XXI secolo o tornare indietro alla vecchia Europa “illiberale” del XX secolo. E’ questa l’alternativa. Ed è tempo che ciascuno decida verso dove vuole andare.

 

 

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