Una Italia ingiallita e stanca
Alessandra Servidori Una fotografia dell’Italia ingiallita e stanca 17 maggio 2018
Un Paese già con problemi prima della crisi del 2008 e che anziché riformare la spesa pubblica e il mercato del lavoro senza preoccuparsi di verificarne l'impatto in termini economici e sociali, e mettere in moto energie vitali dei corpi intermedi,come ci segnala il Rapporto Istat 2018 sulla situazione socio-economica del Paese,registra tutti dati negativi rispetto gli altri paesi. Siamo il secondo Paese più vecchio al mondo (168,7 anziani ogni 100 giovani), con un declino demografico inarrestabile per il terzo anno consecutivo, una Italia sempre più fragile (il 17,2% degli italiani si sente privo o quasi di sostegno sociale), dove crescono le diseguaglianze, la povertà assoluta e gli indici di sofferenza sociale, con un ascensore sociale sostanzialmente bloccato e un Sud sempre più arretrato e devitalizzato, con i nostri giovani che scappano all’estero seguiti a ruota dai pensionati che trovano il tesoro della qualità della vita a costi sostenibili nei paradisi del Portogallo, della Spagna,della Grecia,lì dove il sole splende tutto l’anno. Si allarga paurosamente la forbice delle disuguaglianze e della povertà per le persone già più fragili di una società sempre più anziana e con aspettativa di vita in diminuzione, un’ Italia dove la natalità precipita da un decennio sistematicamente e dove l’unico intervento pare essere il reddito di inclusione mentre all’orizzonte si prospetta il reddito di cittadinanza che anziché sostenere la ricerca di un lavoro è puro assistenzialismo. Un Paese in cui la salute e le cure sottoposte a tagli producono disagi gravi e mancanza di servizi adeguati sia alle persone non autosufficienti sia ai minori ,sia un malessere continuo nelle comunità lavorative e mancanza di prospettiva e sviluppo sia per le famiglie che in particolare per le italiane soffocate nella sostituzione del welfare che non c’è. Noi dobbiamo essere consapevoli che le sole voci che più hanno contribuito a non affondare il nostro paese sono state le esportazioni ed il turismo. Nel caso del turismo il miglioramento è in buona parte conseguenza delle disgrazie altrui, cioè delle turbolenze dei paesi della sponda sud del Mediterraneo, a partire dalla Turchia per finire all'Egitto e alla Tunisia. Le nostre strutture ricettive e il modello organizzativo del turismo nazionale non mostrano infatti alcun miglioramento della capacità concorrenziale e continuiamo a perdere quote di mercato nei confronti di Grecia e Spagna. Riguardo al commercio estero, nonostante la mancanza di grandi imprese, dimostriamo ancora dinamismo con aziende che si misurano nella solitudine più assordante con successo nei mercati stranieri ma sappiamo bene che negli ultimi mesi un sostanzioso contributo alla timida ripresa è tuttavia venuto dagli investimenti, aiutati dalle nuove regole sugli ammortamenti e dai crescenti incentivi pubblici. Non si colmerà mai il divario di velocità che da troppi anni ci separa dagli altri paesi europei se non metteremo mano alla riforma del nostro apparato burocratico ,e se alla ripresa degli investimenti nel settore manifatturiero si aggiungesse una spinta nell'edilizia e nei lavori pubblici, il quadro migliorerebbe subito. Mentre nel campo dell'edilizia residenziale bisogna in parallelo operare nella direzione di radicali miglioramenti qualitativi ( privilegiando ad esempio i grandi progetti di ristrutturazione urbana) nel campo dei lavori pubblici occorre semplicemente mettere mano all'esecuzione degli infiniti progetti esistenti e finanziati. La crescita mondiale rimarrà intorno al 3,5%, quella europea al 2,2% mentre la Germania crescerà del 2,5% e l'Italia ancora un punto e mezzo in meno e naturalmente il tutto se non si verificheranno radicali sorprese nei tassi di cambio.