Alessandra Servidori
Basta con le liti sulla nostra economia e sul mercato del lavoro
Il teatrino mediatico sull’Italia continua a far danni. Dalle intercettazioni interplanetarie ai sindaci e governatori “incapaci o comunque indagati”, agli scioperi selvaggi che violentano il nostro patrimonio culturale e la nostra credibilità, alla situazione economica a giorni alterni confusa. Tutte le mattine sono diffusi diversi indicatori che possono contribuire a imbrogliare e a volte rattoppare le caratteristiche del mercato del lavoro italiano e dunque anche della nostra economia sbattuti in prima pagina in maniera frammentaria. Cominciamo a fare un po’ d’ordine. A sei mesi dall’entrata in vigore dovuta alla legge di stabilità, della decontribuzione per le assunzioni a tempo indeterminato e da cinque mesi dalla riforma dell’istituto ad opera del d.lgs. n. 23/2015 dobbiamo fare bene i conti. Cominciamo dai dati e statistiche diffuse dall’Istat sulla produzione industriale di maggio : registriamo un aumento dello 0,9% rispetto al mese precedente e del 3% su base annua, confermando una possibile inversione dei trend negativi degli ultimi anni, se è vero che la spinta è data soprattutto dal +8,5% dei beni strumentali. Affianchiamo poi sempre dell’Istat i dati sugli occupati e disoccupati . L’ultimo dato nazionale da prendere in considerazione è il calo di 63mila occupati verificatosi sempre a maggio 2015 e sempre certificato dall’Istituto Nazionale.. Gli stessi dati mostrano un lieve calo della disoccupazione giovanile compensato però negativamente dall’aumento dell’inattività nella fascia d’età 15-24.I dati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulle comunicazioni obbligatorie dei rapporti di lavoro attivati e cessati,rappresentano una situazione diversa e sempre relativi allo stesso periodo cioè maggio 2015 che certificano una sostanziale continuità rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, sia quantitativamente che qualitativamente. Ci è ben chiaro l’obiettivo del JOBS ACT e cioè soprattutto attraverso i decreti attuativi che è quello di diffondere forme di lavoro stabili, con il contratto a tempo indeterminato che deve essere privilegiato tra tutti e diventare la normalità per le nuove assunzioni, come dichiara l’art. 1 del d.lgs. 81/2015. Vero è però che nei primi mesi del 2015 vi è stato un netto aumento della percentuale di contratti a tempo indeterminato sul totale delle nuove attivazioni, ma si è ora interrotto. Dunque è legittimo osservare che esso sia stato determinato non dalla maggior flessibilità in uscita dell’istituto riformato, ma dallo sgravio contributivo che sembra aver già terminato il suo effetto. E’ legittimo concludere che è utilizzato uno strumento che non corrisponde alle sue esigenze sostanziali ma solo a quelle di contingenti di cassa e quindi di breve periodo. E’ anche legittimo porsi una domanda alla luce dei dati: come è possibile che cresca la produzione industriale e che l’occupazione sia ferma? Ancora sui dati ufficiali e questa volta andando oltre il nostro ombelico, e dunque ai dati dell’ OCSE con il Employment Outlook 2015 pubblicato il 9 luglio. Il Rapporto denuncia la scomparsa di molti dei lavori del settore manifatturiero ed essendo la produzione industriale italiana legata principalmente alla manifattura, questa è probabilmente anche la causa del nostro blocco. L’allarme di una grande quantità di lavori scomparsi a livello internazionale è oggi più forte e la grande componente di beni strumentali all’interno dell’aumento della produzione industriale può far immaginare la sostituzione di molti lavori svolti da uomini e donne nel periodo pre-crisi con macchine e questo è ancora più vero nel nostro paese. Quello che è indispensabile oggi in Italia soprattutto e subito è una struttura del mercato del lavoro che va oltre la categoria della subordinazione e perciò imbocca a gamba tesa una vera flessibilità, e per essere efficacie, deve superarne i limiti. Non c’è più tempo per i dibattiti dottrinali tra fazioni politiche e cervelli autoreferenziali bisogna in fretta applicare con forza il JOBS ACT e in particolare l’art’ 1 del dlgs 81/ 2015,in parte già ormai superato da una realtà che non ci aspetta. Inoltre è necessario subito una politica industriale che non rincorra solo le( per ora) salvate aziende come la Wirphool o la danneggiata ILVA che fa sempre più gola agli stranieri . La soluzione è nel rivedere la strategia che mette insieme capitale e lavoro e dunque la partecipazione e la responsabilità attiva ai risultati dei cambiamenti , una rivoluzione vera e propria delle forme contrattuali , della scuola che serve e non quella “poco buona” , della formazione professionale e del lavoro e dell’industria collegate fortemente per acquisire nuove competenze, una rete dei servizi pubblici e privati alle imprese e all’impiego, scommettendo così sull’innovazione e sulla formazione continua che chiedono sia il mercato che i nostri giovani. Basta dunque alle liti insopportabili che ci stanno trascinando in un buco sempre più nero.
Sono giorni e giorni che siamo ostaggio di provvedimenti e discussioni sul gender (genericamente genere in italiano) molto e insopportabilmente pericolosi per la tenuta non solo del governo ma di un sano e realistico buonsenso e di tolleranza di ossessioni di una politica demagogica e disfattista piuttosto che innovativa. I fatti. La Gazzetta Ufficiale ha pubblicato la tanto discussa riforma sulla scuola in cui art 1 comma 16 si legifera “ Obiettivo primario deve essere quello di educare alla parità e al rispetto delle differenze, in particolare superare gli stereotipi che riguardano il ruolo sociale, la rappresentazione e il significato dell’essere donne e uomini, ragazzi e ragazze, bambine e bambini, sia attraverso la formazione del personale della scuola e dei docenti, sia mediante l’inserimento di un approccio di genere nella pratica educativa”.” Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione ,dei principi di pari opportunita' promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parita' tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n. 93 del 2013 (La tanto magnificata quanto inapplicata a tutt’oggi legge contro la violenza di genere chiamata anche odiosamente femminicidio che è comunque stata finanziata).
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Non condivido anzi la contrasterò con tutto il mio convincimento ( e non solo) questa proposta di legalizzare la cannabis o traccheggiare sulla marijuana o haschis come palliativi di eroina e cocaina. Credo fermamente che sia giunta l’ora, per le droghe leggere, di usarle con il controllo medico per alleviare le sofferenze umane fisiche di dolori di patologie devastanti , ma istituire punti di vendita di canne autorizzati dallo Stato credo che sia uno sbaglio addirittura criminale. Adottando poi il pretesto della “precauzione” quasi come prevenzione credo sia sinonimo di delinquenza e non c’entra l’etica e il moralismo bigotto e bacchettone. C’entra il mettere in circolo così come alcool e tabacco di Stato una illusione di benessere che porta all’abuso e alla malattia neurologica ed è causa sempre più spesso di morte non solo di se stessi ma di altri ed è sicuramente in tutto il mondo una calamità in mano ai narcotrafficanti e gli spacciatori prolifereranno ancora di più con una logica di mercato sempre più “tagliato di ecstasy”.. Mi ritengo una progressista riformista e non mi rassegno al declino inarrestabile di una società nichilista e irrazionale che si fuma il cervello. Soprattutto facciamolo almeno per i nostri nipoti che sono alla ricerca sempre più di valori e modelli di comportamento che attivano la responsabilità e l’intelligenza cognitiva non la bruciano. Lo slogan liberalizzare per contrastare è demenziale perché la libertà vera è quella di non farsi del male e non seguire il branco che si “fa”, la nostra libertà non può cominciare quando finisce quella degli altri e la rimozione e consapevolezza degli effetti sociali devastanti che determina negli otto milioni di consumatori italiani che sono “ormai abituati”. Non sento nessuna necessità di una legge autodistruttiva: siamo già messi abbastanza male senza farcene di più.
Alessandra Servidori - 2015-07-21
Comunque l’arroganza e l’ignoranza dell’attuale spezzatino PD sta portando il nostro BELPAESE “che fu” all’emarginazione europea e all’accelerazione del drammatico declino economico e sociale italiano. Lo vediamo tutti i giorni. E pensare che si dicono democratici. Esistono solo loro che si sono comprati i giornali le banche e bramosamente si stanno sbranando tra di loro .Nelle Regioni a cominciare dalla “buttana Sicilia” che sarà comunque èl a dimostrazione del fallimento delle Regioni Autonome spendaccione e traviate, su per la Campania, Puglia, Lazio e su su verso la mitica Emilia Romagna ( ancora e meno male in salute nonostante gli scandali e i rinvii a giudizio di suoi amministratori cooperanti e no) fino ad arrivare a Bologna dove un sindaco scelto da loro che si è dimostrato comunque un discreto amministratore ( pur tra gli sbagli), le correnti assatanate renziane cuperliane civatiane ecc ecc ecc ( senza parlare dei sellini integralisti arruffa arruffa) stanno cercando ( e mi auguro che falliscano!) di costringere il Sindaco Merola a ritirarsi sventolando varie bandiere con faccine di volta in volta nuove di candidature sempre fedelissime rosse che tingono e che hanno già i loro magnanimi lombi ben impostati su scranni di platino. Merola non merita questo trattamento bestiale e va aiutato a fare il secondo mandato .
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Dalla parte delle persone “lungo sopravviventi”
Ci chiamano così siamo sopravissute al cancro e ancora lo combattiamo con forza e coraggio. Molta forza ,tanto coraggio. Su una testata di un’ammiraglia della comunicazione è apparsa la notizia che alla facoltà di Medicina del Dipartimento di oncologia della Statale di Milano è istituito l’insegnamento su” l’Umanità” che mette al centro la persona e non solo l’anatomia e la scienza. Bene. Contemporaneamente sulla pagina seguente la storia di Chiara una giovane lavoratrice che con la sua tenacia ha ottenuto un protocollo dall’Inps di Trento perché le persone affette da malattie gravi NON siano più costrette a visite fiscali in sedi non domiciliari coatte. E’ un passo avanti che dobbiamo fare insieme,perché l’interdisciplinarietà e la sussidiarietà tra istituzioni è fondamentale per combattere il dolore, la sofferenza, la speranza di vita degli uomini donne bambini e bambine che incontrano la malattia grave che interrompe la vita. Anche all’Università di Modena e Reggio Emilia al Dipartimento giuridico è istituito un corso sulle Pari Opportunità nel lavoro pubblico e privato per insegnare alle giovani generazioni di studiosi come è importante la disciplina giuslavoristica e anche come cercare trovare e mantenere un lavoro in condizioni delicate quando si incontra la grave malattia e assicurare così pari opportunità contrastando eventuali discriminazioni.
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La questione Greca dovrebbe fare calmare il giovane toscano sempre troppo ardito e rapace. L'arroganza non paga .Chissà se lui e i suoi amici dell’Ellade sanno che nel 1999 il Trattato di Maastricht impegnava tutti i paesi dell’Unione europea, salvo Regno Unito e Danimarca, ad adottare presto o tardi la moneta unica. Oggi sono 19 i Paesi su 28 che l’hanno fatto e assistiamo al 12esimo Paese che lo adottò uscirne per fare ritorno alla moneta che aveva lasciato. Chissà i nobili Padri della Magna come si rivoltano nella tomba. Nessun paese ha mai lasciato l’area euro, e i Trattati non prevedono procedure formali perché questo possa avvenire. Paradossalmente, sarebbe forse meno complicato uscire dall’Unione Europea che dalla sua moneta unica. E la decisione di lasciare l’euro dovrebbe essere il frutto di un lungo e incerto negoziato. E ora i giovani governanti “guasconi” greci che ad arroganza e a bugie non hanno nulla da invidiare al giovane toscano nostro , massacrati dai numeri dell’economia che parlano e dicono la verità, così come lo stato dell’economia italiana è evidente, le conseguenze della Grecia avranno una ripercussione drammatica e comunque sull’eurozona e dunque anche su di noi che a conti fatti ai 36miliardi di credito detti da Padoan aggiungendo gli 11 in valuta estera di effetto di trascinamento di debito bancario, rimaniamo in credito dalla Grecia quei 47 miliardi che tanto ci servirebbero.
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Si è consumato il più grave strappo all’interno dell’Eurozona dalla creazione della moneta unica. L’Europa non sbloccherà l’ultima tranche di prestiti da oltre 7 miliardi. La Grecia non rimborserà 1,6 miliardi di euro dovuti al Fmi entro il 30 giugno. Il fallimento greco è ormai evidente ,e il governo greco dovrebbe riconoscere le sceneggiate dei giovani governanti saliti al potere NON raccontando la verità agli elettori e facendo promesse inattuabili stando la situazione già allora drammatica ed evidentemente irrecuperabile se non attraverso una drastica politica di tagli alla spesa pubblica. Tsipras ha annunciato per il 5 luglio un referendum per chiedere ai propri cittadini se accettare o meno il piano europeo, ritenuto da lui stesso contrario alle regole europee e umiliante per i greci. Merkel ha giustamente precisato che il quesito è fuorviante, la vera questione è se rimanere nell’euro o tornare alla dracma. Nel frattempo i greci si sono ritirati i loro risparmi attraverso i bancomat prelevando quanto più possibile e il governo ha da oggi chiuso le banche. Non sappiamo se esiste ancora ad oggi la possibilità che la Bce non aumenti la liquidità d’emergenza alle banche greche ma di non cancellarla, mentre il Fmi potrebbe non dichiarare immediatamente il default ma limitarsi a rimarcare il mancato pagamento, in attesa dell’esito del referendum.
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Sfogliando la margherita: decreto semplificazioni. Scena prima:Controllo a distanza e dubbi concreti
Il decreto prevede all’art. 23 la proposta di Modifica all’articolo 4 della legge 300/1970, Statuto dei Lavoratori. La norma disciplina, da allora, se e come i datori di lavoro possono usare impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo sul posto di lavoro e l’intervento aggiornato normativo si sta rendendo necessario perché l’evoluzione tecnologica e le strumentazioni che i datori di lavoro oggi possono utilizzare hanno determinato una serie di dubbi in merito alla sua applicabilità, in particolare del comma II che oggi obbliga le aziende a raggiungere un accordo sindacale quando utilizzano sistemi di controllo per esigenze produttive, organizzative o di sicurezza e da cui ovviamente deriva anche la possibilità di controllo dell’attività lavorativa. La norma è stata oggetto di pronunce della Corte di Cassazione,( sentenza n° 15892/2007, n° 4375/2012 che rigurdano rispettivamente il controllo dei parcheggi aziendali e ai sistemi di content filtering).Inoltre anche la sentenza della Corte di Cassazione n° 2722/2012, ha ammesso controlli difensivi preventivi e reattivi nonché illeciti che si risolvono nel mero non lavoro e altri che pongono in essere anche una aggressione a un bene oggetto di tutela di titolarità dell’azienda, che prevedono di evitare l’accordo sindacale escludendo quindi che in certe situazioni siano già escluse dal campo di applicazione dell’Art. 4 comma 2 legge 300/1970. E’ evidente che essendosi aggiornate le tecniche anche informatiche legate alla sicurezza, ed essendoci sempre stato comunque un controllo indiretto del comportamento del lavoratore sul posto di lavoro, la situazione giurisprudenziali deve aggiornarsi anche per le possibili nuove installazioni e della conseguente (o meno) applicabilità dell’obbligo di accordo sindacale che comunque rimane necessario. Il decreto prevede alcune novità.
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L'approvazione da parte del Consiglio dei ministri dello scorso 11 giugno di altri quattro decreti attuativi del Jobs Act, non porta in dote al sistema del mercato del lavoro certezze, anzi pone altri robusti interrogativi su come verrà applicata la governance dei provvedimenti nella loro concreta attuazione. L’obiettivo chiaro è una deregolamentazione, notevoli differenziazioni nel mondo del lavoro, sia sui contratti che sulle tutele, e un aumento esagerato del potere delle imprese ( magari singole e non è detto associate) senza elementi di riequilibrio in favore del sistema lavoro. La chiamano “innovazione e semplificazione” ma in verità si è realizzata una riduzione sostanziale della qualità del lavoro, degli spazi di contrattazione che lo rendono più povero e più fragile e sicuramente non maggiormente sviluppato e inclusivo . Tempi lunghi e indefiniti di attuazione di un nuovo ed efficace sistema ( le coperture economiche e l’organizzazione delle nuove strutture in capo a inps appaiono confusamente lontane anni luce ) sia per i lavoratori occupati, così come quelli in sospensione da lavoro o disoccupati, la struttura del sistema di welfare in confusione. In materia di ammortizzatori si interviene con una riduzione dei tempi di copertura e degli strumenti a disposizione dei lavoratori. L'introduzione del meccanismo per le aziende del bonus malus, pensato quale deterrente, potrebbe favorire i licenziamenti, visto l'aumento del costo delle contribuzioni nell'uso degli strumenti di “cassa “ e ha un bel da dire Poletti che vigilerà contro gli abusi. Chi vigilerà?
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Abitare a Bologna, una volta, significava stare in un posto davvero all’avanguardia, significava conoscere e partecipare all’eccellenza italiana. Bastava dire “vivo a Bologna” per suscitare lo sguardo ammirato dei più attenti estimatori della democrazia progressista .A quella visione figlia di un passato glorioso, oggi se ne oppone , un’altra : Bologna è lo specchio del declino della politica e del territorio italiano. Non sono la sola però che si ribella a questa rassegnazione. Sicuramente l’assenza di politici di rango è un altro segno del tempo. Un tempo che non è semplicemente “Il numero del movimento secondo il prima e il poi” come sosteneva Aristotele nella Fisica, ma è un succedersi di avvenimenti a velocità variabile. E l’agogica del tempo delle relazioni tra politica e cittadini. In pochissimi anni c’è stata anche a Bologna una accelerazione inaspettata, si è passati dalla partecipazione alla indifferenza, al fastidio e al rifiuto di qualsiasi confronto, anche di merito, con la cittadinanza. Ci sono tramonti e tramonti ,ma quella dell’anima diessina e post comunista è un tramonto inarrestabile, con una resa dei conti al loro interno che non tiene conto di noi, gli altri, i cittadini che non sono pidiessini. Correnti a non finire nascono tutti i giorni e la ditta si è frantumata in tante piccole e inutili aziendine.
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Donne italiane, noi non abbiamo paura: alimentiamo la responsabilità per la politica e il comando - ATTO PRIMO
Passata la tempesta delle elezioni regionali facciamo il punto sulla presenza femminile sia sul mercato del lavoro che nei consigli regionali ,partendo da una considerazione oggettiva : le donne in politica sono veramente pochine , quelle che vogliono lavorare ci sarebbero ma fanno una gran fatica a entrare e rimanere nel mercato del lavoro soprattutto se tengono famiglia, il jobs act, diciamocelo, rispetto alla stesura della delega ,nel decreto non ha apportato significativi strumenti per incentivare e sostenere l’occupabilità femminile e la conciliazione. Quindi rimbocchiamoci le maniche e facciamoci una programma di Governo. Cominciamo dai dati sulle elezioni regionali con una evidente presa d’atto : le due giovanotte renziane candidate governatrici in Veneto e Liguria sono state clamorosamente sconfitte ,e le candidate governatrici nelle 7 regioni andate al voto erano comunque in un numero bassino. In Veneto 2 signore su 7 signori ,in Liguria 3 su 8,in Toscana 0 su 6, in Umbria 1 su 7 ,nelle Marche 0 su 5 ,in Puglia 2 su 7, in Campania 1 su 6. Nei nuovi consigli regionali abbiamo una presenza femminile molto molto modesta: Veneto 12 consigliere su 49,Liguria 5 su 30, Toscana 11 su 40 in Umbria 3 su 20, nelle Marche 6 su 30 ,In puglia 5 su 49 in Campania 11 su 45. Vedremo nei consigli comunali quando avremo i dati definitivi. Ma non c’è da stare molto allegre
E’ evidente che bisogna proseguire, come abbiamo da tempo auspicato come gruppo di associazioni “Democrazia paritaria” per estendere una normativa per assicurare la parità nelle elezioni anche regionali poiché non esiste una omogeneità nelle liste essendo diversi gli statuti, così come nei cda delle società partecipate.
Vediamo ora la situazione nel mercato del lavoro con una lettura per genere .Istat certifica che ad aprile 2015 il numero disoccupati e occupate aumenta rispetto a marzo sia per la componente maschile (+0,6%) sia per quella femminile (+0,9%). Il tasso di occupazione maschile, pari al 64,8%, cresce di 0,3 punti percentuali, mentre quello femminile, pari al 47,6%, cresce di 0,4 punti.(sempre troppo poco)
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LA RETE TRA DONNE? COMPLICATISSIMA E RARA E QUANDO C'È È STRAORDINARIA
La rete di collaborazione con le donne è molto complicata e rara ma succede che durante il tuo percorso incontri dei veri talenti che possono integrare con competenze diverse il tuo lavoro, soprattutto se nato anche da un rispetto reciproco e da amicizia e nel riconoscere che non tutti possiamo sapere tutto. Nasce così la squadra ,nella quale puoi ,anche se raramente però, contare e realizzare esperienze concrete dalla parte del lavoro .Infatti non mi piacciono le competizioni, le ipocrisie, non mi piacciono coloro che soffiano il lavoro ad altri e ad altre . Cerco alleati e alleate , a volte sono stata delusa ma la maggior parte dei casi ho reagito e sono andata avanti , cancellando quel nome. Sono piuttosto contenta di poter dire di non aver mai usato le persone e di aver capito in tempo per reagire, che ero usata e dunque, di aver mandato a farsi benedire i saprofiti. L'ipocrisia serve a nascondere al mondo ciò che non riescono ad essere o affrontare. L'incapacità di accettare il modo di essere degli altri, l'invidia, l'essere particolarmente piccoli e aver bisogno di conferme è un limite che spesso registriamo, ma basta non farsene un problema. Basta un tradimento, perdere il lavoro, problemi di salute, perché il dolore colpisca.
Alcune donne sono nemiche sì, soprattutto di loro stesse, perché si ritroveranno sempre sole. Ecco tra le persone che stimo c’è Roberta Bortolucci e ridendo oggi al telefono ho detto : “Dai che spariamo in etere la nostra alleanza di lunga data, interrotta a volte da demenziali incomprensioni. Così nella reciprocità imparate a conoscerla chi ancora non l’ha incontrata .L'intervento di Roberta Bortolucci al convegno #Apco su #intangibili e bilancio integrato: http://youtu.be/I9WOl1nsPcE @robertabortoluc
Alessandra Servidori - 2015-05-24