NOI TUTTEPERITALIA
MOVIMENTO PER LA RICOSTRUZIONE LIBERA E FORTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA
GIUGNO 2013
Premessa : Siamo convinte della necessità di una vera maggioranza politica
Per condurre in modo coerente e compiuto la ricostruzione e l’ammodernamento del Paese è necessario che questi siano guidati da una maggioranza politica reale e che non risenta dei limiti fisiologici di una maggioranza costruita sull’emergenza. Definirne gli indirizzi, i metodi, i contenuti, la composizione, è la vera domanda alla quale le italiane e gli italiani attendono una risposta chiara.
Noi siamo convinte che una classe dirigente è tale se è in grado di esprimere e dirigere indirizzi dichiarati, sui quali si può generare consenso o dissenso, ma riguardo ai quali non possono esser fatte concessioni alla demagogia o all’opportunismo.
Come premessa noi affermiamo apprezzamento per l’impegno dell’attuale Governo Letta. Siamo consapevoli comunque che occorre una nuova maggioranza, che abbia la capacità, la statura, e la volontà di costruirsi nel proporre al Paese con passione e competenza una nuova casa comune della Repubblica italiana che indichi, accanto ai sacrifici necessari al non rinviabile risanamento, anche l’equa ripartizione dei relativi pesi e delle politiche di inclusione e tutela sociale, la rimozione dei privilegi corporativi, e quelle politiche di sviluppo, valorizzazione, liberazione delle energie e delle capacità italiane, che diano alle cittadine e ai cittadini il senso dell’utilità e della condivisione dei loro sacrifici e la convinzione fondata di stare tutti operando per un futuro e per un’Italia migliori.
Lo scopo del nostro movimento è quello di costruire insieme un progetto comune e assicurare a quest’area la presenza nel Paese e in futuro chissà nel Parlamento, come libera e forte anche da un punto di vista elettorale e quale che sia la futura e più o meno onesta legge che governerà le prossime elezioni, in rapporto di alleanza con le altre forze, movimenti, associazioni, partiti riformatori e riformatrici che condividono il nostro manifesto.
Noi fondiamo il nostro entusiasmo sulla possibilità di costruire un movimento dinamico e concreto degno di questo nome, che si caratterizzi per l’attenzione e le proposte concrete ai fatti dell’economia, del lavoro, dell’impresa, al progresso civile e sociale, ai diritti (ed ai doveri ad essi correlati) delle persone in ogni loro qualità, dei corpi intermedi della società, alla partecipazione democratica dei cittadini, abbastanza distante dall’offerta politica ora espressa.
NOI tutteperitalia oggi ed insieme senza nessuna presunzione di completezza ed in collaborazione con chi condivide le nostre idee, sappiamo bene che costruire quest’area partita da un gruppo al femminile richiede un grande lavoro di elaborazione e di organizzazione, e non può limitarsi al tentativo di mettere insieme delle schegge. Ne sono presupposti criteri di aggregazione innovativi, condotti con spirito aperto e rispettoso di individualità ed autonomie, verificati su convergenze, capacità e comportamenti dell’oggi e del domani, e caratterizzati da un rapporto confederativo ed orizzontale, in termini politici ed in termini territoriali, che valorizzi i caratteri, le specificità di interessi e di campo di azione, le autonomie di tutte e tutti coloro che a titolo individuale o collettivo, contribuiscono a questo processo in movimento.
NOI TUTTE PER ITALIA per costruire insieme una casa nuova della Repubblica Italiana
Noi ci stiamo impegnando per sconfiggere l’antipolitica perchè c’è una componente oggettiva nell’antipolitica innervata proprio nella crisi economica e nei sacrifici richiesti alle famiglie. Contro la politica in quanto tale da tempo è stata scatenata una durissima offensiva mediatica, che si accompagna, come in passato, ad un’azione di taluni settori della magistratura che non sembrano più distinguere tra fattispecie di reati e comportamenti personali discutibili che presentano sicuramente un rilievo politico, ma che non possono essere sanzionati abusando del codice penale.
Al tempo di Tangentopoli c’era un sistema organicamente irregolare, ma esso esisteva anche in funzione dello scontro politico e della divisione del mondo e dell’Italia in due blocchi, anche se poi da esso, nell’ultima fase, scorrevano anche rivoli di corruzione personale. Adesso, invece, abbiamo una parcellizzazione selvaggia della malversazione che vede per protagonisti dei soggetti singoli e delle fameliche reti intersoggettive. In sostanza è in atto una interprenetrazione maligna fra spicchi di società civile e spezzoni del sistema politico. Anche stavolta non c’è una società civile incorrotta e un sistema politico putrido, ma onestà e disonestà, rispetto delle regole e sistematica violazione di esse, rigore e dilapidazione delle risorse attraversano trasversalmente i soggetti economici e i soggetti politici, la società civile e la cosiddetta classe politica.
Di conseguenza è indispensabile oggi intervenire per eliminare i presupposti di tutto ciò, anche tagliando con rigore le risorse pubbliche che sono state riservate al sistema politico. Ma siccome in Italia si passa da un estremo all’altro, il rischio adesso è quello che si arrivi ad una situazione nella quale l’attività politica diventi materialmente impossibile, o possibile solo per chi è personalmente ricco o abbia alle spalle delle fortissime lobbies. In ogni caso, non è né giustificata né accettabile quella sorta di caccia all’uomo o alla donna aperta nei confronti del personale politico, che prende la forma di giudizi sommari, di una vera e propria gogna mediatica e "rottamatoria" ad opera di un giovanilismo troppo spesso fine a se stesso.
Le difficoltà politiche, sociali, organizzative, elettorali e anche etiche vanno affrontate con il rilancio di una forte leadership, e con un movimento radicato nel territorio e nel rapporto con vari settori della società, con una legge elettorale che ridia potere di scelta ai cittadini. Bisogna rimettere in campo una proposta di governance fondata su una leadership di donne e uomini e su gruppi dirigenti, autorevoli per storia ed esperienza ma aperti al ricambio, che siano eletti dalla base; su gruppi dirigenti che coinvolgano più generazioni di donne e uomini e più saperi sulla base del merito, della serietà, delle capacità, del consenso, della competenza e del rapporto col territorio.
Noi seriamente pensiamo a organizzarci in tre centri di direzione movimento - organizzativa al centro, al nord e al sud. D’altra parte un movimento si costruisce non solo sul suo modo di essere, ma su scelte politiche e programmatiche forti e innovative. Allora, la prima scelta è quella dell’aggregazione di tutte quelle idee fondamentali di una analisi condivisa e delle terapie per affrontare la crisi finanziaria internazionale e i serissimi problemi che ha l’Europa. Ecco perché noi ci autodefiniamo LE START UP delle idee e proposte.
*Il quadro economico internazionale, sull’Europa, sull’Italia.
Ad un contesto economico-finanziario di straordinaria difficoltà si accompagna un quadro internazionale tutt’altro che stabilizzato sul piano monetario, finanziario, economico e sociale. In sostanza ci troviamo davanti ad una situazione mondiale tutt’altro che stabilizzata, nella quale la crisi finanziaria si intreccia con un quadro internazionale tutt’altro che solido, nel quale l’egemonia americana persiste ma è resa sempre più debole da serie economiche.
Noi viviamo una fase fuori dall’ordinario, caratterizzata da una profonda crisi finanziaria del capitalismo mondiale nelle sue punte storicamente più avanzate, quella statunitense e quella europea. La via d’uscita è da individuare nel salto di qualità indicato nel documento "Verso una vera unione economica e monetaria", elaborato dai presidenti di Commissione europea, Consiglio europeo, Eurogruppo e BCE, che prevede unione bancaria, economica, politica e fiscale per completare l’unione monetaria in Europa. Cui aggiungere l’introduzione nel mandato della Banca Centrale Europea, attraverso opportune modifiche dei Trattati, oltre all’obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi, anche quello del livello massimo di occupazione e, di conseguenza, la crescita al pari della Federal Reserve Americana.
Tutto ciò si deve realizzare attraverso l’indicazione puntuale di date, percorsi e modifiche dei trattati necessarie, a partire da subito, e comunque entro le elezioni europee previste per metà 2014.
*Che fare in Italia per reagire alla crisi della democrazia e al dilagare dell’antipolitica
E’ fondamentale tornare virtuosi attraverso la crescita, la riduzione del debito pubblico, l’aumento della produttività del lavoro e della competitività dell’intero sistema paese, così da ri-legittimare le istituzioni e avere le carte in regola per tornare a partecipare, nelle condizioni e con le risorse opportune, alla realizzazione in maniera forte, lungimirante e duratura, una volta per tutte, del grande progetto europeo. Nulla da recriminare nel corso dei provvedimenti del Governo Monti vero è che rigore però, ha anche prodotto recessione e a sua volta la recessione rischia di rimettere in questione i conti. Per questo bisogna partire da ciò che ha finora è stato fatto da Monti per lavorare sullo sviluppo: rigore e crescita è un binomio che va costruito e realizzato.
Con la lettera del 5 agosto 2011, la BCE aveva chiesto l’anticipo del raggiungimento dell’obiettivo nel 2013 del pareggio di bilancio, al fine di rassicurare i mercati e si era adempiuto prontamente, in agosto, con la manovra correttiva dei conti pubblici per 64 miliardi di euro. Il peggioramento della congiuntura nell’intera eurozona nell’autunno 2011, tuttavia, aveva richiesto un ulteriore intervento correttivo, cui ha provveduto il governo Monti con il decreto "Salva Italia", per 63 miliardi di euro. Manovra, quest’ultima, che ha contribuito solo per il 20% al risanamento dei conti pubblici in vista del pareggio di bilancio nel 2013, su 328 miliardi totali di manovre varate dal 2008, con effetti fino al 2014, di cui l’80% (265 miliardi) ad opera del governo Berlusconi.
Per quanto riguarda la nostra presenza in Europa, va anche detto che nei confronti dei profondi limiti e degli orientamenti unilaterali assunti dalle politiche monetarie ed economiche europee, eccessivamente rigoristi, sarebbe auspicabile che, all’interno del PPE, il Paese faccia sentire la sua voce: la partecipazione al PPE non deve consistere solo nell’ottenere qualche carica ma nel dare un apporto critico per contribuire a modificare gli orientamenti del PPE finora eccessivamente subalterni alla linea della CDU. La crisi in atto è anche espressione di una debolezza di governance che non è solo europea, ma anche italiana.
*Affinché tutte le manovre che si sono realizzate non siano divorate dai mercati e rese dunque inutili, la prima riforma strutturale da fare è quella dell’architettura costituzionale, dei motori della decisione e della credibilità futura.
L’evoluzione della nostra storia politica ci indica una soluzione. I partiti da soli non riescono a disciplinarsi, è necessario che i cittadini possano investire qualcuno della specifica responsabilità democratica di mantenere il motore funzionante anche nel medio periodo. La soluzione può essere il semi-presidenzialismo con elezione popolare e diretta del capo dello Stato. Che, inoltre sarebbe l’equilibrato contrappeso per l’improcrastinabile compimento del federalismo anche sul piano fiscale e dell’organizzazione parlamentare. Diamo un doppio fortissimo segnale: verticalizzare la governance, eleggendo direttamente il Presidente della Repubblica, assicurando una guida stabile e democraticamente legittimata alla politica italiana. E cambiare la politica economica, attaccando il debito: la vera grande anomalia e debolezza dell’Italia Ci illudiamo se pensiamo che il ricorso a soluzioni eccezionali, come governi tecnici o di alleanze di scopo , possano compensare questi effetti.
L’Italia ha bisogno di una riforma elettorale che razionalizzi il bipartitismo/bipolarismo e rafforzi la stabilità dei governi e la presenza delle donne in parlamento e ai vertici delle istituzioni. Una legge elettorale che ottimizzi crescita e benessere, riduca l’intollerabile frammentazione politica, renda la politica comprensibile e trasparente.
E’ indispensabile approvare una nuova legge elettorale che garantisca che le/i parlamentari non siano nominati dai partiti e che l’attuale premio di maggioranza sia modificato in virtù del controllo del Parlamento anche a coalizioni fortemente minoritarie nel paese.
*Occorre intervenire in maniera decisiva per una nuova politica economica e per modernizzare il paese. Per farlo tornare a crescere assieme all’Europa. Cambiare la politica economica si può e si deve. Significa conciliare due esigenze. La prima è quella di non tornare indietro, dopo gli impegni presi e le conseguenze negative sopportate, rispetto agli obiettivi fissati di pareggio di bilancio, ma prestando la massima attenzione a non mancare l’obiettivo per "eccesso di rigore" . C’è lo spazio in sede di riforma fiscale e altro spazio si può trovare, come del resto si stava facendo da anni, in sede di riforma della Pubblica amministrazione o,in sede di Spending review. L’obiettivo fondamentale è quello di continuare la pressione in sede europea per un mutamento di politica economica. Su questo terreno il governo è senza dubbio riuscito a trovare spazi di autorevolezza notevoli perché supportato da una maggioranza politica in Parlamento senza precedenti. Si tratta di continuare a utilizzarla in modo coerente con l’azione della BCE,la cui politica monetaria espansiva tuttavia viene sterilizzata
dall’eccesso di rigore restrittivo nelle politiche di bilancio che ancora domina a livello europeo.
Se la crisi economica e finanziaria non è ancora stata risolta, ciò è dovuto proprio alla difficile trasmissione della politica monetaria. Se, infatti, la politica di bilancio è eccessivamente restrittiva, non solo depotenzia l’effetto espansivo di un aumento della liquidità, agendo in senso contrario, ma, determinando aspettative negative, impedisce alla liquidità di trasmettersi all’economia reale.
La liquidità non si trasforma, dunque, né in credito a imprese e famiglie da parte del sistema bancario, che utilizza la maggiore quantità di moneta disponibile per rafforzare i propri standard di patrimonializzazione intaccati dalla crisi economica, né in investimenti (e conseguenti assunzioni) da parte delle imprese, né, infine, in consumi da parte delle famiglie, che nell’incertezza propendono più per il risparmio. Ciò significa che la riduzione dei tassi di interesse inseguita dalle banche centrali non determina livelli di reddito più elevati, come invece previsto quando i canali di trasmissione di un’espansione monetaria all’economia reale funzionano.
Il disegno complessivo della riforma fiscale in direzione di un sistema pro-crescita è determinante Ne abbiamo la possibilità attuando, inoltre, secondo le scadenze già previste, il Federalismo fiscale, in un processo di razionalizzazione della spesa, da integrare con la Spending review, di responsabilizzazione degli enti territoriali e di passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard, in un ambito di sostanziale revisione della riforma del titolo V che tanti problemi ha creato alla funzionalità delle istituzioni una riduzione strutturale, in 5 anni, del debito pubblico per almeno 400 miliardi di euro (circa 20-25 punti di PIL) come valore obiettivo, così da portare sotto il 100% il rapporto rispetto al PIL, al fine di ridurre, nello stesso arco temporale, la pressione fiscale di un punto percentuale all’anno (dal 45% attuale al 40%) e rilanciare gli investimenti.
E’ necessario dare seguito al piano di progressiva riduzione degli incentivi statali alle imprese per finanziare contestualmente la totale eliminazione dell’IRAP (gettito 30-35 miliardi), in un contesto di impatto neutro sui conti pubblici. Ed è fondamentale ridefinire le imposte sulla prima casa, per tornare all’IMU come prevista nell’ambito del Federalismo Fiscale: a decorrere dal 2013, escluse le abitazioni principali, direttamente riscossa dai Comuni, in sostituzione dell’ICI e della componente immobiliare di IRPEF e relative addizionali. Ciò stimola il settore delle costruzioni e, di conseguenza, l’intera economia. Gli investimenti in edilizia hanno il più alto coefficiente di attivazione. Investimenti nel settore immobiliare vogliono dire crescita e occupazione.
Infine, la riduzione della pressione fiscale e un conseguente miglior rapporto fisco-contribuenti consente l’emersione dell’economia sommersa, che in Italia ammonta a 540 miliardi.
Con questo metodo di analisi di tutte le altre azioni concrete riformatrici in direzione di una liberalizzazione dell’economia, come l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha segnalato al governo e al Parlamento nella relazione del 2012 in 72 punti, in tema di servizi pubblici locali, energia elettrica e gas, trasporti, settore bancario e assicurativo, servizi professionali, sarà possibile capire meglio il grado di continuità e di discontinuità che è necessario proporre per il futuro. Aiutando le imprese e il mercato, sostenendo l’imprenditoria femminile noi possiamo guardare al futuro.
* NOI : Tutteperillavoro
Noi consideriamo il lavoro non solo fonte di reddito ma la risorsa con il quale ognuna e ognuno può esprimere le proprie potenzialità, migliorando la personalità e così anche le comunità di appartenenza, dalla famiglia all’impresa, dal territorio alla nazione; il senso del lavoro presuppone quindi il senso della vita nella relazione con gli altri; il lavoro con gli affetti ed il riposo, componente essenziale della vita di ciascuna persona, di tutte le persone perché noi siamo convinte che la vita si realizza quindi nella società unita e propositiva
Il lavoro per noi è responsabilità ,sicurezza,flessibilità e conciliazione,aiuto alle imprese soprattutto alle piccole imprese e a quelle femminili e autonome secondo un necessario equilibrio di diritti e di doveri; per questo esso è fondamentale coinvolgimento dei lavoratori e delle lavoratrici nella vita dell’impresa sia privata che pubblica perché è comunità di interessi e di valori dove tutti si possono riconoscere ed accettano condividendo non solo le fatiche ma anche i risultati attraverso la flessibilità organizzatoria legata anche al salario premiale, la solidarietà nelle difficoltà transitorie, provvidenze integrative per sé ed i componenti del nucleo familiare. Quando il rapporto fiduciario o l’equilibrio economico si interrompono, a determinate condizioni e tutele, con la sola eccezione delle ragioni discriminatorie,si deve poter arrivare alla risoluzione del rapporto di lavoro affinché l’impresa continui, attraverso la coesione e l’efficienza, a crescere ed assumere: è questa la ragione per la quale dobbiamo promuover la dimensione comunitaria e solidale dei territori attraverso la collaborazione delle istituzioni con le organizzazioni dei lavoratori,degli imprenditori,le associazioni in funzione dell’occupabilità e dell’inclusione.
In questa situazione eccezionalmente difficile per la conservazione e la creazione di occupazione è indispensabile fissare la responsabilità in capo alle istituzioni statuali e regionali, alle organizzazioni dei lavoratori e degli imprenditori, alle stesse persone ed è per questa ragione che reputiamo indispensabile un forte accordo tra tutte le parti sociali .Noi apprezziamo ciò che si è riusciti a realizzare, se pur in parte. La sicurezza in termini di straordinari investimenti pubblici nel sostegno al reddito degli inattivi, in un mercato del lavoro più efficiente e trasparente attraverso il collocamento liberalizzato e il monitoraggio dei mestieri richiesti .In opportunità educative e formative e alle relative riforme, soprattutto nella detassazione dei salari collegati alla produttività, nelle maggiori capacità della contrattazione aziendale, nella tutela della salute nei luoghi di lavoro secondo criteri più sostanziali e meno burocratici; nell’emersione del lavoro sommerso attraverso modalità semplificate come i voucher e migliori attività repressive degli illeciti; nella maggiore sostenibilità del sistema previdenziale in forza delle nuove regole sull’età di pensione.
E poiché siamo consapevoli che queste proposte comportano il reperimento di risorse siamo per rilanciare la proposta di cessione di immobili pubblici con la creazione di un Fondo che serva a rilanciare politiche di sviluppo
Noi tutteperItalia affermiamo alcuni principi generali a cui ispirare le nostre START UP in movimento incardinate nei principi della Costituzione:
lo Stato deve assicurare l’essenziale a tutte e tutti e dare più solo a chi ne ha bisogno; regolare i comportamenti delle cittadine e cittadini, non sostituirsi alla loro autonoma iniziativa per risolvere i loro problemi e garantire l’eguaglianza delle opportunità. Ciò significa che ad ognuno spettano le medesime condizioni di partenza, ma anche gli strumenti per non essere emarginato durante il cammino. Le politiche sociali non devono assuefare la persona all’assistenza, ma riattivare le sue possibilità di procurarsi il necessario in piena autonomia ed autosufficienza. Il concetto di "pubblico" non coincide necessariamente con "bene fornito dallo Stato". Si possono perseguire finalità di interesse pubblico e generale anche con forme privatistiche, più adatte ed efficaci sul piano della gestione. Lo Stato deve incoraggiare la solidarietà tra le ed i cittadini, all’interno delle comunità a cui appartengono e la sussidiarietà.
Ciascuna persona è responsabile della propria condizione e del proprio futuro.
Per essere equa una politica di welfare non può gravare eccessivamente sulle generazioni in attività che ne assicurano il finanziamento. Non vi può essere sicurezza sociale a debito e a carico delle generazioni future, non si può progredire veramente spendendo oltre le proprie disponibilità. Il presente non è consegnato dalle madri e dai padri ma preso in prestito dalle figlie e figli alle ai quali dobbiamo restituirlo.
E NOI DONNE UOMINI DI BUONA VOLONTA’ SIAMO QUI PER QUESTO