Un buon anno non si nega a nessuno ma il 2018 si è chiuso con una manovra da delirio
Alessandra Servidori
Né rigore né crescita. Il governo giallo verde ha perso la scommessa contro l’Europa, e “vince” quella contro l’economia :tassa le forze produttive e sussidia la gente per non lavorare. E’ così che questo Governo massacra quell’Italia civile, educata, rigorosa, autenticamente democratica, aperta al mercato, sottoposta alla dura ma premiante legge del merito e della concorrenza, che giocoforza si contrappone ad un’Italia qualunquista, integralista, bigotta, incompetente, che campa di spesa pubblica, avversa la scienza e si esalta per ogni forma di giustizialismo salvo quando non è a proprio danno. Questo governo non solo predica “male” – nel senso che vellicano i bassi istinti infarcendo i loro discorsi di fake news – ma razzolano peggio, come hanno dimostrato in questi 7 mesi di governo, e in particolare portando a casa il record di tre fiducie di seguito per approvare la legge di Bilancio come nessun governo nelle 18 legislature della Repubblica era mai riuscito a fare.La spesa pubblica corrente usata per comprare consenso a fronte di pochissimi investimenti in conto capitale e nessuno strategico, la pelosa “generosità” nell’abbassare (anziché elevare) l’età della quiescenza sottacendo che così i giovani si ritroveranno pensioni da fame, il welfare declinato in chiave assistenziale con distruzione di risorse a pioggia, oggi sotto forma di reddito di cittadinanza. Disastrosa la gestione della manovra. Disastrosa per i contenuti della finanziaria, che da manovra per lo sviluppo che doveva essere – e che non è mai stata – è diventata, con tagli per quasi 10 miliardi tutti dal lato degli investimenti, manovra pro recessione, visto che la previsione di crescita per il 2019 dello 0,9% – peraltro ottimistica – è del 40% inferiore all’1,5% indicato nella Nota di aggiornamento al Def di settembre e riconfermato nella prima stesura della legge di bilancio. Disastrosa per la modalità con cui il governo si è rapportato all’Europa, della serie dovevamo suonargliele e siamo stati suonati. E disastrosa adesso, a cose fatte, per l’evidente incapacità che i due vice e Conte stanno dimostrando di saper riconoscere gli errori commessi, ignorando che per gli italiani, più smaliziati di quanto non si pensi, è molto peggio tentare di gabbare una sconfitta per una vittoria che non ammettere l’insuccesso. Le evidenze negative più clamorose rispetto ad una manovra contro lo sviluppo è la stretta sul credito d’imposta per le attività di ricerca e sviluppo(comma 70): il tetto massimo scende a 10 milioni di euro (dai precedenti 20 milioni), e l’aliquota resta al 50% solo per alcune attività e tipologie di spesa (ad esempio, il personale), ma scende al 25% per altre. Per le imprese che investono in Industria 4.0 non c’è più il superammortamento sull’acquisto di beni strumentali nuovi, mentre resta l’iperammortamento sugli investimenti 4.0, con una rimodulazione che è favorevole alle PMI ma non alle altre imprese. Proroga 2019 inserita nel corso del passaggio parlamentare anche per il credito d’imposta alla formazione 4.0, che viene a sua volta rimodulata, sempre a vantaggio delle PMI: passa al 50% per le piccole imprese, resta al 40% per le aziende di media dimensione, in entrambi i casi con tetto a 300mila euro, mentre scende al 30% per le grandi imprese, con limite di spesa a 200mila euro. E ancora : tagli agli investimenti per oltre un 1 miliardo nel 2019,aumentano le tasse alle aziende per più di 7 miliardi,aumentano le tasse locali: più care IMU, TASI e addizionali IIRPEF ; tagli a ricerca, cultura, editoria,tagli alle pensioni da 1.200 euro;raddoppiano le tasse per il volontariato,tagli di 2,3 miliardi di euro per le ferrovie e di 300 milioni al trasporto pubblico locale,tagli ai fondi per musei, cinema, teatri, biblioteche,Condono fiscale per gli evasori,Meno trasparenza per gli appalti pubblici. Insomma la riduzione degli investimenti, il blocco delle assunzioni, il mancato adeguamento delle pensioni al costo della vita, l’aumento della tassazione sul volontariato, il disinvestimento nella scuola e nella sanità pubblica sono solo alcuni dei punti di maggiore sofferenza di una manovra che non servirà al Paese e che farà pagare un prezzo enorme ai lavoratori, alle famiglie e alle imprese.