La Grecia è anche affar nostro: eccome!
In questi giorni la palla del consenso del giovane toscano continua a cercare di far rete e distogliere lo sguardo dalla squadra disordinata e dalla partita che si sta affrontando. Così si passa dall’obiettivo Quirinale alla scuola riformata, tralasciando ancora una volta la riforma della giustizia e dei decreti attuativi sul lavoro di cui si discute nelle segrete stanze, in mano ai pochi e fidati uomini del Presidente che di pasticci per inesperienza, comunque, continuano a farne. Vedi appunto il decreto fiscale.
Allora mettiamo in fila le questioni legate alle riforme intraprese che Non ci piacciono come appunto la riforma Costituzionale che sta producendo con una sola Camera, un Senato settario di cravattari locali e senza principi di riequilibrio di genere. Un sistema di autoritarismo imperante, con una legge elettorale che prevede un premio di maggioranza del 15% alla prima lista, i capilista nominati e non eletti, senza la riforma dei partiti prevista appunto dalla Costituzione art. 49 con una reiterata selezione della classe dirigente come avviene oggi di cortigiani e cortigiane del padrone. Dunque il frenetico Speedy Gonzalez fatto Presidente che ha come compagno di ventura un Bip Bip che lo rincorre affannato e in età, dovrebbe -almeno per non inciampare-, fermarsi a spiegare, in questo inizio anno che si è annunciato pieno di grane, come stanno le cose di fronte alla vittoria certa di quel greco Tsipras che ha in Italia una notevole pattuglia di seguaci che si stanno accampando ad Atene per sostenerne la candidatura.
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Dall’io al noi, ma continuando a sbagliare soprattutto per le PARI OPPORTUNITA’. Non sono né smarrita né tantomeno rassegnata. In questo fine e inizio anno ritorna il tempo della lettura che non è ozio, ma è piacere sublime di leggere tenendo in mano la carta senza il riverbero inquietante del computer, scegliendo accuratamente di che arricchire la mia conoscenza. Così approfondisco la strategia reale del sentimento di sfiducia alternato al risentimento che trasuda dai commenti sia di alcuni ”intellettuali giornalai” in antitesi alle varie correnti di pensiero dei telegiornali politicamente di parte.
L’era renziana e berlusconiana in stretta accoppiata continua a dominare con rappresentazioni che rasentano l’umorismo una realtà che è ben compresa dagli italiani e sottolineata con la spregiudicatezza di una conferenza stampa di fine anno che ha messo solo in evidenza – se mai ce n’era bisogno- un accordo tra i due che è difficilmente virtuoso. Il cambio al Quirinale dominato da ansia e incertezza, la barra del comando mal stretta in mano al giovane toscano e all’anziano milanese, la situazione naviga in un processo riformatore confuso: Senato, legge elettorale, lavoro per niente risolti, anzi falsamente e confusamente rimescolati, giustizia non ne parliamo proprio e al grido “Riportiamoli a casa!” ai due Marò si aggiungono le due giovani rapite dall’Isis.
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Cosa non cambia o cambia nella Pubblica Amministrazione
La verità soltanto la verità. Cerchiamo di spiegare il dilemma/diatriba JOBS ACT pubblico e privato ( e come dice una pubblicità in voga in questi girono :” ma parliamo italiano!") E dunque, REGOLE DEL LAVORO: si estendono o non si estendono ? Questa la domanda che le e gli italiani si stanno facendo in questi giorni e la confusione che si è generata tra ministri addetti ai lavori e grilli parlanti.
Noi lo diciamo subito: siamo d’accordo con Pietro Ichino e con il “lavorare per una unificazione tra le regole del diritto del lavoro pubblico e privato”, anche se capiamo bene che la strada è ancora lunga e complicata. Cerchiamo di chiarire semplicemente perché la materia non è automaticamente estendibile al pubblico impiego, dove, non è prevista la fattispecie del licenziamento economico, tanto meno di carattere individuale. Solo nei licenziamenti collettivi vi è una particolare normativa sulla mobilità che potrebbe, con caratteristiche differenti e specifiche, essere equiparata alla funzione svolta, nel settore privato, dalla procedura prevista per i licenziamenti collettivi, ma ne parliamo in seguito.
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IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA fa marcia indietro sulle depenalizzazioni. A volte dunque il ravvedimento operoso (forse) funziona anche per il Governo. Abbiamo criticato la notizia dell'approvazione da parte del Consiglio dei ministri di uno schema di decreto legislativo in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ma pare che il Ministero della Giustizia in data 23 dicembre abbia ritenuto opportuno fornire alcune precisazioni in ordine alla tenuità del fatto. E dunque correggere il Decreto Consiglio Ministri. Nel comunicato si evidenzia che "L’articolo 1 comma 2 di questo decreto ha introdotto nel codice penale, con l’articolo 131 bis, un nuovo istituto: il giudizio di particolare tenuità del fatto, che si basa su due indici-criterio da cui non è possibile prescindere:
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la particolare tenuità dell’offesa
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la non abitualità del comportamento dell’agente.
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Era arrivata di notte la notizia e noi ci siamo attrezzate per capire ed essere informate e farci un’opinione. Si tratta di un Decreto del Consiglio dei Ministri varato, appunto, in notturna il 1 Dicembre, testo del Decreto legislativo di attuazione della Legge delega 28 aprile 2014 che prevede, di fatto, la cancellazione, ma qualcuno lo chiama erroneamente depenalizzazione, di alcuni reati definiti lievi. Tra questi, solo per citarne alcuni, la truffa, l’istigazione a delinquere, l’evasione, l’omicidio colposo, il furto, la malversazione ai danni dello Stato, lo stalking, il massacro di animali, gli assassini della strada ecc.
Lo stesso Consiglio dei Ministri non ha invece trovato il tempo di discutere della riforma del processo civile e della prescrizione. Di fronte a simili provvedimenti che dimostrano, ancora una volta, quanto lontana sia la politica dall’ esigenza di certezza della pena e dal bisogno di sicurezza dei cittadini e delle cittadine proviamo un forte senso di disagio nel continuare a portare nelle scuole messaggi di educazione alla legalità e fiducia nelle Istituzioni. Fra questi reati rientrano le percosse, le lesioni personali semplici.
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Meno 11 alla fine del disastroso 2014 e sentiamo un baldanzoso Paolo Gentiloni attuale Ministro degli esteri nonché candidato inutilmente al Quirinale che intervistato dalla brava Monica Maggioni afferma : “CE LA FACCIAMO E ALLA GRANDE!” Nessuna pietà per il rispetto per le italiane e gli italiani! Con un 2014 con un calo del pil di mezzo punto – il che porta a oltre il 10% la perdita di ricchezza nei 28 trimestri trascorsi da inizio 2008, di cui 17 con il segno meno – con un quarto della capacità produttiva andata distrutta e con la disoccupazione (se si considera anche la cassa integrazione) al 14,2%, pari a 8,6 milioni di persone a cui manca totalmente o parzialmente il lavoro. Non abbiamo affatto sistemato i nostri conti pubblici – nonostante i sacrifici che l’Europa ci ha imposto – visto che il debito pubblico, vera palla al piede del nostro sistema economico, è aumentato sia in valore assoluto (a ottobre era a 2.157,5 miliardi, oltre 11 sotto il record storico di 2.168,75 miliardi toccato a giugno ma ben 90 in più di dicembre 2013 e 168 in più di fine 2012) che in rapporto al pil (oggi è al 133%, un anno fa, con Letta a Palazzo Chigi, era al 128%).
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Facciamo il punto : le manovre mancate e il pendolo del jobs act .
Un natale rosso di guerra e ancora guerra e ancora guerra nel PD. Dopo la serrata dello sciopero generale, prova di forza di antica memoria, continuiamo a riflettere dando consigli non richiesti e soprattutto possibili soluzioni. Renzi deve decidersi a ridurre e subito la spesa corrente nella Pubblica Amministrazione, a cominciare dalle Regioni che sono il rubinetto spalato della spesa pubblica e ancora oggi fuori controllo nonostante gli scandali indecenti. Da un conto reale e non immaginifico con i risparmi che si trarrebbero circa 40 miliardi, questi servirebbero a non solo congelare, ma a ridurre le tasse sulle famiglie e imprese. Poi la nostra reiterata proposta di una vera privatizzazione con uscita dalle partecipate pubbliche e un programma di dismissioni di patrimonio pubblico (caserme etc…) investendo il ricavato per abbattere il debito che ci trasciniamo e che aumenta spaventosamente. E poi un accordo con la Ue, un piano di investimenti con emissione di Eurobond per cinquecento miliardi veri e freschi e non finti come ha promesso Juncker, poiché è evidente che la BCE di Mario Draghi non avendo uno stato unitario alle spalle ha degli obbiettivi limiti di azione e se non ha un minimo di certezze non si muove.
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La scuola italiana e il flop della consultazione on line: ricordiamoci cosa prevede la nostra costituzione e assumiamoci la responsabilità di applicarla.
Poche pochissime risposte ai questionari in rete sulla Riforma che Renzi dice “Essere la speranza del nostro Paese”. Dei 7,8 milioni di studenti e studentesse che frequentano la scuola italiana e gli 800mila professori solo centomila i questionari compilati. Certo stanchezza e frustrazione dominano le aule italiane di una scuola alla quale si pensa,nella legge finanziaria, a risorse mirate alla messa in ruolo di oltre 250mila insegnanti ( senza nessuna garanzia di qualità e così sale inutilmente il rapporto alunni/insegnanti) e il restailing dei muri e non ai contenuti da trasmettere ai nostri giovani. Come si può credere in una scuola con un sottosegretario che sostiene le occupazioni con motivazioni demenziali e cancella il lavoro dei precedenti ministri Moratti e Gelmini con un vigore ideologico e demagogico incomprensibile, dirigenti scolatici che vietano i simboli cristiani e una proposta che configura la conclusione drammatica di aziendalizzazione della scuola italiana statale. Una scuola dove lo Stato istituzione non garantisce più il merito , ma diventa una agenzia di servizi a domanda individuale una scuola non più fondata sui principi della democrazia scolastica sul pluralismo pubblico e privato e sulla libertà di insegnamento : non abbiamo bisogno di un autoritarismo dirigenziale che domina ampliando discrezionalmente la sperequazione tra istituti scolastici, a seconda di indirizzi, territori, destinatari; annulla il principio pedagogico della collaborazione collegiale e del lavoro condiviso, configurando una figura di insegnante-monade, che impegna le proprie capacità per costruire una carriera che gli garantisca di prevalere sugli altri economicamente e nella collezione dei crediti; un docente che sceglie le proprie sedi per potersi affermare, un docente che valuta ed è valutato non già in base al mandato che la Costituzione gli ha implicitamente affidato , cioè favorire la cittadinanza consapevole. Non è questa la scuola italiana che serve ai giovani: dobbiamo ricominciare a trasmettere i valori della cultura del sapere dello studio della responsabilità perduta.
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L’ILO e i salari : dal Rapporto presentato il 5 Dicembre una analisi puntuale e molto molto severa. Aumentano le disuguaglianze e tra le persone le più penalizzate ci sono le donne.
Secondo il Rapporto globale sui salari 2014-2015 dell’ILO, la crescita dei salari ha subito un rallentamento, passando dal 2,2 per cento del 2012 al 2,0 per cento nel 2013. Un dato ancora lontano dal 3,0 per cento del periodo precedente alla crisi. Per quanto modesta, la crescita dei salari globali è stata quasi interamente trainata dalle economie emergenti del G20 dove si è registrato un aumento del 6,7 per cento nel 2012 e del 5,9 per cento nel 2013. Invece, nelle economie sviluppate, la crescita media dei salari ha fluttuato intorno all’1 per cento l’anno a partire dal 2006 ed è ulteriormente rallentata nel 2012 e nel 2013, con un aumento rispettivo dello 0,1 per cento e dello 0,2 per cento.
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Il rapporto Censis, spiegato da quel garbato gran maestro del prof De Rita, ci mette di fronte ad una durissima verità, una sconfortante e avvilente fotografia di un paese massacrato da noi stessi, incapaci di far vivere quel senso di responsabilità e impegno sociale eredità dei nostri genitori che lo hanno risollevato dalle macerie di guerre devastanti. Alcuni passaggi sono fondamentali.
Dove e perché sta diventando difficile nascere in Italia. Il nostro Paese presenta uno dei tassi di natalità più bassi a livello europeo: 8,5 bambini nati per 1.000 abitanti. Nel 2013 si è raggiunto il minimo storico dei nati (514.308) dopo il massimo relativo di 576.659 del 2008, con una riduzione di circa 62.000 nati. E l'età media delle donne al parto (31,4 anni) è tra le più alte in Europa. Al Sud si registra una natalità più bassa di quella del Nord e del Centro a causa del minore effetto compensatorio della fecondità delle straniere. Ma pesa anche la maggiore incertezza occupazionale ed economica. Tra le cause della scarsa propensione degli italiani ad avere figli, le cause economiche vengono citate nella maggioranza dei casi (85,3%), soprattutto al Sud (91,5%).
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Passata la buriana dello shock del “non risultato” , facciamo una pensatina a fondo anche perché, il gruppo che ha un nome che è tutto un programma, “Accordo di democrazia paritaria”, si è dato appuntamento per il 3 dicembre per un confronto sul “Sol dell’avvenir al femminile” e qualche cosa dovremo pur trovare che ci accomuna. Cominciamo dal dato complessivo : nelle elezioni regionali dei record (per la prima volta il numero degli astenuti – 2,1 milioni – ha superato quello dei voti validi, 1,2 milioni; il 37,7% di affluenza registrato domenica è inferiore al picco negativo del 40,9% registrato alle regionali sarde; per la prima volta un presidente di Regione viene eletto con una percentuale inferiore al 50%) i vincitori sono i leghisti, che doppiano Forza Italia, cedendo solo l’1,7% alla sinistra e solo l’1,9% al Nuovo Centrodestra. Il risultato del carroccio, è l’aver conservato il 65,9% dei voti che aveva conquistato alle europee e strappando voti a tutti gli altri.Il partito che perde di più è il M5S: 284.480 voti ceduti all’astensione, il 69,2% del bottino europeo, con il 4,7% che va alla Lega e l’1,7% alla sinistra. Unica consolazione, il +25% rispetto alle regionali del 2010. Secondo si piazza il Pd, che ha conquistato due governatori su due, ma che consegna all’astensione quasi la metà del suo risultato europeo (il 49,6%), il 3,4% alla sinistra, alla Lega il 3,8% e al M5S l’1,7%.
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Il giovane Presidente del Consiglio, cresciuto a pillole di politica, sta misurando il suo consenso e saranno i risultati delle elezioni di domani in Emilia Romagna, fortino storico rosso sangue di bue, e in Calabria dove i noti fatti di malaffare contaminano da sempre ogni giornata, la misura vera e concreta, seppur parziale, della partecipazione e del consenso attraverso il voto.
Renzi ha scorribandato su e giù per il mondo e per l’Italia tenendo una visibilità mediatica altissima. Ma tant’è oggi conta di più l’apparire che essere e la dimostrazione che è questa la caratteristica dominante è l’affermazione che molte donne fanno : “Sai Alessandra, avere un posto di visibilità oggi significa avere potere “. Ma signore mie non basta ! Bisogna avere prima di tutto competenza e dare risultati nel ruolo ricoperto! Altrochè ! Quale che sia il giudizio che si vuole dare ai provvedimenti dell’esecutivo, è inevitabile che il risultato vero su cui questo governo è misurato, come qualunque altro lo sarebbe, è la fine della recessione e l’inizio della ripresa economica. E qui non ci siamo. Cambiamento e modernità contro conservazione e residuati ideologici ? I risultati che tardano, fanno dubitare e il clima politico è molto acceso, anzi, esplosivo.
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Le ipotizzate dimissioni di Napolitano hanno fatto ad alcuni paura , è apparso un baratro davanti a noi. Ma siamo italiane e italiani democristiani,berlusconiani, renziani, liberali, socialisti eccc,dunque conviviamo con la trasversalità e non necessariamente con le politiche totalizzanti dal vago sapor renziano e ancora troppo contaminate dall’ideologie comuniste. Dunque non moriremo renziane ma sicuramente ci poniamo il dilemma : come aggregare l’elettorale moderato Il Presidente faccia un ultimo sforzo. Si dimetta dopo aver sciolto le Camere ed aver indetto nuove elezioni. La parola spetta al popolo. Il renzismo nato da una costola del ventennio berlusconiano ,mito del leader unico,evocazione ridicola dell’ottimismo bugiardo, insofferenza del partito , scelta dei dirigenti e parlamentari con il criterio della fedeltà ,idolatria ed estetica,senza autonoma identità,non ci piace e ci poniamo l’obiettivo di chiarire che non essendo i moderati né di destra né di sinistra noi non desideriamo essere né conformisti né sudditi, né tantomeno cerchiobottiste.
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Mi rifiuto di cadere nella sindrome da rassegnazione impotente : la settimana che ci lasciamo alle spalle è stata dominata dal ricordo della caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 e abbiamo fatto bene come giornali e televisioni a replicare quelle immagini di gioia e disperazione che hanno segnato un evento epocale. Abbiamo fatto bene perché ai nostri giovani venisse raccontato cosa ci ha insegnato la storia recente. Una storia ricca di valori con la vittoria dell’ordine liberale su quello socialista; con l’avvento della scomparsa del bipolarismo Usa-Urss e la dissoluzione della frattura Est-Ovest; e, carne della nostra carne sul piano europeo, un nuovo equilibrio tra le potenze e un rinnovato slancio d’integrazione e su quello interno tedesco, con la rinascita di una Germania nuovamente unita.
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9 donne sul totale dei 28 commissari
Il nuovo collegio avrà sette vicepresidenti, che coordineranno il lavoro di vari commissari in funzione delle esigenze e dei progetti. Il numero complessivo di donne porta la percentuale femminile al 32%.
Vera Jourova della Repubblica Ceca è stata nominata commissaria per la Giustizia, consumatori e parità di genere.
Italia : CONCILIAZIONE E LAVORO PUBBLICO: il Disegno di legge del 10 luglio 2014 sulla riforma della Pubblica amministrazione, presentato dal Primo Ministro Renzi di concerto con il Ministro Madia, è all’esame in commissione Senato
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