Demenziale tagliare la formazione di Industria 4.0
Alessandra Servidori
Il Testo deludente della manovra fiscale fa emergere sulla proroga di Industria 4.0 la fine degli incentivi per la formazione 4.0: è uno degli aspetti dei tagli del Piano Calenda proprio sul tema delle competenze, la scelta di eliminare gli incentivi per la formazione, uno dei pilastri del progetto di digitalizzazione delle imprese che puntava a sviluppare le competenze del personale a fronte della sempre più innovativa tecnologia richiesta dalle organizzazioni per restare competitive è demenziale.Vuol dire snaturare l’impianto stesso del piano originale che prevedeva due linee di intervento: da una parte gli incentivi per aiutare le aziende ad acquistare le tecnologie e dall’altra quelli per sostenere le imprese a utilizzare soluzioni digitali sempre più complesse. E la presa di posizione del Ministrp Toninelli- che dice che non ne sapeva niente- è ancora più delirante. La bozza della proroga prevede infatti che il credito di imposta per la formazione – inserito un anno fa in via sperimentale per il 2018 e quindi valido fino al 31 dicembre – venga dismesso in favore delle agevolazioni per le assunzioni temporanee dei manager chiamati a occuparsi di innovazione digitale. Avevamo puntato molto sul credito di imposta sulla formazione, perché consideravamo l’assenza delle competenze 4.0 in azienda come il vero collo di bottiglia per gli investimenti. Dietro questa scelta c’è un importante devastante messaggio politico da non sottovalutare: ciò che traspare è il disinteresse nei confronti della formazione e quindi delle persone.L’inversione di tendenza rischia di compromettere i primi benefici del piano 4.0, visto che tecnologie e competenze dovrebbero procedere in sintonia e con la stessa velocità. Ciò che è a rischio è addirittura la produttività delle imprese: secondo i dati del Politecnico, le aziende 4.0 hanno ottenuto un risultato di +25% in termini di produttività rispetto ai competitor che non si sono aggiornati. Niente male per un Paese in caduta libera dall’inizio degli Anni 2000… La formazione dovrebbe essere una priorità per la società e investire nelle tecnologie digitali vuol dire fare politiche per la crescita e il lavoro. La scelta di prorogare il piano – non farlo sarebbe stato disastroso – sembra cucito addosso alle Piccole e medie imprese che sull’innovazione hanno vissuto un pericoloso periodo di inerzia. Infatti la revisione delle aliquote è una scelta che privilegia le PMI, ma la proroga di un anno di Impresa 4.0 non basta per sostenere una trasformazione culturale del sistema-impresa che richiede un tempo ben più lungo. In molti, non per nulla, speravano in soluzioni strutturali e non ancora provvisorie.Se fino a ieri si poteva replicare ai luddisti 4.0 – preoccupati per la perdita di posti di lavoro generata dall’introduzione di tecnologie sempre più sviluppate – che l’effetto disoccupazione legato all’innovazione digitale sarebbe stato colmato dalla necessità di dotarsi di ‘operatori 4.0’ in grado di ottenere performance migliori dalle macchine, oggi la questione non è più sostenibile e si perdono le tracce degli stimoli a fare formazione. In buona sostanza avremo aziende che possono dotarsi di strumenti molto evoluti, ma senza personale capace di sfruttarne tutte le potenzialità, almeno fino a quando la scuola non sarà in grado di soddisfare la domanda di competenze proveniente dalle aziende. La stessa quarta rivoluzione industriale infatti impone una formazione continua, visto che le 10 posizioni più richieste oggi dal mercato neppure esistevano fino a meno di un decennio fa.Non basta neppure la soluzione di orientare i fondi che prima erano destinati alla formazione all’assunzione di temporary manager. Di certo è una scelta positiva, ma che non risolve il problema, perché in questo modo si inserisce in azienda una sola persona con le competenze, ma più manageriali che tecniche, . E se le nuove aliquote del piano vanno nella direzione di aiutare le PMI (i tecnici del Mise hanno precisato che l’obiettivo è soprattutto la manifattura discreta) questa decisione di puntare su un unico ‘innovatore’ va nel senso opposto perché concentrare l’investimento per l’innovazione su una sola persona non ha lo stesso impatto sulla produttività rispetto alla formazione di 10 persone”. Senza considerare che dotarsi di un Innovation Manager è ben più costoso che formare il personale già presente in azienda.