IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA fa marcia indietro sulle depenalizzazioni. A volte dunque il ravvedimento operoso (forse) funziona anche per il Governo. Abbiamo criticato la notizia dell'approvazione da parte del Consiglio dei ministri di uno schema di decreto legislativo in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ma pare che il Ministero della Giustizia in data 23 dicembre abbia ritenuto opportuno fornire alcune precisazioni in ordine alla tenuità del fatto. E dunque correggere il Decreto Consiglio Ministri. Nel comunicato si evidenzia che "L’articolo 1 comma 2 di questo decreto ha introdotto nel codice penale, con l’articolo 131 bis, un nuovo istituto: il giudizio di particolare tenuità del fatto, che si basa su due indici-criterio da cui non è possibile prescindere:
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la particolare tenuità dell’offesa
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la non abitualità del comportamento dell’agente.
Il primo indice, la particolare tenuità dal fatto, si articola, dice il Ministero, a sua volta, in due ulteriori indici: le modalità della condotta di chi ha commesso il reato e l’esiguità del danno o del pericolo che l’azione ha comportato. Il nuovo istituto, dice sempre il Ministero sempre per come è stato concepito, non sarà dunque applicabile al soggetto che ha precedenti penali e le cui condotte criminose sono quindi reiterate. A tal fine, l’articolo 4 del decreto pare rendere possibile l’iscrizione nel casellario giudiziale dei provvedimenti in materia di particolare tenuità del fatto. Pertanto, anche in caso di archiviazione, del reato di “tenue entità” resterà traccia nel casellario giudiziale al fine di evitare che chi ha commesso uno di questi reati, in caso di nuovo procedimento, possa essere considerato un soggetto non abituale. I due requisiti, tenuità dell’offesa e non-abitualità devono essere presenti entrambi per procedere all’utilizzo del nuovo istituto. Questa combinazione parrebbe escludere di fatto condotte reiterate e qualsiasi offesa rilevante.
L’ambito di applicazione del nuovo istituto è delimitato a tutti i reati puniti con pena pecuniaria, sola o congiunta a pena detentiva, e ai reati rientranti in una cornice edittale non superiore ai 5 anni. Non bisogna tuttavia dimenticare che il criterio della “cornice edittale non superiore ai 5 anni” non è sufficiente, da sola, per definire i limiti del nuovo istituto, in quanto la particolare tenuità dell’offesa arrecata e la non abitualità del comportamento di chi commette il reato sono indici imprescindibili per l’attuazione della norma. Ne consegue che il nuovo istituto non può essere applicato ad alcuni dei reati rientranti nella cornice edittale massima di 5 anni? Vedremo se i maltrattamenti in famiglia (art. 572 comma 1 c.p.), violazione degli obblighi di assistenza famigliare (art. 570 c.p.), abuso di mezzi di correzione (art. 571 comma 1 c.p.) atti persecutori (Stalking) (art. 612 bis c.p.); non sarà applicabile alle ipotesi di furto aggravato punito ex art. 624 bis c.p. (furto in abitazione e furto con strappo). Stessa domanda : vale per i reati contro gli animali e per molti altri reati che prevedano la stessa cornice edittale ? Vedremo.
Alessandra Servidori - 29 dicembre 2014