Le 4 Signore di forza italia fanno primavera
Alessandra Servidori
Le quattro signore di Forza Italia fanno primavera
Silvio Berlusconi ha finalmente ha onorato le figure femminili che in Forza Italia hanno lavorato a testa bassa per anni senza sottomissione strumentale al capo ma riconoscendo in lui l’unico che ancora oggi da vero capitano politico è in grado di dividere l’acqua dall’olio. Così Carfagna,Gelmini,Bernini,Scarsellati, ( e prima di loro anche Prestigiacomo dette prova di fermezza e competenza )siedono sui seggi più importanti del Parlamento alla faccia della parità di genere che in questi anni è sempre stata invocata ma mai perseguita con strascichi di invidia e di confusione tra i luoghi delle donne che non si sono occupati mai di economia e sviluppo del Paese che è rimane in difficoltà. Quattro Signore dai curricula eccellenti alle quali è legittimo chiedere dunque di cambiare passo,senza strappi, ma perché loro sono in grado di farlo : sui temi del lavoro, dell’industrializzazione internazionale, del rigore sul debito pubblico che ci trascina verso il basso, sull’assetto del welfare e delle politiche sociali che hanno cambiato pelle in tutto il mondo tranne che da noi. Le promesse dispensate durante la campagna elettorale, specie in Italia, sono oggi più che mai da prendere con le dovute distanze. Tutto sta per cambiare in fretta per i principali partiti e a maggior ragione tenuto conto della probabilità di un parlamento ingovernabile va presa in mano la situazione. Le promesse e le coperture gridano vendetta e basta studiare con serietà l’analisi condotta dall’Osservatorio sui conti statali e si capiscono i motivi che farebbero decollare il debito pubblico, mettendo a rischio il bilancio dello Stato. In merito alla flat tax proposta dal centro destra soprattutto non si sa dove verranno trovate le risorse e dunque diventa un flop perché mancano all’appello quasi 54 miliardi, che se non saranno coperti, andranno a rimpinguare il deficit e il debito salirà al 135,8% del Pil smentendo l’obiettivo del 112,8%. Per quanto riguarda il superamento del limite del 3% nel rapporto fra deficit e Pil, è un errore bisogna puntare al pareggio di bilancio. Il debito dovrebbe diminuire di 40 punti in dieci anni, cioè al 91,6% del Pil nel 2028. Con un deficit al 3%, per raggiungere l’obiettivo di abbattere il debito di 40 punti ci vorrebbe una crescita nominale (inflazione compresa) nella media dei prossimi 10 anni. Obiettivo piuttosto difficile da centrare, tanto più che i 5 Stelle, promettono ancora ( anche se in maniera più sfumata) circa 103, 4 miliardi di misure. La priorità gentili amiche , è quella di abbattere il debito pubblico: se in campagna elettorale non si è parlato abbastanza di come eliminare il macigno, e si è parlato di aumenti di spesa o di tagli di tasse finanziati in deficit ora i rischi che si corrono con un debito così alto, che ha oltrepassato la soglia del 130% rispetto al PIL sono evidenti. Perchè con una soglia così alta, ci sono tre possibili pericoli: il rischio di attacchi speculativi, soprattutto se si diffonde l’idea che il Governo possa impugnare il debito e dichiarare la bancarotta, come stava per fare nel 2012. Un debito pubblico così elevato non fa crescere l’economia, soprattutto nel medio periodo e un Paese con un debito così alto non può indebitarsi ulteriormente perché come avvertono gli studi internazionali potrebbe ripresentarsi una crisi monetaria ed economica e noi siamo ancora in apnea con il sistema bancario debolissimo (vedi scandali Monte dei Paschi).L’economia italiana nonostante tutto sta crescendo ed è bene approfittare per ridurre la spesa e il debito, piuttosto che per abbassare il carico fiscale. È questo il momento propizio per intervenire al fine di conseguire il pareggio di bilancio. Chi ci governa deve cercare di contenere la spesa per tre anni per raggiungere il pareggio di bilancio e se si volessero ridurre le tasse, allora basterebbe tagliare ulteriormente la spesa.
Come ? bisogna affrontare la questione dell’organizzazione dello Stato, la spesa di gestione delle pubbliche amministrazioni, ma anche degli enti territoriali. Quanti comuni ci sono in Italia, quante Prefetture, quante forze di polizia? La guardia forestale è stata fusa con i carabinieri ma il risparmio è stato zero. Perché si fanno certe cose se non c’è il risparmio? Un tema grosso sono le pensioni: la questione è se si debba in qualche modo ricalcolare il loro livello, ovviamente al di sopra di una certa soglia di reddito ma sopprimere la Legge Fornero è tornare indietro e massacrare i giovani.E poi soprattutto la povertà e la disabilità che aumentano : siamo un paese di anziani che vanno aiutati e sostenuti con forze fresche di giovani al lavoro. Signore di Forza Italia insieme con chi ha a cuore la nostra bella Patria cambiamo passo e saremo una grande e fortissima squadra di governo.
Quando le signore in parlamento sono merce di scambio
Alessandar Servidori
Quando le Signore in Parlamento sono merce di scambio
Sarà quel che sarà è ciò che succede ora in Parlamento è la dimostrazione di una strumentalizzazioni bieca delle donne elette trattate come palline da flipper dai capi politici. Così succede che Anna Maria Bernini stimata avvocato eletta nelle file di Forza Italia buttata in pasto al cavaliere, al posto del principe Romani supponente fidato che avrebbe già dovuto fare un passo di lato, e sulla giostra, comunque consenziente, viene catapultata la signora Casellati , non priva di ambiziosa escalation posto che si è dimessa dal Consiglio nazionale della magistratura in odore di scambio già dopo la sua elezione del 4 marzo. Signore entrambe di ottimo rango ma sempre armi della ritorsione politica tra leader della destra ma di una classe politica che è in declino inarrestabile. Mi indigno certo di fronte a quel che succede in queste ore ,per questo scempio che vede signore stimate nel calderone sul quale noi elettori non esercitiamo alcun controllo. E assistiamo alla disgregazione tra chi pretende di farla da padroni con l’evidente scempio della nomina delle due cariche più importanti con un azzeramento della situazione politica che cambia come un caleidoscopio vertiginoso di ora in ora. Da una parte Berlusconi ,Salvini e Meloni( sempre più apprezzata per il garbo con cui cerca di destreggiarsi tra i due che si contendono la poltrona traballante della destra) l’inesperto Di Maio che parla sempre di meno e lascia il carabiniere Toninelli a tenere il comando;una sinistra frastagliata opaca e sfuggente, mentre la merce in vendita siamo noi. E mentre il FMI ci alita sul collo e la BCE ci vigila potentemente, il nostro debito pubblico sale e nella nevrosi inconcludente si guarda al 2019 , azzardando addirittura il pronostico che si vada a votare il 26 maggio 2019, in concomitanza con le già convocate elezioni europee,comunque con un alto tasso di frammentazione del quadro politico attuale. L’uesta attrazione fatale poi dei penta stellati e di Salvini per il modello Putin internazionale,che comunque è contro ogni valore della nostra democrazia rappresentativa prevista dall’articolo 46 della nostra Costituzione, è uno dei valori più messi in discussione così come un rapporto con l’Europa più integrato contro una idea nazionalista predominante; il bilancio dello Sato in equilibrio contro l’idea della deroga tra entrate e uscite che ci schiaccia all’ultimo posto della graduatoria sullo sviluppo in Europa già in preda alla falce dei dazi che ci colpiranno. |
ONORE A MARCO BIAGI ORA E SEMPRE
Alessandra Servidori ONORE A MARCO BIAGI OGGI E SEMPRE
Se Marco Biagi avesse avuto la scorta non saremmo riusciti ad ucciderlo". Le parole di Cinzia Banelli, la compagna So delle Brigate Rosse caddero nell'aula del tribunale di Bologna dove comparve come imputata, in teleconferenza, al processo per l'uccisione del giuslavorista. Condannati gli altri del commando lei ha beneficiato della protezione dello Stato e ancora oggi vive con falsa identità e a nostre spese,la ex "compagna So". Galesi, Lioce, Morandi,Blefari Melazzi tutti invece brigatisti assassini che hanno avuto l’onore delle prime pagine. Una vergogna come ha detto anche ieri il Capo della Polizia Gabrielli : hanno sempre rilasciato interviste, scritto libri venduti a peso d’oro dove spiegavano persino come si esercitavano al tiro per massacrare meglio. Apologia del reato con l’aiuto di giornalisti e testate che per il mercato pagano le loro delittuose testimonianze ancora oggi sui giornali e in televisione come se fossero delle fiction. Ricordo bene invece l'articolo del settimanale Panorama redatto sulla base di un allarme terrorismo dei servizi segreti e pubblicato qualche tempo prima dell'omicidio del professor Biagi. Affermò allora la Banelli "Leggemmo l'articolo e capimmo che poteva costituire un problema. Veniva indicata chiaramente una persona come Biagi come possibile obiettivo. Avremmo dovuto fare più attenzione, osservare possibili cambiamenti nella situazione del professore. Dovevamo controllare che non fosse solo. Invece arrivò alla stazione di Bologna da solo". Anche io amica di Marco ,leggendo Panorama quel martedì gli telefonai e gli dissi di non esporsi più ma lui,la domenica mattina all’angolo dell’edicola senza che sentisse Giorgio suo padre, mi confessò che aveva chiesto la protezione inutilmente. Noi non dimentichiamo che lo Stato non seppe e non sa ancora oggi difendere i suoi servitori leali e coraggiosi e che la mercanzia della stampa permette al diritto “dell’informazione” di pubblicizzare il terrorismo, come ha fatto recentemente Purgatori. E’ bene ricordare nell’anniversario della morte dell’amico geniale e coraggioso che l'interesse nei confronti di Marco Biagi iniziò da parte delle br con la collaborazione con il Comune di Milano, con il 'Patto di Milano'. Lui diventò, poi, un vero e proprio obiettivo nell'estate 2001, "nel momento in cui il Libro Bianco, di cui lui era il principale autore, diventò un obiettivo politico". La decisione finale di uccidere Biagi, disse allora e ancora oggi protetta Banelli, fu presa nel gennaio 2002. Lo hanno massacrato il 19 marzo 2002 sotto casa: una esecuzione di cui lo Stato anche verso la famiglia deve sentirsi colpevole : non c’è perdono, non si dimentica.
E LE DONNE IN PARLAMENTO SEMPRE TROPPO POCHE
Alessandra Servidori E le donne in Parlamento sempre troppo poche!
Ritengo importante una lucida riflessione sulla presenza delle donne nelle istituzioni politiche e più in generale nei “luoghi dove si decide” sulla base di un’idea di “democrazia paritaria”, “pari opportunità”, adempimento del mandato costituzionale contro le discriminazioni, senza schiacciarlo dentro al rapporto uomo-donna ancora visto come “questione femminile”.Voglio comunque precisare che le signore possono portare cambiamenti a regole, linguaggi, modi, tempi, strutture di potere, che sono state create in assenza delle donne, funzionali perciò a un sesso solo, fondate sulla divisione tra ciò che è politico e ciò che “non è politico” –tra cittadino e persona, sfera pubblica e vita privata-, cioè su confini che sono saltati da tempo. Le difficoltà cominciano in quella anticamera del parlamento o dei consigli regionali, provinciali, comunali, che sono i partiti, nonostante il loro declino da molto tempo. La tendenza all’ “inclusione”, non si nega che sia soprattutto il risultato delle lotte delle donne. Ma, nella forma in cui si manifesta, risponde visibilmente anche alla necessità di un sistema politico ed economico, di un modello di sviluppo e di civiltà in crisi, bisognoso di risorse meno usurate: donne, giovani, e, meglio ancora donne giovani, possibilmente di aspetto gradevole. Ma diciamocelo senza vittimizzare : le donne sono state sistematicamente discriminate nell’accesso ai ruoli apicali di ogni settore professionale e allora misure antidiscriminatorie sono ancora fortemente necessarie per garantire un loro diritto. Si tratta di una questione di funzionalità dell’organo. Infatti, “Organi squilibrati nella rappresentanza di genere … risultano … potenzialmente carenti sul piano della funzionalità, perché sprovvisti dell’apporto collaborativo del genere non adeguatamente rappresentato”. “Soltanto l’equilibrata rappresentanza di entrambi i sessi in seno agli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, garantisce l’acquisizione al modus operandi dell’ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere” (posizione assunta dal TAR Lazio, sent. n. 6673 del 2011,) Infine, è da segnalare “La discriminazione verso il genere femminile nella vita civile rappresenta una diseconomia, perché comporta la rinuncia a metà delle risorse disponibili” (posizione assunta dal Consiglio di Stato, Parere n. 1801 del 2014,). Dunque partiamo dalla constatazione che la bassa presenza di donne incide negativamente sulla qualità dell’organo decisionale.Un Parlamento formato per lo più da uomini, soprattutto quando chiamato a decidere su temi importanti, lo fa carente della sensibilità, del punto di vista, del modo di pensare e discutere di entrambi i sessi. Una discriminazione ai danni delle donne è una discriminazione ai danni di una fetta consistente della società (la metà) e dunque una discriminazione che produce diseconomia, privando gli organi decisionali delle competenze di cui sicuramente sarebbero portatrici moltissime donne ancora lasciate ai margini. A mala pena oggi le signore hanno raggiunto il tetto del 30% in Parlamento, i Governi non ancora paritari e anche gli organi esecutivi delle Regioni si stanno avviando faticosamente verso una composizione rispettosa dell’equilibrio di genere. Grazie alle riforme costituzionali, agli interventi legislativi, alle interpretazioni giurisprudenziali dei giudici comuni e della Corte costituzionale; grazie alle battaglie delle donne e delle associazioni,ma con poca sensibilità nuova da parte dei partiti politici , comunque la situazione femminile all’interno delle istituzioni è migliorata negli ultimi anni. I parlamentari che, ormai quasi quindici anni fa, avevano approvato la riforma dell’art. 51 Cost., avevano messo ben in luce come i nuovi principi costituzionali non potessero costituire un semplice “punto di arrivo”, semmai un “punto di partenza”. Occorreva, infatti, l’impegno del legislatore e del mondo politico per evitare il rischio che la riforma rimanesse lettera morta. Un passo quindi è stato fatto, ma anche questi sforzi non possono rappresentare un “punto di arrivo”. Anzitutto, bisogna sempre ricordare che le norme non bastano, e che per promuovere una parità effettiva il cambiamento “formale” deve essere accompagnato da un processo “culturale” e “sostanziale”. Ciò è dimostrato, per esempio, dall’esperienza delle Regioni dove, nonostante la diffusa presenza di norme antidiscriminatorie, le donne elette nei Consigli regionali sono ancora molto poche. Persistono evidentemente degli ostacoli di tipo culturale e sociale che portano gli elettori, ma anche le elettrici, a preferire candidati uomini. Inoltre, la situazione attuale deve essere valutata anche alla luce dell’incidenza della presenza femminile nelle Assemblee elettive e, in generale, nei luoghi decisionali, rispetto ai contenuti della politica. Ci si deve cioè con molta onestà domandare se la “politica al femminile” sia riuscita ad apportare un incremento della qualità della decisione parlamentare. Le donne non devono essere presenti in Parlamento per rappresentare le donne: sarebbe pertanto sbagliato svolgere questa valutazione guardando unicamente all’incidenza che ha avuto l’incremento della componente femminile in Parlamento sui “temi femminili”. È vero che se la competenza di una donna in politica non si esaurisce di certo nei suoi sforzi per migliorare la condizione della donna nella società, in presenza di una più consistente compagine femminile in Parlamento questo miglioramento non può però non esserci. Molto c’è da fare. I dati sulla natalità, rivelano ancora una volta la fatica delle donne lavoratrici a costruirsi una vita familiare piena (nel 2017 i nati sono stati ben il 16% in meno rispetto al 2008); ma si pensi ancora al gap nelle retribuzioni (una ricerca condotta da OD &M Consulting - conferma che, su un campione di 380 mila lavoratori del settore privato, gli stipendi delle donne soffrono uno scarto considerevole rispetto agli stipendi degli uomini. Il gap è del 12,7% per la categoria degli operati, del 7,2% per i quadri). E ancora, si pensi allo squilibrio di genere esistente nella categoria dei dirigenti d’azienda. Nonostante la legge n. 120 del 2011 abbia riequilibrato la composizione dei cda nelle società, poco o nulla è accaduto con riferimento alle fasce immediatamente inferiori, quelle appunto dei dirigenti. Ma non basta la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza, la costruzione di un Inter-gruppo parlamentare per le donne, l’approvazione di disposizioni in materia di sicurezza e contrasto alla violenza di genere, norme sul telelavoro nella pubblica amministrazione con la Legge Madia), manca ancora il vero e proprio “salto di qualità” che ci si attenderebbe in considerazione dell’incremento della presenza di donne nei luoghi della decisione. Gli sforzi ad oggi profusi non sono ancora soddisfacenti. Leggiamo i dati delle recenti elezioni che parlano da soli:
Alla Camera entrano 210 donne su un totale di 630 deputati, il 33%; al Senato ne entrano 107 su 315 senatori eletti, il 34 %.Nel 2013 alla Camera le donne costituivano il 31%, mentre al Senato erano il 29%.I miglioramenti sono davvero minimi. Ci aspettavamo risultati migliori perché il Rosatellum prevede espressamente strumenti per promuovere la parità di genere.I dati migliorano se si considerano solo gli eletti all'uninominale: alla Camera entrano 83 donne su un totale di 232 deputati (36 per cento) eletti col sistema maggioritario. Al Senato entrano 45 donne su 116 eletti (39 per cento).Per quanto riguarda la composizione rispetto al partito risulta che nel centro-destra, le donne sono il 30,5 per cento alla Camera e il 31,8 al Senato.Nel Movimento 5 stelle, le donne sono il 41,6 % alla Camera e il 38,4 al Senato. Per il centro-sinistra le donne sono il 30,6 % dei deputati e il 33,9 % dei senatori. Su base regionale, i dati sono diversi tra i due rami del Parlamento: al Senato è il Centro a eleggere più donne, mentre alla Camera ne elegge di più il Sud. Il Nord presenta quote molto simili sia alla Camera che al Senato. Nel Lazio sono state elette 16 donne su 50 consiglieri, il 32 %.In Lombardia elette 18 donne su 80, un drammatico 22 % .
Il demenziale Rosatellum prevede l'alternanza di genere nelle liste di partiti e collegi, una misura che avrebbe dovuto garantire una rappresentanza di donne non inferiore al 40 per cento alla Camera e al Senato. La nuova orribile legge prevede infatti che nelle liste dei collegi plurinominali i candidati devono essere collocati secondo un ordine alternato di genere. Alla Camera nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento nel totale dei collegi uninominali, inoltre nessuno dei due generi può occupare la posizione di capolista nei collegi plurinominali in misura superiore al 60 per cento. Al Senato le stesse norme valgono a livello regionale.Questo sistema, inficiato da un lato con l'esistenza di collegi elettorali "più o meno certi" e dall'altro con le candidature multiple, ha dato luogo a una elusione della legge sulle "quote rosa". I partiti hanno ovviato all'alternanza di genere candidando le stesse donne su liste diverse. E le donne hanno accettato!Così le candidate sono state "spalmate" in più collegi mantenendo nella realtà al di sotto del 40 per cento la quota delle candidate. Le pluricandidature femminili sembravano vantaggiose ma da subito ho segnalato che nella realtà il sistema si poteva trasformare, come poi è avvenuto, in un boomerang per le donne. Con questo sistema infatti le donne devono necessariamente risultare elette in un solo collegio e in caso di vittoria in più collegi, devono lasciare automaticamente il posto a chi le segue nella lista, che per legge è un uomo.
8 MARZO DELLA DONNA INFORMATA
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Giovedì 8 Marzo 2018 dalle 16 alle 18
La giornata della donna informata
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territoriale e nazionale, proposte di legge
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assiste un familiare e vuole sapere come muoversi
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Voto ma sono delusa,molto delusa.Da tutti
ALESSANDRA SERVIDORI 3 marzo VOTO ma sono molto molto delusa. Da tutti. Sappiamo bene che la campagna elettorale e soprattutto i programmi con i quali si sono presentati sono pieni di impensabili realizzabili obiettivi nella situazione di debito in cui ci ritroviamo e dunque la scelta è tra il meno peggio e per quel che mi riguarda il mio voto al Senato va ad Annamaria Bernini che si è sempre preoccupata delle persone disabili e delle loro famiglie. Una delle poche signore messe in lista che ha competenza oltre che saggezza politica. E dunque per me vale la regola che si votano persone credibili e almeno che godono la nostra fiducia. I partiti hanno fatto a gara a chi promette di più in un clima di assoluta schizofrenia dei candidati a disprezzo delle persone in carne ed ossa che ha reso quelle promesse inutili anzi spesso irritanti controproducenti e indecorose .Il numero delle signore e signori ragazze e ragazzi che NON andranno a votare e dunque si asterranno sarà il segno tangibile che i miei sentimenti sono condivisi ma io esercito il mio diritto di voto e soprattutto non voto scheda bianca perché si rischia che ai seggi i brogli li facciano da padroni e francamente non voglio essere complice di questo meccanismo perverso elettorale. La legge elettorale maledetta non farà raggiungere la maggioranza e si dovrà tornare al voto con Gentiloni e questa compagine diretta sempre dal toscano antipatico e bulimico che predica, agisce e ha agito male non solo sul versante nazionale ma anche europeo. Chi ha massacrato l’antipolitica sono stati prima di tutto i vari persecutori della così detta casta-non esclusi i giornali e i giornalisti di punta- dunque anche una sinistra spaccata e un movimento penta stellato ignorante e incapace di governare la cosa pubblica come si chiede ad una classe dirigente credibile. Applicando dunque la regola della riduzione del danno nel centro-destra io al Senato ho Bernini e lei voto. Avremmo bisogno di stabilità, senza la quale siamo destinati a tornare nel mirino della speculazione finanziaria, che è lì in agguato prontissima a sferrare un nuovo attacco come quello del 2011; la centralità dell’Europa, che non significa esserle subordinati, ma consapevoli che per noi non c’è futuro senza; il sostegno alla ripresa economica in atto, con riforme coraggiose e un intervento strutturale sul debito pubblico; la riforma degli assetti istituzionali mettendo mano alla Costituzione, questa volta seriamente, e quindi attraverso l’unico strumento autorizzato, e cioè un’assemblea Costituente. Il 5 marzo è fondamentale il ruolo del presidente della Repubblica. Se non vincerà nessuno, ci sarà la proclamazione degli eletti, l’iscrizione di ciascuno di loro ai vari gruppi parlamentari sapendo però che potranno trasferirsi da un gruppo all’altro come è sempre dannosamente successo. Dopo la ripartizione effettiva dei seggi, il 23 marzo, le camere si riuniranno per eleggere i rispettivi presidenti. E lì forse si potranno sperimentare le alleanze. Ma sappiamo che stavolta per le elezioni dei due presidenti di Camera e Senato potrebbe anche scatenarsi un disastroso tutti contro tutti non essendoci nessuna maggioranza, le due nomine e la formazione di una maggioranza di governo, potrebbe rivelarsi illusoria. A partire da martedì 3 aprile, dopo Pasqua – cominceranno le consultazioni al Quirinale. Mattarella,dovrà valutare chi, numeri alla mano, è in grado di indicargli una maggioranza (in entrambe le camere) possibile, e di verificare la fondatezza e dare un incarico, che probabilmente sarà solo esplorativo, per massima prudenza e per mantenere al riparo il governo uscente (Gentiloni) nel disbrigo degli affari correnti ( in Germania il governo Merkel è tuttora esecutivo, nonostante si sia votato a settembre). Tuttavia, pur muovendosi rigorosamente lungo i binari costituzionali, il Capo dello Stato,dovrà incoraggiare, senza preclusioni ma con determinazione, la formazione di un governo capace di rispondere alle attese interne e internazionali e di evitare il ritorno subitaneo alle urne, anche con una legge elettorale nuova (che richiede pur sempre una maggioranza che la voti). Sapendo fin d’ora che saranno cinque, le ipotesi di lavoro. Uno: le larghe intese, cioè centro-sinistra più Forza Italia. Due: un esecutivo populista-sovranista, che sommi ai 5stelle Salvini e Meloni. Tre: alleanza antifascista, cioè 5stelle più la sinistra e una parte del Pd. Quattro: governo di unità nazionale, che presuppone l’iniziale chiamata di tutte le forze a farne parte, salvo verifica di chi poi effettivamente ci sta. Cinque: continuazione del governo Gentiloni, con un voto di fiducia che con tutta probabilità si baserebbe sulle astensioni (alla Camera) e sulle assenze dall’aula al Senato (dove l’astensione è equiparata al voto contro).Alla vigilia del voto non ci resta che sperare nel metodo socratico e nel ruolo di Mattarella. Tutto il resto sarà niente.
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OMS bacchetta l'Italia per la mancanza dis ervizi alla maternità
Alessandra Servidori
L’Italia è ancora una volta bacchettata dall’OMS per il mancato rispetto dei diritti per la maternità.
I nuovi LEA italiani promulgati recentemente ( livelli di assistenza sanitaria ) sono sotto osservazione dell’OMS (organizzazione mondiale per la sanità) e posti in fondo alla graduatoria dei servizi offerti per l’assistenza alla maternità . Infatti i lea prevedono delle novità ma lasciano ancora insoluti alcuni servizi gratuiti del servizio sanitario sia della diagnosi prenatale che per l’anestesia epidurale alle donne che lo chiedono al momento del parto. E’ sì gratuito per tutte, indipendentemente dall’età, lo screening con bitest e traslucenza nucale e solo in presenza di un risultato sospetto dello screening o di altri fattori di rischio personali, come precedenti gravidanze con anomalie cromosomiche o familiarità per malattie genetiche, si può accedere gratuitamente agli esami invasivi, amnio e villocentesi. Cambia anche l’offerta relativa alle tre canoniche ecografie di controllo nell’arco dei nove mesi, che diventano due: una da fare entro il primo trimestre per datare la gravidanza, la seconda, la morfologica, da effettuare nel secondo trimestre. La terza ecografia, quella tradizionalmente prevista tra la 30a e la 32a settimana, ora è gratuita solo in presenza di un rischio di patologia materna o fetale. I nuovi LEA prevedono invece un’ecografia gratuita alla 41a settimana, per verificare la quantità di liquido amniotico presente nell’imminenza del parto. Ma questo cambio di passo a detta dei servizi di ginecologia è dovuto sostanzialmente ai tagli che sono apportati agli ambulatori e alla mancanza spesso di strumenti idonei come gli ecografi e soprattutto i medici ginecologi sempre meno numerosi. Così come la prevenzione alle donne in attesa, dell’abolizione della curva glicemica prescritta per la diagnosi precoce del diabete gravidico, che ora si è deciso di raccomandare e offrire sulla base delle evidenze disponibili, ma solo alle donne che presentano particolari condizioni di rischio, come l’obesità o diabete nel corso di precedenti gravidanze. La qualcosa è incredibilmente irresponsabile posto che in Italia sempre più donne partoriscono a mala pena un solo figlio, intrda età e che la diagnosi di diabete in gravidanza è una patologia sempre più riscontrata. Ora L’OMS ha pubblicato una raccomandazione per l’applicazione dell’analgesia durante il travaglio ( epidurale) e in Italia la pratica molto poco diffusa rispetto ad altri Paesi comporterà un salto e una assunzione di responsabilità per garantire come recita il Documento OMS dedicato a come rendere la nascita un’esperienza positiva e dunque anche applicare l’analgesia epidurale e applicare la pratica per le donne sane che chiedono sollievo dal dolore durante il travaglio. In Italia si applica nel 18% dei parti mentre in Francia nel 75% e in Spagna nel 60% . Spesso capita che l’epidurale non sia disponibile per mancanza del medico e tutto ciò malgrado dai nuovi Lea e dunque dal 2017 sia previsto “ che le procedure di controllo del dolore nella fase del travaglio/ parto siano entrate ufficialmente e che tutte le Regioni devono assicurare “Le donne italiane hanno diritto a partorire senza il pregiudizio ancora molto radicato che le perseguita strumentalmente secondo il quale il controllo farmacologico del dolore anestetizza il dolore e compromette il travaglio: la salute è benessere generale e quindi anche assenza di dolore. Così le disuguaglianze aumentano anche per mettere al mondo un figlio : chi può permetterselo si assicura il medico anestesista in ospedale pagando il servizio, chi non ha la disponibilità economica continua a partorire e infelicemente con dolore.
EMBRACO/ITALIAnella morsa internazionale
Alessandra Servidori -22 febbraio 2018
La vicenda dell’azienda Embraco e dei suoi lavoratori si inserisce in una questione molto più ampia in cui noi italiani soprattutto in ambito Ue dobbiamo acquisire più autorevolezza se puntiamo ad un’Europa che ritrovi lo slancio delle origini e sappia al contempo dare risposte moderne e convincenti alle attese dei suoi cittadini. Noi italiani ed europei dobbiamo sapere interloquire con le grandi potenze, ora rafforzando il nostro sistema di alleanze, ora intessendo partenariati di mutua convenienza superando l’idea di una politica estera come mera ancella delle ragioni dell’economia, ossia funzionale a garantire gli approvvigionamenti energetici e gli sbocchi alle nostre esportazioni. Globale, dunque, per visione e per vocazione non può che essere l’Italia nel “metodo” della sua proiezione internazionale. E’ impensabile difendere gli assetti strategici e il patrimonio industriale, scientifico e tecnologico,tutelare l’integrita delle reti e delle infrastrutture critiche in altri termini salvaguardare quel nucleo duro di interessi nazionali che non può non essere promosso a meno di arrecare danno all’intera collettivita se non rimanendo fortemente ancorati alla scelta atlantica, ricercando denominatori comuni solidi con i nostri partner europei. Attenendoci a una accorta combinazione di fermezza e dialogo con quei grandi player che, pur non appartenendo al novero delle liberaldemocrazie occidentali, possono comunque stabilire con noi convergenze specifiche su priorita’ condivise, oppure vanno compresi, e conseguentemente contenuti, nelle loro posture ostili sul terreno non convenzionale. La questione della azienda italiana è l’ultima di una lunga serie che stiamo perdendo e noi dobbiamo capire in fretta che si è delineato un nuovo Trattato franco-tedesco che confermerà l’asse fra le due capitali nella sua connotazione di perno intorno al quale ruoterà il futuro dell’Unione, di conseguenza, molto, per noi, dipenderà da come sapremo coltivare sul piano bilaterale i nostri rapporti con la Germania e con la Francia.Sopratutto sul piano economico e occupazionale condividendo le stesse aree di manifattura industriale prima di tutto per potenziare il decision making al centro dei rapporti e per smorzare gli appetiti dei portatori di interessi periferici o settoriali. In materia di costo del lavoro e politiche occupazionali dunque l’asse si deve rafforzare : noi abbiamo un costo del lavoro enormemente più alto e un welfare massacrato dalla spesa pubblica che alimenta il debito, un apparato sindacale e imprenditoriale impreparato a raccogliere le grandi sfide. Sapendo che tra la Francia e il nuovo Governo di coalizione tedesco stanno maturando nuove sintonie, sui temi migratori e di governance dell’Eurozona, non necessariamente collimanti con i nostri desiderata e soprattutto con le nostre parziali capacità di avere una visione necessaria di cambiamento delle relazioni industriali e del mercato del lavoro.Per esempio è bene cambiare in fretta la nostra posizione sulla la proposta di direttiva per il recepimento del Fiscal Compact, presentata il mese scorso, perché a parere di chi scrive , limitando le deroghe alle regole del six pack alle circostanze eccezionali, e alle sole riforme con un impatto positivo e diretto sui conti, a noi serve.L’Europa continuerà a essere il nostro benchmark di riferimento, ma il suo sostegno e i suoi interventi perequativi saranno sempre piu condizionati alla nostra capacita di meritarceli. Sappiamo quello che bisogna fare: riforme incisive per accrescere la produttivita delle nostre imprese, la cui inadeguatezza e la radice di tutti i nostri mali; un assetto istituzionale piu moderno che riduca il cuneo fiscale e che favorisca l’efficacia dell’azione di governo; la promozione delle sinergie inter-istituzionali necessarie per fare sistema scardinando la resistenza delle strutture a mettere a fattor comune poteri, competenze e saperi; investimenti massicci e lungimiranti in ricerca, sviluppo, formazione e istruzione; ma pure un atteggiamento responsabile a Bruxelles, volto a dissolvere i sospetti sul fatto che vogliamo solo allontanare nel tempo la soluzione dei nostri squilibri di finanza pubblica trincerandoci dietro l’avanzo primario.
Guida amica per Caregiver
TUTTEPERITALIA www.tutteperitalia.it
Per le /i CAREGIVER … GUIDA AMICA per il lavoro invisibile delcaregiver ovvero colei/colui che si prende cura di un familiare
Cosa è importante sapere
Ad oggi in Italia non è disponibile una rilevazione sistematica della popolazione che si prende cura, a differenza di altri Paesi europei. Gli unici dati disponibili riguardano le indagini multiscopo dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT). Sono stimate in Italia 3.329.000 le persone tra i 15 e 64 anni che prestano regolarmente attività familiare di cura ad adulti anziani, malati, disabili. E sempre secondo l’indagine dell’ISTAT sulla conciliazione tra lavoro e famiglia i caregivers familiari sono prevalentemente donne impegnate ad assistere più di una persona nella combinazione bambini, anziani,disabili. Si stima che il caregiver familiare svolga anche 7 ore al giorno di assistenza diretta e 11 ore di sorveglianza, per una media di 8-10 anni nel caso di persone anziane non autosufficienti, per tutta la vita nel caso di disabilità congenita grave. Condizione quest’ultima che diviene ancor più gravosa con l’avanzare dell’età e della condizione di fragilità dei genitori. La durata nel tempo e l’intensità del lavoro di cura impattano pesantemente sulla vita del familiare che si prende cura, stravolgendone la quotidianità ed il progetto di vi e compromettendone anche la salute.
La legislazione in Italia
* Decreto Legislativo n.502/92 e successive modificazioni, con riferimento all’art.1, commi 1,2,3,7 e 8;
*Legge 8 novembre 2000, n. 328, "Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali"
*L’amministratore di sostegno (Legge n. 6 del 9 gennaio 2004) è la persona nominata dal Giudice Tutelare al fine di assistere, sostenere, rappresentare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, chi per effetto di un'infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell'impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere in tutto o in parte all'espletamento delle funzioni della vita quotidiana.
*“Piano nazionale della cronicità (PNC)” approvato il 15 settembre 2016 dalla conferenza Stato-Regioni
* DPCM 12 gennaio 2017 “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza […]” che prevedono la valutazione multidimensionale, la presa in carico del paziente e dei familiari, il coinvolgimento nella definizione del “Progetto di assistenza individuale” (PAI) e diversi interventi di supporto come l’educazione terapeutica a pazienti e caregiver, counselling per la gestione della malattia o della disabilità e la prevenzione delle complicanze, gruppi di sostegno, supporto psicologico e sociale;
Decreto legislativo 3 luglio 2017 n.112 Revisione della disciplina in materia di impresa sociale
Legge 205/2017, co. 255 - Si definisce caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18.
È bene precisare che le assistenti alla persona, spesso straniere, assunte privatamente dalle famiglie italiane per essere aiutate nella propria attività di cura a lungo termine (le cosiddette badanti), non rientrano nella definizione di caregiver familiare. Infatti, il termine caregiver si riferisce al familiare (o amico, o vicino) che entra nella relazione di cura per motivazioni di tipo affettivo,non economico.
L’ Emilia-Romagna, è la prima Regione italiana ad adottare una normativa per andare incontro ai bisogni di chi si prende cura di una persona cara.La l.r. 2/2014 riconosce e promuove, nell’ambito delle politiche del welfare, la cura familiare e la solidarietà come beni sociali,in un’ottica di responsabilizzazione diffusa e di sviluppo di comunità. «Norme per il riconoscimento ed il sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura ed assistenza)
NOTIZIE FONDAMENTALI
Congedi
Permessi di breve durata: con la legge 104 del 1992 lo Stato ha previsto la possibilità di usufruire di permessi lavorativi retribuiti per assistere i propri familiari o affini. In particolare viene data la possibilità al lavoratore di assentarsi dal lavoro per 3 giorni al mese. Questa agevolazione può essere tradotta in mezze giornate, oppure frazionata in ore. Requisito per beneficiarne è un’accertata condizione di “handicap grave” della persona cara.
Congedi di lungo termine: il congedo biennale retribuito è stato introdotto dalla legge 388/2000 (art.80, comma 2) e ripreso dal d.lgs.26 marzo 2001, n. 151. Il congedo spetta per due anni nell’arco dell’intera vita lavorativa. È frazionabile. Per poter usufruire di questo diritto, il caregiver deve abitare allo stesso domicilio della persona bisognosa di assistenza. Limiti: misure utilizzabili solo dai lavoratori che devono prendersi cura di parenti con grave disabilità e solo i lavoratori pubblici e privati hanno diritto a questi congedi. Nel caso del congedo di lungo termine, si richiede la co-residenza. Inoltre, una sola persona per famiglia ha diritto ad usufruire dei congedi. La legge prevede i seguenti aventi diritto, in ordine di priorità:
1) il coniuge convivente o, per effetto della legge n. 76/2016, la parte dell’unione civile convivente;
2) il padre o la madre, nell’ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile;
3) uno dei figli conviventi, nell’ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile convivente o di entrambi i genitori;
4) uno dei fratelli o sorelle conviventi, nell’ipotesi di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente o della parte dell’unione civile convivente o di entrambi i genitori o dei figli conviventi;
5) un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Dal momento che l’art. 78 del codice civile non è stato espressamente richiamato dalla legge n. 76/2016, tra un parte dell’unione civile e i parenti dell’altra non si costituisce un rapporto di affinità. Pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un unione civile può usufruire del congedo straordinario ex art. 42, comma 5, D. Lgs.151/2001 solo nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta a un parente dell’unito, non essendo riconoscibile, in questo caso, rapporto di affinità.
Nel caso di cura del proprio figlio si ha diritto ai congedi parentali.
È fondamentale verificare se il proprio contratto collettivo preveda (ulteriori) disposizioni di miglior favore.
Controllare il proprio CCNL è importante per accertare la possibilità di telelavoro che può rappresentare un’opportunità per le persone con disabilità e per tutti coloro che incontrano maggiori difficoltà nell’inserimento lavorativo o nel mantenimento del proprio impiego, come le persone impegnate in attività di assistenza di familiari malati, i genitori con figli piccoli.( Accordo interconfederale del 09/06/2004 (firmato da CONFAPI, CGIL, CISL, UIL).
Part time . Il decreto legislativo n. 81/2015, accorda priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale ai caregivers (coniuge, figli, genitori) di persone con gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti. Tale priorità è concessa anche al lavoratore o alla lavoratrice che assiste una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità e che necessita di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Istituto delle ferie solidali, ai sensi dell’articolo 24 del d.lgs. n. 151/2015 in forza del quale i lavoratori possono donare i riposi e le ferie da loro maturati ai colleghi, per consentire a questi ultimi di assistere i figli minori che, per le particolari condizioni di salute, necessitano di cure costanti. Tale opportunità dev’essere attivata nella misura, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi
Indennità di accompagnamento Il sistema nazionale prevede anche una misura di sostegno economico pagato dall’INPS, rivolta a tutti i cittadini che abbiano un’invalidità totale e permanente al 100% e siano al contempo impossibilitati a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore, oppure a compiere le attività di vita quotidiana da soli. E’ una cifra modesta (512 euro al mese), che non basta ad acquistare un servizio di cura professionale. Non ci sono vincoli di reddito per richiesta o accesso.
Fondo per le non autosufficienze. Istituito dall’art I c1264 dalla legge 27 dicembre 2006 n.296 per dare copertura ai costi di rilevanza sociale dell’assistenza socio-sanitaria ,con l’intento di fornire sostegno a persone con gravissime disabilità e anziani non autosufficienti e favorire la permanenza presso il proprio domicilio
evitando l’istituzionalizzazione. Le risorse sono aggiuntive rispetto a quelle destinate alle prestazioni e ai servizi in favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni e delle autonomie locali e sono stanziate e ripartite annualmente .
Legge di bilancio 2018 del 23 dicembre 2017- Legge 205/2017, co. 254 che istituisce il Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare: stanziamento di 60 milioni di euro per il triennio 2018/2020 per creare misure volte a supportare le persone che assistono i familiari dei malati .Le risorse sono destinate alla copertura finanziaria di interventi legislativi a carattere nazionale,finalizzanti al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver.
Guida a cura di Alessandra Servidori www.tutteperitalia.it Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Invito per parlare insieme di caregiver-20 febbraio 2018
"UBI SOCIETAS, IBI IUS"- "UBI IUS, IBI SOCIETAS"
LE FONDAMENTA DEI DIRITTI DEI CAREGIVER FAMILIARI
DAL DIRITTO OGGETTIVO AL DIRITTO SOGGETTIVO
(LEGGE 27 DICEMBRE 2017, N. 205 - COMMA 255)
Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro -presso il Senato della Repubblica
Piazza Capranica 72, Roma - 20 febbraio 2018 - ore 10 - 14
Con l'approvazione del comma 255 inserito nella Legge di Bilancio per il 2018 con l'emendamento 30.0.2 (testo4), sottoscritto da oltre 155 Senatori della Repubblica, l'Italia riconosce, dopo oltre 20 anni la figura del Caregiver familiare, allineandosi ad altri paesi europei ed extraeuropei. Questa importante vittoria del diritto, offre al legislatore una nuova pagina in bianco tutta da scrivere.
modera l’incontro Paola Severini Melograni |
Legge 205/2017, co. 255 Si definisce caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell'altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall'articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18. |
Paolo Mazzoli |
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Professore aggregato presso l’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” |
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Alessandra Servidori |
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Presidente Nazionale TUTTEPERITALIA |
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Gianluca Abbate |
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Presidente Commissione Terzo Settore - Consiglio Nazionale Notariato |
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Simona Bellini |
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Presidente del Coordinamento Nazionale Famiglie Disabili (CNFD) |
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Anna Cinzia Bonfrisco |
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senatrice, coofirmataria del progetto di Legge 2128, Candidata al Senato per la Lega |
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Anna Maria Bernini |
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senatrice, coofirmataria del progetto di Legge 2128, Candidata al Senato per Forza Italia |
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Interventi del pubblico |
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Conclusioni |
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Laura Bignami |
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senatrice, prima firmataria dell'emendamento 30.0.2 e del progetto di Legge 2128 |
Accredito obbligatorio R.S.V.P. : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo. |
Il problema gravissimo dell'abbandono e della dispersione scolastica
Alessandra Servidori Istruzione : il problema gravissimo della dispersione e abbandono scolastico-17 febbraio2018
La dispersione scolastica è ancora un problema enorme per i nostri giovani :Il rapporto MIUR di gennaio “Una politica nazionale di contrasto del fallimento formativo e della povertà educativa”, ha fotografato la situazione– evidentemente inascolato leggendo i programmi di tutte le forze politiche-con l’obiettivo di proporre alle forze politiche e sociali un’azione sinergica per superare le incoerenze tra misure progettate e interventi attuati e di dirigere verso l’obiettivo risorse pubbliche e private. L’azione di “unità nazionale” dovrebbe portare a contenere al di sotto del 10% in tutte le aree del Paese i tassi di abbandono dei percorsi di istruzione e formazione (pari al 13,8% nel 2016), e ciò è possibile solo mettendo in campo nuove politiche di contrasto, modulate attraverso l’attività di una rete nazionale di esperti coordinata dal Governo. Il documento analizza le cause del fenomeno del fallimento formativo, che si manifestano in forme diverse: abbandono vero e proprio, assenteismo, uscita precoce dal sistema formativo, deficit delle competenze di base per un esercizio pieno del diritto di cittadinanza. La fonte di riferimento è l’indagine triennale che l’OCSE svolge nell’ambito del Programme for International Students Assessment (PISA), giunto alla settima edizione su più di 80 Paesi; essa misura l’insieme di conoscenze e competenze necessarie per la piena partecipazione alla società contemporanea raggiunto degli studenti di 15 anni, ossia da quella classe demografica prossima a completare il ciclo scolastico obbligatorio. La valutazione è su ambiti di competenza considerati fondamentali (literacy scientifica: abilità a confrontarsi con questioni/idee di tipo scientifico; literacy di lettura: capacità di comprendere e usare testi scritti per raggiungere obiettivi e sviluppare il proprio potenziale; literacy matematica: capacità di usare e interpretare la matematica per comprendere, descrivere e spiegare fenomeni), e in domini innovativi: l’analisi del 2015, l’ultima, ha inserito la capacità di problem solving collaborativo. Dalle serie storiche dei dati PISA e dagli ultimi dati disponibili, richiamati nel rapporto MIUR 2018, emerge la debolezza degli studenti italiani nelle cosiddette competenze irrinunciabili, per lo più correlata all’origine familiare e territoriale, a condizioni di marginalità sociale/culturale delle famiglie di appartenenza. La prevedibile correlazione tra condizioni socio-economiche di partenza e rischio di non raggiungere una sufficiente misura di competenze indispensabili all’esercizio pieno del diritto di cittadinanza è confermata dalla rilevazione. I dati PISA 2015 mostrano che un terzo degli studenti quindicenni italiani non raggiunge un livello di competenze sufficiente in almeno due dei tre ambiti fondamentali: uno studente su quattro non raggiunge le competenze minime in matematica (fare calcoli semplici, elaborare dati e utilizzare formule matematiche elementari); uno studente su cinque ha difficoltà ad analizzare e comprendere testi scritti. In termini assoluti, e con i limiti derivanti dalla difficoltà di rilevare anche i passaggi da scuola a scuola o dalla scuola alla formazione professionale, il MIUR calcola in 23.000 gli alunni a rischio dispersione nella scuola secondaria di I grado e in 112.000 quelli nella scuola secondaria di II grado. I dati sono più consistenti rispetto alle rilevazioni precedenti e molto allarmanti: è preoccupante l’abbandono della scuola durante il primo ciclo dell’istruzione obbligatoria, più consistente al Sud (soprattutto in Sicilia e Campania), fra i maschi, più spesso di origine straniera (3,3 gli stranieri e 0,6 degli italiani) e fra i ripetenti. Solo in alcune aree del Paese la scuola e gli interventi sociali ottengono risultati apprezzabili nel sostenere gli studenti ad affrancarsi dalle condizioni di partenza: nelle regioni del Nord gli studenti che non raggiungono le competenze minime sono il 26%, al Sud il 44%. I dati peggiorano significativamente se si tratta di stranieri, soprattutto di prima generazione. Questa fotografia è confermata dalle periodiche indagini INVALSI condotte su altri gradi e ordini di studio. Il fenomeno del fallimento formativo ha conseguenze che impattano non soltanto sulle future opportunità professionali individuali, ponendo le premesse della marginalità sociale, di una minore aspettativa di vita, di un più elevato maggiore rischio sanitario e di tossicodipendenza, sul piano dei singoli individui. L’abbandono si trasforma in un costo per il Paese in termini di minore crescita economica e coesione territoriale e sociale, e più elevata spesa pubblica per sanità, sicurezza e spesa sociale.
VISCO agli operatori finanziari : Bcc va tutto bene. Ma no forse no
Alessandra Servidori VISCO agli operatori finanziari : Bcc va tutto bene. Ma no forse no 10-2-2018
Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco all’Assiom-Forex di Verona ha cercato di spiegare agli operatori finanziari italiani che la preparazione della costituzione dei gruppi cooperativi delle Bcc va accelerata, con il pieno sostegno alle future capogruppo da parte delle affiliate con piani industriali che dovranno garantire il rapido raggiungimento degli obiettivi che la riforma si è prefissata. In sostanza la Banca centrale europea,sta preparando una operazione di test e di controlli che si dovrebbero tenere entro il primo semestre 2018 per un esame mirato alla qualità di crediti delle banche in vista della costituzione dei grandi gruppi destinati ad assorbirli. Dunque per l’Italia la sfida è nell’apertura al mercato dei capitali, robustezza degli assetti di governo societario e di controllo interno, efficienza allocativa e operativa, riduzione dei crediti deteriorati, perché ritardi o resistenze al cambiamento finirebbero con il compromettere il successo della riforma che prevede nella UE una profonda revisione dei modelli di operatività delle banche, in Italia come in tutta Europa, et resta inevitabile. Gli intermediari devono agire su più fronti per recuperare redditività e capacità competitiva: comprimere ulteriormente i costi realizzando operazioni di aggregazione o iniziative di tipo consortile che consentano di sfruttare sinergie di costo e di ricavo e irrobustendo il comparto tecnologico. Ma vero è che con grande fatica pare che le crisi bancarie siano per ora «sterilizzate», la ripresa economica, seppure non agli stessi livelli degli altri Paesi europei timidamente prosegue, i partiti euroscettici hanno mutato la loro posizione e dalla Commissione d’inchiesta sono arrivate critiche e comunque se non atti d’accusa espliciti. a Banca d’Italia ,con nubi e rischi dal comparto bancario e finanziario non di poco conto. Il sistema finanziario e bancario italiano è comunque in terapia intensiva dopo avere vissuto l’incubo di una crisi sistemica a causa di Mps e delle banche venete nel 2017 e la montagna di crediti deteriorati. Certo però la vigilanza Bce, stoppata nel suo blitz di imporre tramite l’addendum coperture più elevate, non demorde nella pressione sulla dismissione dei crediti, a fronte di una Banca d’Italia più prudente. E anche il mercato e le agenzie di rating stanno sottolineando la necessità per gli istituti italiani di accelerare o ampliare i programmi di dismissione. Il ritiro graduale del Qe, le voci ricorrenti di un tetto ai titoli di stato e i tassi ancora a zero sono inoltre tutte minacce a bilanci bancari. Filiali e personale sono state pesantemente tagliati in Italia (a volte più che in altri paesi) con risparmi notevoli ma si fatica ancora in molti casi a riorientare il personale sulle nuove figure professionali ora necessarie..La redditività delle maggiori banche italiane è moderatamente migliorata. Ma una profonda revisione dei modelli di operatività delle banche, in Italia come in tutta Europa, resta inevitabile. Gli intermediari devono agire su più fronti per recuperare redditività e capacità competitiva comprimendo ulteriormente i costi. Non dimentichiamo il recente passato in cui Renzi ha giocato una partita anomala sulle banche. Pur di non dover spiegare al Paese che sulla ricapitalizzazione di Mps sarebbe potuta intervenire una garanzia pubblica, ha dismesso un ottimo manager come Viola, ha consegnato la banca più antica del mondo a Jp Morgan, con parcelle da pagare altissime, ha rinviato i problemi addossandoli tutti al referendum. Senza l’ombrello della Bce chissà che sarebbe successo. Ricordiamoci le difficoltà su credito cooperativo, il fatto che la situazione dei crediti incagliati non sia migliorata nonostante GACS 1 e 2, come l’istituzione del Fondo Atlante 1 e 2. Bisogna mettere in chiaro che le banche non sono “ladre”, ma che dovrebbero svolgere un’attività essenziale di collegamento tra finanza, imprese e cittadini. E che se ci sono stati errori devono essere puniti, ma che non si può fare di tutta l’erba un fascio. Anche sul piano finanziario mancano le idee, la capacità di fare un discorso di verità, un progetto politico. Da una parte c’è la narrazione, falsa, in cui “va tutto bene”. Dall’altra una semplificazione che se la prende con Europa, euro, Merkel, immigrati, globalizzazione, banche e presunti poteri forti e che crede si possano risolvere solo con gli anatemi e dicendo no a tutto. E’ necessario che chi governerà il nostro paese elabori una piattaforma politica, possibilmente che possa riunire le energie migliori italiane attraverso la fusione delle migliori risposte liberali e keynesiane nel senso di un vantaggio potenziale della democrazia rispetto alla tecnocrazia ai problemi della modernità
Familiari dei disabili : Germania maestra
Alessandra Servidori
Anche per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici che curano la disabilità di un familiare la Germania è ottima maestra
Una settimana da 28 ore di lavoro, per chi deve assistere parenti e bambini. È il trofeo del sindacato tedesco Ig Metall, che ha riportato una vittoria importante nella vertenza che si è conclusa con una vittoria per tutti coloro che sono chiamati caregiver ma altro non sono che i familiari delle persone disabili. E questo proprio nelle ore in cui a Berlino si trattava ad oltranza per dare al Paese un governo firmato da una nuova edizione della Grosse Koalition.La sigla che raccoglie i lavoratori del comparto metallurgico ed elettrico – 3,9 milioni a livello federale – è riuscita ad imporsi, in un accordo pilota valido per ora solo per il Land del Baden-Wuerttenberg, portando a casa non solo un aumento salariale del 4,3% a partire da aprile, ma anche la misura che aveva fatto più discutere, che consente una notevole riduzione dell’orario di lavoro. Le regole nuove valgono per 900 mila dipendenti del settore. Tutti coloro che abbiano la necessità di assistere parenti anziani o malati o bambini, avranno diritto a chiedere la settimana da 28 ore, per un periodo che vada da un minimo di 6 a un massimo di 24 mesi. Successivamente il dipendente tornerà automaticamente alle 35 ore previste dal contratto originario. Chi sceglierà questa opzione vedrà un taglio proporzionale in busta paga. Ma potrà essere compensato con 8 giorni di ferie lavorative. E c è in compenso, la possibilità per le imprese di aumentare i contratti di 40 ore pattuiti finora coi loro impiegati. Una ottima pratica di sussidiarietà tra lavoratrici e lavoratori responsabili e solidali. Arriva così dalla Germania il riconoscimento concreto del lavoro invisibile dei caregivers familairi - l'ennesimo termine anglosassone che indica "colui che si prende cura", che assiste un congiunto ammalato e/o disabile - familiari che si dedicano ai pazienti con demenza, che sono la grande maggioranza anche in Italia. Si tratta in genere di donne (74%), di cui il 31% di età inferiore a 45 anni, il 38% di età compresa tra 46 e 60, il 18% tra 61 e 70 e ben il 13% oltre i 70.Sono uomini e donne che si assumono, per amore, l'impegno di assistere un familiare non autosufficiente. Una mole di lavoro e di sostegno che l'Italia, unico tra i paesi europei, non riconosce né tutela. In Germania il sistema sanitario-assicurativo dà diritto a chi assiste un familiare disabile a contributi previdenziali garantiti, se l'assistenza supera le 14 ore alla settimana, e a una sostituzione domiciliare in caso di malattia. Forme di assicurazione contro gli infortuni e di previdenza sono concesse anche ai caregiver francesi, che in diversi casi hanno diritto pure a un'indennità giornaliera, e a quelli spagnoli, che continuano a recepire contributi anche in caso di interruzione del proprio lavoro. Persino la Grecia dà diritto, al caregiver familiare, al prepensionamento dopo 25 anni di contributi versati. Un caregivers, in caso di disabilità grave, vive una realtà che pochi riuscirebbero a tollerare. Unico ritorno, altissimo, un amore che nessuno immagina, ma che non basta a preservare dall'usura e dalla povertà. Solo nell’ultima legge finanziaria attraverso una proposta di legge-rimasta appunto solo una proposta- si sono stanziati 60 milioni per un ipotetico regolamento che nel triennio possa individuare i criteri per l’accesso ad un fondo di sostegno ai familiari dei disabili. Nè è stato previsto l’inserimento dei caregivers tra le categorie salvaguardate dalla Riforma Previdenziale divenute 15 per l’accesso al pensionamento previsto. Persino l’aggiornamento degli indicatori ISEE aveva computato tra i redditi della famiglia anche indennità e pensioni riconosciute a persone non autosufficienti: ma un gruppo di cittadini, prevalentemente persone con disabilità e caregiver familiari, ha promosso un ricorso contro questo iniquo provvedimento giungendo ad alcune sentenze, recentemente pronunciate dalla Magistratura, che hanno dato loro ragione. L’assistenza ad un proprio familiare è’ un impegno totalizzante : non prevede retribuzione, contributi, riposo o giorni di malattia, neppure quando diventa così totalizzante da comportare il licenziamento dall'occupazione ufficiale e sarebbe interessante misurare quanto il tempo sottratto al lavoro e dedicato alla cura incide sul PIL e sostituisce l’impegno dello Stato verso un welfare di tutela. Neppure quando chi assiste ha bisogno a sua volta di curarsi è prevista una agevolazione. La pensione di invalidità e l'indennità di accompagnamento (erogate solo quando c'è una disabilità certificata al 100%), oltre a prevedere somme ridicole, sono destinate solo alla persona, non alla famiglia, che ha anche altri bisogni oltre a quelli di cura del suo componente più debole. La stessa Corte di Giustizia europea ha stabilito che il divieto di discriminazione per ragioni di disabilità si applica non solo alla persona interessata, ma anche a chi l'assiste. In molti Stati, del resto, sono già previsti benefit e contributi previdenziali per i caregiver. Al presidente Mattarella già dal 2015 è stato richiesto dall’associazione dei familiari il rispetto dei diritti umani fondamentali delle persone che tanto si impegnano per i loro cari e per la società tutta e anche in concomitanza alle elezioni del 4 marzo si è chiesto al Presidente della Repubblica un atto per salvaguardare il diritto al voto dei familiari al capezzale dei loro cari. Anche perché il dovere di presa in carico dovrebbe spettare a tutta la collettività, come accade nei Paesi più civili. Il potere legislativo e molte istituzioni coinvolte, tranne rari casi di Regioni virtuose, non ha sortito alcuno di quegli effetti che sarebbero stati considerati doverosi altrove. L’Associazione ha depositato una petizione al Parlamento europeo perché apra una procedura di infrazione contro l'Italia per il mancato rispetto dei diritti umani. Possibile non ribellarsi a questa disumanità?
I dati non confortanti di istat su l'economia e il lavoro nostrano
Alessandra Servidori
Economia e lavoro italiano : notizie da studiare in attesa di andare alle urne.
La situazione economica italiana non è delle più confortanti, anzi.’Istat rileva un calo della fiducia dei consumatori e delle imprese per il mese di gennaio e sono 5, 3 milioni i lavoratori in attesa di rinnovo contrattuale. In particolare, l'indice del clima di fiducia dei consumatori diminuisce, passando da 116,5 a 115,5 rimanendo in linea con il livello mediamente registrato da settembre 2017, mentre l'indice composito del clima di fiducia delle imprese mostra un calo più marcato (da 108,7 a 105,6) in larga misura determinato dalla flessione nei servizi. La manifattura, invece, mostra una sostanziale tenuta. La contrazione nei servizi è condizionata dal netto ridimensionamento della fiducia nel turismo che segue la forte accelerazione del secondo semestre 2017.La flessione del clima di fiducia dei consumatori è essenzialmente dovuta alla diminuzione della componente economica (da 142,9 a 141,1) e di quella futura (da 121,3 a 120,9); invece, la componente personale e quella corrente aumentano (da 106,9 a 107,6 e da 112,0 a 112,8, rispettivamente).Più in dettaglio, si evidenzia un peggioramento delle aspettative sulla situazione economica del paese nonché un aumento delle aspettative sulla disoccupazione; a livello personale, i giudizi sulla situazione economica della famiglia peggiorano mentre le aspettative sono in lieve recupero.Con riferimento alle imprese, nel mese di gennaio il clima di fiducia cala in misura contenuta nel settore manifatturiero (da 110,3 a 109,9), mentre più marcata è la flessione nei servizi (da 108,7 a 105,7) e nel commercio al dettaglio (da 112,0 a 108,6). Timidi segnali positivi provengono dal settore delle costruzioni dove il clima aumenta da 127,1 a 129,2. Nel comparto manifatturiero si segnala un lieve peggioramento dei giudizi sugli ordini con scorte di magazzino giudicate in accumulo; invece, le attese sulla produzione tornano ad aumentare dopo il calo subìto alla fine del 2017. Nelle costruzioni l'aumento dell'indice è trainato dall'aumento delle aspettative sull'occupazione. La diminuzione dell'indice nei servizi riflette un forte ridimensionamento della fiducia nel turismo mentre migliora la fiducia nei servizi alle imprese e nell'informazione e comunicazione. Nel commercio al dettaglio il peggioramento della fiducia è determinato da un forte aumento del saldo relativo alle scorte di magazzino in presenza di aspettative sulle vendite future in calo; i giudizi sulle vendite correnti rimangono sostanzialmente stabili. Complicata è anche la situazione contrattuale delle forze lavoro: ’Istat, a fine dicembre 2017 sono 35 i contratti in attesa di rinnovo, relativi a circa 5,3 milioni di dipendenti (41,3%). Il dato è resta invariato rispetto al mese precedente. L'attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto è in media di 71,5 mesi. L'attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è di 29,5 mesi, in crescita rispetto a un anno prima (27,1).Nel periodo ottobre-dicembre non sono stati recepiti nuovi accordi e nessuno è venuto a scadenza. Complessivamente nel 2017 sono stati recepiti 16 contratti a cui fanno riferimento circa 1,2 milioni di dipendenti.Alla fine di dicembre 2017 i contratti collettivi nazionali di lavoro in vigore per la parte economica riguardano 7,6 milioni di dipendenti (58,7% del totale) e corrispondono al 55,8% del monte retributivo osservato.L'attesa è in forte aumento rispetto allo stesso mese del 2016 (53,7). Con riferimento al solo settore privato la quota dei dipendenti in attesa di rinnovo è pari al 24,1%, invariato rispetto al mese precedente e in diminuzione rispetto a dicembre 2016 (36,1%); i mesi di attesa per i dipendenti con il contratto scaduto sono 41,8, mentre l'attesa media è di 10,1 mesi considerando l'insieme dei dipendenti del settore.A dicembre l'indice delle retribuzioni contrattuali orarie è aumentato dello 0,1% rispetto al mese precedente e dello 0,7% nei confronti di dicembre 2016. Nella media del 2017 la retribuzione oraria media è cresciuta dello 0,6% rispetto all'anno precedente. A dicembre le retribuzioni contrattuali orarie registrano un incremento tendenziale dello 0,8% per i dipendenti del settore privato (0,5% nell'industria e 1,0% nei servizi privati) e una variazione dello 0,5% per quelli della pubblica amministrazione. I settori che presentano gli incrementi tendenziali maggiori sono: forze armate (3,0%) e forze dell'ordine (2,7%). Si registrano variazioni nulle negli altri comparti della pubblica amministrazione e nei settori dei pubblici esercizi e alberghi, dei servizi di informazione e comunicazione, delle telecomunicazioni. Si osserva una diminuzione nel settore dell'acqua e servizi di smaltimento rifiuti (-0,9%).