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Editoriali

Pensione di invalidità e piccoli lavoretti : ravvedimento operoso di Inps

ALESSANDRA SERVIDORI Assegno di invalidità e piccoli lavoretti : ravvedimento operoso “coatto” dell’INPS

 https://www.ilsussidiario.net/news/pensioni-invalidita-il-problema-irrisolto-con-la-retromarcia-inps-sui-lavoretti/2270685/

Persino un lavoretto, part-time e al di sotto dei 400 euro mensili, non dava  più diritto all'assegno di invalidità. Da metà ottobre,  l’INPS aveva pubblicato un Messaggio il  n. 3495 del 14 ottobre 2021 nel quale ribadiva che il requisito dell’inattività lavorativa per poter ottenere l’assegno mensile di invalidità civile sarebbe stato indispensabile  per percepire il sussidio, percepito dagli invalidi parziali, che non supera mediamente la cifra di 287,00 euro al mese. Inoltre,ricorda sempre Inps, è possibile percepirlo non solo se si è disoccupati, ma anche se si svolgono lavori dal reddito modesto. INPS così  recitava nel senso che il mancato svolgimento dell’attività lavorativa integrava non già una mera condizione di erogabilità della prestazione ma, al pari del requisito sanitario, un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, la mancanza del quale è deducibile o rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del giudizio. La giurisprudenza di legittimità, quindi, riteneva che lo svolgimento dell’attività lavorativa, a prescindere dalla misura del reddito ricavato, precludesse il diritto al beneficio di cui all’art. 13 della L. n. 118/1971.Nonostante la situazione di estrema povertà per i disabili, la Suprema Corte, più volte, si è pronunciata nel senso di far perdere l’aiuto economico a chi fa qualsiasi tipo di attività. Pertanto, sulla scia dei recenti pronunciamenti giurisprudenziali l’INPS si è uniformata alle decisioni della Cassazione, confermando l’orientamento in un documento di prassi. In pratica, sono stati esclusi di fatto dalla prestazione tutti coloro che, con una percentuale di invalidità dal 74% al 99%, svolgono qualsiasi attività lavorativa. Dunquedal 14 ottobre 2021, l’assegno mensile di assistenza era liquidato, fermi restando tutti i requisiti previsti dalla legge, solo nel caso in cui risulti l’inattività lavorativa del soggetto beneficiario. In buona sostanza non tiene assolutamente conto che lo svolgimento di un’attività lavorativa, seppur minima, per una persona invalida, rappresenta un modo per socializzare più che una modalità di sostentamento e che , in molti avrebbero scelto  la via dell’isolamento a discapito di quella dell’inclusione, onde evitare di perdere quel minimo di aiuto quale è l’assegno mensile di invalidità. Ora dietrofront sulla compatibilità assegno/reddito,con un emendamento approvato al recente “Decreto Fisco e lavoro”, il Governo cerca di rimediare rimettendo le cose così come son sempre state ,cancellando di fatto la Circolare interna dell’INPS  ponendo  rimedio a una situazione di ingiustizia e INPS si deve  adeguare. Quindi, grazie a questo emendamento inserito nel “Decreto Fisco e Lavoro”, i disabili adesso hanno diritto all’assegno anche se svolgono un’attività lavorativa che genera un reddito basso, fino a poco meno di 5.000 euro all’anno. Smentita l’interpretazione restrittiva dell’INPS, si ripristina la corretta interpretazione della normativa vigente. Ma sempre per le persone invalide rimane la questione della pensione percepita bassissima , e le promesse non mantenute da Salvini di portarle a 780 euro mensili e da  Stefani  di aumentarle comunque in conferenza stampa del 20 dicembre scorso : la verità invece è che la pensione per gli invalidi nel 2022 sarà di 291 euro invece di 287. In barba alla nostra Costituzione che prevede la tutela della disabilità  in diverse disposizioni, in maniera più o meno specifica, negli art  2,  3 , 32. Ma lo Stato, il Governo come intendono correggere l’esistenza nella nostra società di dolorose discriminazioni e di insopportabili diseguaglianze quando i costi per vivere a causa dei rincari diventano onerosi per le famiglie insormontabili   per le persone disabili ?

Europa social Network 2022 : a che punto siamo dove andiamo

 

Alessandra Servidori             European Social Network 2022 :  a che punto siamo e dove andiamo.                   

                     https://www.ildiariodellavoro.it/european-social-network-2022-a-che-punto-siamo-e-dove-andiamo/

                    Come Rete dei Servizi Sociali Europei  stiamo organizzando La Conferenza europea dei servizi sociali ad Amburgo il prossimo giugno,il più grande forum annuale per i professionisti dei servizi sociali pubblici in Europa. La pandemia di Covid-19 ha avuto un triste impatto sull'assistenza sociale della comunità in Europa. Coloro con cui abbiamo collaborato, ognuno di noi diversamente  nell'ambito del nostro lavoro per documentare l'impatto della pandemia, hanno condiviso il fatto che non solo il settore era mal preparato per la crisi, ma la risposta quando è arrivata non è stata sufficiente ed è stata attuata troppo tardi. Nella nostra serie 2020/2021 di webinar Covid-19 con servizi sociali e direttori, pianificatori, commissari e manager dell'assistenza sociale, ci è stato detto in molte occasioni che l'assistenza sociale non sembrava una priorità, l'orientamento non era sempre accurato, c'era una mancanza di risorse umane e di finanziamento e quando c'era, erano lenti ad arrivare. Gli anni precedenti di mancanza di investimenti adeguati avevano già lasciato il settore senza le attrezzature necessarie per gestire la crisi. In termini di risposta, orientamento, risorse e sostegno finanziario sono arrivati troppo tardi per affrontare la crisi, il che solleva domande sul futuro finanziamento dell'assistenza alla comunità. I risultati sono stati coperti dai media in termini di un numero inaccettabile di morti in eccesso nelle case di cura e di troppi operatori sanitari che muoiono, il che solleva preoccupazioni etiche che dovrebbero essere affrontate.In effetti, una sfida chiave è stata garantire che le persone che utilizzano i servizi di assistenza sociale e la forza lavoro che li fornisce siano adeguatamente supportati. Il sistema di assistenza sociale della comunità è frammentato, con l'assistenza fornita da migliaia di fornitori. Anche se questo può essere un punto di forza, può anche rappresentare una sfida in termini di coordinamento. L'accesso a qualsiasi dato in tempo reale utilizzando un'adeguata tecnologia digitale su ciò che sta accadendo tra i servizi sarebbe fondamentale in termini di preparazione alle crisi future per essere in grado di riunirsi. La crisi ha avuto anche l'impatto di esporre i profondi livelli di disuguaglianza che esistono nelle nostre società, con non solo gli anziani, ma anche i bambini e le donne vulnerabili, i senzatetto, gli adulti con difficoltà di apprendimento e quelli con i redditi più bassi, colpiti in modo sproporzionato. Affrontare le disuguaglianze dovrà essere una priorità per qualsiasi riforma futura mentre ci accingiamo a ricostruire l'assistenza sociale della comunità anche se la pandemia continua ad affliggerci. È necessario trarre insegnamenti per la futura preparazione alle crisi che comunque saranno sequenziali. Dovremmo mirare a una crescente enfasi sull'assistenza fornita nella comunità mettendo i bisogni e le relazioni personali al centro della pratica dei servizi sociali. Mentre le politiche mirano sempre più a trasformare i servizi sanitari e di assistenza sociale per raggiungere le persone nelle loro case e comunità, l'attenzione dovrebbe anche spostarsi su interventi precoci ed efficaci per i bambini e le loro famiglie, i giovani e il supporto proattivo per le persone con condizioni di salute a lungo termine e le loro famiglie. Ripensando il futuro della pianificazione e della fornitura di assistenza comunitaria, la conferenza mira a ispirare con esempi, al cambiamento e osare a risultati migliori per bambini e famiglie, giovani, anziani, migranti, persone con problemi di salute mentale o disabilità.Per i professionisti dei servizi sociali in prima linea, Covid-19 ha portato incredibili interruzioni. In ESN abbiamo documentato le sfide che i servizi sociali che lavorano con bambini e famiglie, giovani, persone con disabilità, senzatetto e anziani hanno affrontato da marzo 2020, nonché quanto eroicamente sono entrati in azione per prendersi cura di chi ne ha bisogno. Tuttavia, il Covid-19 ha anche portato a diversi cambiamenti trasformativi di cui si parla da anni. Citando Rahm Emanuel "non voglio mai che una grave crisi vada sprecata", è diventato necessario implementare modi di lavorare nuovi e innovativi, digitali, agili e remoti; la crisi è stata l'impulso per accelerare la trasformazione di queste discussioni in azione. La pandemia di Covid-19 ha ulteriormente incoraggiato le autorità dei servizi sociali a esplorare l'innovazione con il terzo settore e il settore privato, nonché la digitalizzazione e i suoi benefici, che si tratti di miglioramenti del back-end, analisi predittiva, previsione della domanda e monitoraggio remoto. Molte autorità pubbliche stanno esaminando ulteriormente i partenariati, l'integrazione dell'assistenza sanitaria e sociale, la gestione avanzata dei casi che offre l'opportunità di sviluppare servizi nuovi e integrati in tutti i settori, tra molti altri esempi di innovazione. Nell'ambito dei nostri gruppi di lavoro sulla digitalizzazione e i fondi europei, abbiamo discusso una serie di proposte di riforma per trasformare i servizi sociali in servizi moderni e resilienti per una ripresa che funzioni per tutti e non lasci indietro nessuno con i membri ESN che lavorano nei servizi di assistenza sociale in tutta Europa e oltre.Il bilancio finanziario dell'Unione europea per il periodo 2021-2027 e i fondi nazionali per la resilienza e la ripresa sono una fantastica opportunità per investire nella trasformazione dei servizi sociali, attraverso nuovi metodi di lavoro e sistemi digitali. Con la loro attenzione alla trasformazione innovativa e alla transizione digitale, questa è un'opportunità per i servizi sociali di investire nella loro modernizzazione e riforma.

 

 Il metodo da noi usato è stata la comparazione delle esperienze se pur modeste sulle nuove tecnologie digitali  che potrebbero essere una delle risposte alle difficoltà del settore. Ossia bilanciare le difficoltà che si incontrano oggi nel costruire la capacità di risposta per un numero maggiore di cittadini che avrebbero bisogno del sostegno del sistema di welfare.  Il welfare e dunque un settore che si occupa di fornire servizi per le persone, appare evidente come esso non possa essere del tutto immune da questa rivoluzione: le logiche che caratterizzano l’epoca della digitalizzazione stanno infatti impattando sempre di più sui modelli di organizzazione ed erogazione dei servizi alla persona.Il primo aspetto comune a pressoché tutte le innovazioni degli ultimi anni è, appunto, il passaggio da analogico a digitale, la “smaterializzazione” di ampie porzioni della nostra vita quotidiana.A questo elemento si unisce un constante tentativo di saltare le mediazioni e le intermediazioni, con una connessione sempre più diretta tra domanda e offerta, tra chi ha risorse da mettere a disposizione e chi ha un bisogno da soddisfare.Gli ecosistemi digitali all’interno dei quali ci muoviamo oggi sono costruiti per dare precedenza alla circolazione di contenuti, informazioni, conoscenze, con l’idea di superare confini fisici e mettere in relazione pressoché istantanea tutte le parti del Mondo. Scompaiono sempre di più i confini predefiniti e si riscontra una maggiore difficoltà nel ricondurre l’esperienza all’interno dei sistemi digitali a percorsi strutturati, formalizzati e definibili ex-ante. Il ruolo – spesso attivo o proattivo – dell’utente all’interno delle applicazioni e degli ecosistemi digitali diventa fondamentale nel determinare l’output.

 

Crescono anche i livelli di incertezza, perché i ruoli tipici del mondo analogico sono messi in crisi da questo nuovo paradigma. Un altro tratto della rivoluzione digitale con cui deve fare i conti il sistema di welfare è quindi una relativa difficoltà, variabile da soggetto a soggetto, nel vivere all’interno di questo tipo di “ambienti”.Anche l’idea di semplicità e semplificazione ha la precedenza con la rivoluzione digitale e riguarda soprattutto la superficie: basti pensare agli smartphone, dove la semplificazione di interfaccia che viene restituita sullo schermo nasconde una complessità elevatissima che si gioca tutta all’interno del dispositivo e degli elementi che lo compongono. La rivoluzione digitale si accompagna a un potenziale disruptive in grado di trasformare profondamente i modelli di servizio, ridefinendo luoghi e modalità di erogazione, nonché il ruolo di utenti e operatori, senza contare la tipologia e l’entità del valore generato all’interno dei servizi di welfare.Ma a che punto è la trasformazione digitale nel settore? Il  motivo per cui guardare con positività alle nuove tecnologie digitali è proprio la loro scarsa diffusione nei servizi alle persone. Sembra un paradosso, ma il fatto che l’innovazione si sia solo timidamente affacciata ai servizi sociali e sociosanitari sia in Italia che in Europa ci indica che le sue potenzialità devono ancora tradursi in impatti concreti per il sistema di servizi. Le ricerche condotte con riferimento a tre target dei servizi di welfare – anziani non autosufficienti, persone con disabilità e minori – hanno confermato chel’utilizzo delle nuove tecnologie digitali è ancora molto limitata (ad esempio, meno della metà delle strutture residenziali per anziani le utilizza) e legata ai modelli di servizio tradizionali (si pensi all’utilizzo di dispositivi digitali e robot con l’obiettivo di ampliare i contenuti educativi degli asili nido, senza però cambiare ruoli, luoghi e modalità di erogazione). C’è dunque ancora un ampio spazio inesplorato che attende coraggiosi innovatori. Di certo è necessario rifuggire da una logica eccessivamente ottimista rispetto alla capacità delle innovazioni digitali di risolvere tutti i problemi del sistema di welfare. Tuttavia, il fatto che in altri settori la trasformazione digitale sia già stata portata avanti e abbia consentito di introdurre nuove modalità di interazione con gli utenti, di co-produzione di valore e di generazione di impatti positivi, non può che essere un altro segnale positivo anche per i servizi di welfare nei paesi europei. Dobbiamo comunque affrontare due problemi principali e comuni a  tutti i paesi Un primo aspetto che influenza una maggiore lentezza nell’adottare innovazioni tecnologiche digitali nei servizi sociali e sociosanitari è legato a un fattore di impostazione culturale. Si parte dall’assunto che i servizi di welfare non possano prescindere dalla dimensione relazionale (considerazione tendenzialmente corretta) e che la digitalizzazione distrugga tale dimensione (affermazione non necessariamente vera). La trasformazione digitale non porta con sé solo il rischio di trasferire in una dimensione non materiale ciò che è sempre stato tangibile, ma anche l’opportunità di intercettare target di utenza prima esclusi dal perimetro dei servizi (creare nuove relazioni), ma anche di attivare risorse, sviluppare capitale sociale, tutte azioni in grado di rafforzare le reti di sostegno e supporto per le persone fragili o in condizioni di vulnerabilità.Il secondo aspetto è legato all’approccio all’innovazione digitale che si è adottato fino a oggi nella maggior parte dei casi: è quasi sempre la tecnologia a trainare l’innovazione (o presunta tale) e non viceversa  Molti tra i casi finora approfonditi da alcune ricerche raccontano infatti di innovazioni digitali (tablet, app e robot, solo per citarne alcune) introdotte perché chi gestisce il servizio è affascinato dalla tecnologia in sé, senza però avere un’ipotesi forte sul ruolo della stessa nella trasformazione del servizio. O addirittura, in altri casi, le innovazioni tecnologiche digitali vengono introdotte perché esiste un’opportunità di sperimentazione offerta dal provider stesso della tecnologia. Anche in questo caso, dunque, il ragionamento su come cambia o dovrebbe cambiare il modello di servizio arriva solo in una fase successiva. Dunque oltre alla carenza di risorse al settore (che è comunque un tema centrale quando si parla di innovazione e sostenibilità), né quella di innovazioni digitali: ciò di cui c’è  bisogno è un orientamento all’innovazione dei modelli di servizio che passa attraverso una riflessione ex-ante su quali servizi si immagina e quali finalità si vogliono perseguire. Rispondendo ad alcune domande cruciali, come ad esempio: si vuole ampliare la platea di beneficiari già noti dei servizi o si vogliono intercettare nuovi target? Si vuole innovare la modalità di erogazione, il rapporto con l’utente o i meccanismi di accesso? Si vogliono perseguire efficientamenti organizzativi per liberare risorse o si vuole incentivare la messa in campo di nuove risorse da parte degli attori coinvolti? È importante sottolineare che il tema dell’efficienza dovrebbe essere sempre subordinato a quello dell’efficacia dei servizi, con la consapevolezza che nella maggior parte dei casi tentare la strada dell’innovazione, soprattutto nel breve-medio periodo, comporta una consistente componente di fisiologica inefficienza. Una volta individuate chiaramente le finalità dell’innovazione del servizio ci si potrà interrogare sul ruolo delle innovazioni digitali per il raggiungimento degli obiettivi. Ma soprattutto ci si potrà chiedere quali fra le tecnologie esistenti sono le più adatte per rispondere in modo più appropriato ai fabbisogni individuati. Per generare una trasformazione (digitale) del welfare serve prima di tutto un cambio di prospettiva sull’innovazione dei servizi.

  ALESSANDRA SERVIDORI

 

La ragione ; disuguaglianze e futuro molto incerto sopratutto per la disabilità

Alessandra Servidori

Disuguaglianze e futuro molto incerto soprattutto per la disabilità

Per anziani e disabili il futuro non è sicuramente sereno tenuto conto delle risorse assai limitate e finanche confuse che notiamo nelle recenti disposizioni  adottate poichè l’insufficienza di servizi domiciliari, strutture residenziali, azioni a sostegno dei familiari, rappresentano appena lo 0,38 dei famosi 30 miliardi. Quando sappiamo bene che  gli anziani non autosufficienti supereranno di moltissimo, causa denatalità e allungamento della vita, nel prossimo 2028  ben  i 6 milioni e mezzo (dati  istat) e  che già ora,  rappresentano  una realtà  sociale enorme tenendo conto che se ne occupano concretamente 3 milioni di volontari, senza i quali il sistema di aiuto sarebbe già franato stando la mancanza di attenzione politica  evidente. Nel recente   disegno di legge delega sulle disabilità,  prevista nella Legge di Bilancio 2022 e dal Pnrr tra le omissioni della delega appena approvata dal Parlamento vi è quella di non intervenire per correggere gli ampi difetti delle politiche di trasferimento monetario offrendo, responsabilmente e con una regia pubblica, a chi ne ha bisogno, quei servizi necessari a promuovere la loro partecipazione e, soprattutto, a tutelare la loro stessa dignità. Un esempio concreto è la confusione voluta tra la non autosufficienza grave e gravissima  che a livello istituzionale  legislativamente  non è mai  stata  identificata  ma solo adottata in singoli documenti ma che non trova riscontro univoco e oggettivo,poiché dovrebbe  dipendere dal riconoscimento della particolare situazione del singolo caso con una valutazione interdisciplinare che  si traduca in  criteri di definizione della disabilità come rapporto tra esistenza e necessità di assistenza continua.  Così succede che il Fondo per  i familiari che curano un loro disabile( cd caregiver) secondo le legge del 2017che lo ha  istituito e finanziato(ora è di 70 milioni) anziché andare al sollievo economico dei familiari per le cure prestate al proprio congiunto vanno alle singole regioni che ne utilizzano le risorse  a discrezione ( fra le quali ci sono corsi di formazione ?)decidendo  la classificazione tra autosufficienza grave e gravisissima perché è a quest’ultima che sono orientate le risorse. Inaccettabile.

I diritti dell'infanzia e adolescenza in Italia : diversi gap nei servizi significano diseguali opportunità

     Alessandra Servidori  I diseguali diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia

 Il rapporto CRC (gruppo di network di oltre 100 associazioni del terzo settore ) per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia , ha pubblicato i dati regione per regione 2021  sulle differenze territoriali nel modo in cui sono concretamente garantiti i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza segnalando come non solo esistano grandi divari territoriali nella distribuzione della povertà economica, ma che a questi divari si sovrappongono anche quelli nell’offerta di beni pubblici destinati a bambine/i e adolescenti. L’approfondimento fornisce uno strumento prezioso di conoscenza ed insieme evidenzia la necessità di una raccolta di dati più puntuale e tempestiva. E’ grave che i dati sui minori in affidamento familiare siano fermi al 2017 e che quelli sull’utilizzo del sistema sanitario siano, oltre che vecchi, lacunosi e inadeguati. Ma anche con queste lacune la fotografia scattata da questo rapporto costituisce di fatto una denuncia della incapacità delle politiche pubbliche – sanità, istruzione, servizi sociali – di compensare le disuguaglianze di origine sociale. Non perché facciano parti uguali tra disuguali, ma perché fanno parti disuguali tra disuguali alla rovescia, offrendo meno risorse, meno beni pubblici, a chi è già in situazione di svantaggio. In contrasto al dettato costituzionale (art. 3, secondo comma), che impone di rimuovere gli ostacoli al pieno sviluppo della personalità.Le disuguaglianze socialmente strutturate, e in molti casi prodotte dalle stesse politiche pubbliche, riguarda dimensioni tutte cruciali per la crescita e lo sviluppo delle capacità, a partire dalla sopravvivenza e dalla salute. Nonostante l’Italia sia in media uno dei paesi a più bassa mortalità infantile, un bambino che nasce nel Mezzogiorno ha il 50% di probabilità in più di morire nel primo anno di vita rispetto a chi nasce in altre regioni. Se sopravvive, ha minori possibilità di avere accesso alle cure pediatriche e in caso di malattia grave, corre un più alto rischio di dover andare altrove per essere curato. Corre anche un maggior rischio di obesità, una condizione che sappiamo essere molto rischiosa, e con effetti negativi sulla salute di lungo periodo. E’ legata a cattive abitudini alimentari a loro volta spesso esito sia di povertà sia di mancanza di una formazione corretta da parte dei genitori. L’incidenza dell’obesità   minorile si sovrappone quasi perfettamente a quella della povertà. Ed è elevata proprio in quelle regioni, come la Sicilia, la Campania o la Basilicata, dove si riscontrano percentuali significative di malnutrizione. L’assenza, in queste regioni, di scuole a tempo pieno, talvolta anche nel caso delle scuole dell’infanzia, non è solo una riduzione delle risorse educative disponibili viceversa disponibili in altri contesti. Si accompagna anche all’ assenza della possibilità di fruire di almeno un pasto proteico al giorno, almeno nel periodo scolastico. Grandi differenze tra Centro-Nord e Mezzogiorno, ma anche all’interno delle aree settentrionali e centrali, esistono anche nelle opportunità educative extra-familiari offerte ai bambini in età pre-scolare, specie ai più piccoli, tramite nidi, scuole dell’infanzia a tempo pieno e con mensa, servizi di sostegno alle capacità genitoriali, ludoteche e così via. Proseguono nella scuola, con una diversa disponibilità di scuola a tempo pieno. Non sorprende che queste disuguaglianze nella disponibilità di risorse non solo familiari, ma anche pubbliche, si traducano anche in differenze in attività come la lettura, la pratica di uno sport, l’apprendimento di uno strumento musicale o la partecipazione ad attività creative ed artistiche, che pure sono importanti per una crescita armoniosa e lo sviluppo delle capacità.

Risoluzione Onu sulle malattie rare

Alessandra Servidori Risoluzione Onu sulle malattie rare

https://www.ilsussidiario.net/news/malattie-rare-la-risoluzione-onu-che-aiuta-limpegno-dellitalia/2267375/

Di malattie rare ci siamo occupati attraverso il commento della legge del 10 novembre scorso ed è utile segnalare che durante la 76 esima sessione dell’assemblea generale delle Nazioni Unite è stata adottata dai 193 Stati membri la prima Risoluzione che riconosce i diritti delle persone con malattie rare ed è importante per promuovere e incoraggiare le strategie nazionali e la collaborazione internazionale. La risoluzione è uno strumento per includere le malattie rare all’interno del sistema Onu, per rafforzare la comunità mondiale delle persone che vivono con una malattia rara.La risoluzione promuove il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda Onu 2030, cui sia l’Ue che i singoli Stati membri si sono impegnati.In Europa questo si tradurrà nello sviluppo di un Piano d’Azione europeo per le malattie rare all’attenzione della Commissione europea. L’Italia ha un forte commitment nell’implementazione di strategie nazionali e internazionali per favorire la ricerca clinica, l’accesso ai trattamenti più adeguati e innovativi per i malati rari, la corretta formazione e informazione, come testimonia la recente approvazione da parte del Parlamento del Testo Unico sulle malattie rarel In questo senso, la spinta e la capacità di fare sistema che le Associazioni dei pazienti possono offrire è assolutamente preziosa e insostituibile. A livello europeo una patologia è definita rara se colpisce meno di 1 persona ogni 2.000. Le persone con malattie rare possono essere poche per singola patologia, ma si stimano oltre 300 milioni di persone nel mondo, 30 milioni in Europa. La stima in Italia,  è di oltre 2 milioni di persone. Di queste 1 su 5 ha meno di 18 anni. Oltre a essere raramente riscontrate, queste malattie hanno sintomi e manifestazioni che variano anche da persona a persona, rendendole per questo motivo ancor più difficili da diagnosticare e curare. Il tempo medio per una diagnosi è di 4 anni, ma può arrivare fino a 7. Le malattie rare hanno un andamento cronico, ingravescente e spesso invalidante.Per questo motivo è necessaria l’integrazione tra assistenza sanitaria e l’assistenza sociale: le persone che vivono con una malattia rara e le loro famiglie si trovano spesso a sostenere costi sociali ed economici gravosi: 8 su 10 hanno difficoltà a gestire gli aspetti “ordinari” della vita della persona affetta e della famiglia. Questa risoluzione è un enorme passo avanti nel riconoscere i bisogni di questi pazienti che affrontano grandi sfide quotidianamente. Auspichiamo che questa prima risoluzione delle Nazioni Unite sia un punto di partenza per costruire un nuovo percorso di cura per le malattie rare per il quale siamo impegnati ogni giorno,hanno testimoniato le delegazioni dei paesi promotori presenti : Seventy-sixth session Third Committee Agenda item 28 Social development Brazil, Central African Republic, Côte d’Ivoire, Cyprus, Ecuador, Equatorial Guinea, France, Italy, Peru, Portugal, Qatar, South Africa, Spain, Ukraine and Vanuatu: revised draft resolution

 

 

Un Paese civile assicura almeno la sicurezza sul lavoro

Alessandra Servidori

https://www.ildiariodellavoro.it/un-paese-civile-garantisce-ai-cittadini-la-sicurezza-sul-lavoro-non-si-limita-a-piangere-i-morti/

 

 A Torino l’ultima strage sul lavoro e ancora una volta la denuncia della mancanza  di una  Strategia nazionale, che da sempre  assente nel nostro Paese, e che ancora una volta le organizzazioni sindacali  insieme alle famiglie continuano a richiedere, in modo corale, alle istituzioni competenti. Il tema delle tutele in materia di salute e sicurezza sul lavoro e, nella sua ricaduta negativa, degli accadimenti infortunistici, mortali e gravi, senza trascurare le malattie professionali, riguarda molteplici aspetti relativi al mondo del lavoro e alle modalità di svolgimento delle attività lavorative, coinvolgendo tanti soggetti, a partire dalle istituzionali (nazionali e sul territorio), le parti sociali, i tecnici, gli attori della prevenzione aziendale, con una attenzione specifica verso le figure di rappresentanza. Per arginare il fenomeno drammatico degli infortuni e delle malattie professionali, così come anche delle conseguenze di danno derivanti dalle inadeguate  condizioni di lavoro, occorre intervenire su più livelli e su fronti diversificati, in modo costante e coeso, con un impegno da parte di tutti. I sindacati  anche nel maggio 2021 , per offrire una pista comune di obiettivi e impegni, ai diversi livelli,  hanno ritenuto opportuno redigere una Piattaforma ponendo  i punti di evidenza espressi in tre assi: Istituzioni e Organismi nazionali;Contesti lavorativi; Attori della prevenzione. Ecco ora ci chiediamo come è finanziato IL PROGRAMMA PLURIENNALE, con finanziamenti mirati del PNRR e dei Fondi europei e nazionali per la coesione.  Come si intende  CONCEDERE FINANZIAMENTI ALLE IMPRESE, condizionati a requisiti di legalità, applicazione dei CCNL e piena garanzia delle tutele su salute e sicurezza.  Come e se si procede nel  VARARE IL MODELLO DELLA QUALIFICAZIONE DELLE IMPRESE E DELLA PATENTE A PUNTI per determinare l’accesso alle gare di appalto, in particolare quelle pubbliche, sulla base della regolarità delle imprese in merito al rispetto delle normative, ai criteri definiti su SSL, alla legalità e correttezza dei contratti di lavoro. Si è richiesto più volte di RENDERE PIENAMENTE OPERATIVI GLI ORGANISMI NAZIONALI COMPETENTI ALLA SSL (Comitato ex art.5, Commissione Consultiva Permanente, art. 6, entrambi previsti dal D. lgs 81/08 s.m.), puntando, inoltre, a concretizzare un coordinamento permanente tra l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) e le Aziende Sanitarie Locali (ASL), migliorando le verifiche ispettive in qualità, quantità e frequenza, anche attraverso finanziamenti e assunzioni, sia per quanto riguarda l’INL sia per i servizi di prevenzione dei servizi sanitari territoriali. Abbiamo una necessità impellente di realizzare nell’ambito del coordinamento una programmazione efficace dell’attività ispettiva, garantendo il confronto strutturato e continuo sugli assi di programmazione e intervento con le Parti sociali. E’ fondamentale INVESTIRE, TRAMITE L’INAIL, RISORSE SULLA RICERCA, per accrescere la conoscenza della dimensione del fenomeno infortuni e malattie professionali, soprattutto in relazione alle modalità di accadimento, ai rischi emergenti, con particolare attenzione agli effetti derivanti dal cambiamento del mondo del lavoro e dalle innovazioni tecnologiche, e trasversali (età, precarietà del lavoro, immigrati), nonché alla violenza e alle molestie nei luoghi di lavoro. Anche la prevenzione deve diventare 4.0. E’ impellente GARANTIRE L’ACCESSO ALL’ANAGRAFE DI RLS/RLST (che ha Inail) da parte delle OO. SS. Nazionali e territoriali ; così come INSERIRE NEI PROGRAMMI SCOLASTICI, almeno a partire dalle scuole superiori di ogni tipo, LA MATERIA DELLA SSL, ponendo a priorità il messaggio del valore della vita umana, anche sul lavoro. Le ragazze ed i ragazzi che oggi sono a scuola/università saranno lavoratori/trici, imprenditori/trici, liberi/e professionisti/e del domani. Devono acquisire la salute e sicurezza sul lavoro non come questione burocratica, ma di prevenzione e protezione, per sé e per gli altri, rispetto delle normative e delle procedure, attenzione costante e priorità dei diritti di tutela. Nei CONTESTI LAVORATIVI  dobbiamo assicurare l’Informazione, la formazione e l’addestramento come diritti fondamentali ed esigibili di ogni lavoratrice e lavoratore: MAI AL LAVORO SENZA UNA PREPARAZIONE ED UN ADDESTRAMENTO ADEGUATI (indipendentemente dalla tipologia contrattuale, età, genere provenienza da altri paesi) che devono essere forniti ai lavoratori e alle lavoratrici prima di essere adibiti ad ogni specifica mansione e devono essere erogati da Enti di formazione accreditati e certificati. Abbiamo chiesto di INTRODURRE L’OBBLIGO DI FORMAZIONE PER I DATORI DI LAVORO e per tutti coloro che intendono avviare un’attività lavorativa. Non si può più consentire che si possa divenire imprenditori e non conoscere le normative in materia di SSL. E’ utile  DARE NUOVO IMPULSO AL RUOLO DELLA RAPPRESENTANZA, a partire dal garantire in ogni contesto lavorativo la consegna del DVR/DUVRI, l’accesso al registro degli infortuni (digitale), la consultazione sulla valutazione dei rischi e le misure di tutela, sulla designazione degli attori della prevenzione e sull’organizzazione della formazione (di cui all’art. 37 del D. lgs 81/08 s.m.). Sono poi convinta che ciò significa PROMUOVERE E RAFFORZARE LA CONTRATTAZIONE COME STRUMENTO FONDAMENTALE (nazionale e territoriale/aziendale) per declinare le misure di prevenzione e protezione al contesto lavorativo, tenendo conto delle esigenze della popolazione lavorativa, dell’organizzazione (a partire dei turni, dai carichi e dagli orari di lavoro) e delle modalità lavorative. Significa  GARANTIRE PIENO ACCESSO DEI RLS E RLST AI LUOGHI DI LAVORO, potendo disporre di agibilità orarie adeguate, per svolgere appieno il loro ruolo. Vuol dire INTRODURRE IL DIVIETO DI CONTRATTI DI APPALTO AL MASSIMO RIBASSO e con aziende che non sono in regola con le disposizioni normative in SSL. Obbligo per tutti i contratti di appalto della stipula del DUVRI (Documento unico di valutazione dei rischi da interferenza) e identificazione di un responsabile delle lavorazioni in appalto per ciascuna azienda (appaltante e appaltatrice).  Gli ATTORI DELLA PREVENZIONE   possono essere molteplici e dunque dobbiamo generalizzare e rafforzare il ruolo della rappresentanza in tutti i contesti e settori lavorativi, senza distinzioni di dimensione e settore: NESSUNA AZIENDA SENZA RLS/RLST, REGOLARMENTE ELETTI/DESIGNATI dalle lavoratrici e lavoratori.Il SSN deve GARANTIRE APPIENO LO SVOLGIMENTO DEL RUOLO DEL MEDICO COMPETENTE (come previsto dalla normativa vigente), attraverso un’azione non solo volta alla sorveglianza sanitaria, ma alle visite negli ambienti di lavoro, alla collaborazione alla valutazione dei rischi, al supporto per il ricollocamento degli inidonei. Significa RAFFORZARE LE COMPETENZE E LA FORMAZIONE DEI RSPP E GARANTIRE UNA PARTECIPAZIONE EFFETTIVA E COSTANTE DEI RLS/RLST al sistema di prevenzione aziendale. Possiamo e dobbiamo  EFFETTUARE UNA CAMPAGNA STRAORDINARIA DI CONTROLLI DA PARTE DEGLI ORGANIDI VIGILANZA IN OGNI AZIENDA, da rendere poi costante nel tempo ed abituale. Un Paese civile assicura ai suoi cittadini il diritto alla certezza della prevenzione sul lavoro, e non si limita  a piangere i suoi morti.

 

Riflessioni da cristiana cattolica

Riflessione di una cristiana cattolica      EWWIWA MARIA !!!!!

Ritirato il documento sulle linee guida della comunicazione interna dell'Unione dichiarando che non soddisfa gli standard di qualità della Commissione e che lavorerà ulteriormente sul documento denominato Unione dell’uguaglianza, rimane il dubbio che la Ue sia fuori di testa. Purtroppo, il ritiro non basta. Se l'obiettivo del documento, come precisato dalla commissaria all'Uguaglianza, era di evidenziare la diversità della cultura europea, avrebbe dovuto ricondurre ragionamenti e riflessioni ai contrasti e agli attriti che si svilupparono intorno al 2003, sul riferimento alle radici giudaico-cristiane da introdurre nella Costituzione europea. Infatti, quel richiamo non avrebbe, in alcun modo, compromesso la laicità della Carta, ma il braccio di ferro vide perdenti i favorevoli all'inserimento e la nascita di un documento storicamente e quindi culturalmente acefalo che, per altre criticità, non visse a lungo e di cui solo alcuni aspetti furono assorbiti dal Trattato di Lisbona. Gli Ugualitari della Commissione partendo dal presupposto che in Europa tutti dobbiamo essere eguali senza indicazioni di genere, razza, etnia, religione, orientamento sessuale e considerando il Natale una festività poco inclusiva, deducono che i periodi festivi devono essere indicati in forma generica perché non sono tutti cristiani.Noi cristiani ricordiamo il Natale, festeggiandolo, l'Ebraismo non celebra la ricorrenza del Chanukkà detta anche festa delle luci, spesso coincidente con il periodo natalizio, la Chiesa ortodossa non ricorda il Natale che, seguendo il calendario giuliano, cade il 7 gennaio. Se infastidiscono nomi tipicamente cristiani come Maria e Giovanni, perché i funzionari europeisti non esprimono la stessa amorevole sensibilità anche per Muhammad e Aisha? Si potrebbe continuare nel ricordare ulteriori amenità del documento : sarebbero riflessioni inconcludenti al fine di un'effettiva olistica comprensione di un trend di grande appeal, in particolare nel mondo occidentale, un orientamento supportato e coniugabile con modernismo, progressismo, novismo, e perché no, con vuotismo insignificante e modaiolo.In forza degli stessi impulsi negli USA si abbattono le statue, in Italia, in solidarietà con le colleghe si va a scuola vestite da donna e in un liceo, in sentita partecipazione per le disforie di genere, con asterischi si tronca il finale di sostantivi e aggettivi che qualificano un'identità sessuale. Demenzialità che accompagnano un processo teso all'interiorizzazione di un nuovo Ordine mondiale: assicurerà coesistenza e felicità eliminando le frontiere, l'identità genitoriale, affermando un monoculturalismo, una religione universale, affidando la nostra libertà individuale alla rete, ingannevole ma appagante, dei social media. Questa pazza prospettiva del futuro, vorrebbe diventare un progetto di mutamento politico su scala nazionale?

Finanza e cultura planetaria, informazione da sottoprodotto politico, impegnati per la felicità futura? Le posizioni della Commissione della von der Leyen: "Siamo neutrali sulle questioni delle religioni, abbiamo un costante dialogo con tutte le organizzazioni religiose e non confessionali", ma la Cristianità si sarebbe attesa una netta presa di posizione dalla scomparsa del Natale, oltre alla comunicazione interna dell'Ue e la presa di posizione del Segretario di Stato-. Un assordante silenzio che avvolge che prosegue verso l'immiserimento della nostra religione, un continuo e inarrestabile svuotamento verso un datato buonismo sociale. La Storia insegna che le civiltà non vivono in eterno e quella occidentale non sarà da meno, il Cristianesimo sarà piccola minoranza centrata sulla fede e molto meno su Roma e il misero documento dimostra ancor più il cammino verso il nuovo Ordine e la secondarietà delle nostre voci. Comunque una certezza mi consola e mi fa ancora più sentire forte : la persona cristiana e le sue libertà non si diluiranno nell'indifferenziazione dell'Umanità.

Dicembre 2021 W Maria

 

FINALMENTE LA LEGGE SULLE MALATTIE RARE

                  ALESSANDRA SERVIDORI

FINALMENTE LA LEGGE SULLE MALATTIE RARE

In Gazzetta ufficiale del 26 Novembre la legge 10 novembre 2021 n. 175 "Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani". Il testo prevede l'attuazione del Piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato; garantisce un percorso strutturato della transizione dall’età pediatrica all’età adulta; prevede che i farmaci orfani siano resi immediatamente disponibili da tutte le Regioni e disciplina le modalità di importazione di farmaci inclusi nei Piani personalizzati. Viene inoltre istituito un fondo di solidarietà finalizzato a favorire l’inclusione sociale dei pazienti, ovvero l’istruzione e l’inserimento lavorativo e sociale degli stessi. Dal 2022 aumenta inoltre il contributo delle aziende farmaceutiche al fondo nazionale per l'impiego, a carico del Ssn, di farmaci orfani e viene concesso un'incentivo fiscale fino a 200mila euro a soggetti pubblici e privati che svolgono o finanziano attività di ricerca sulle malattie rare o sui farmaci orfani. Presso il Ministero opererà il Comitato nazionale per le malattie rare, con funzioni di indirizzo e coordinamento, definendo le linee strategiche delle politiche nazionali e regionali. Il testo conferma e rafforza le funzioni del Centro Nazionale per le Malattie Rare dell’ISS, sede del Registro Nazionale delle Malattie Rare. Viene previsto in particolare che le Regioni assicurino, attraverso i Centri regionali e interregionali di coordinamento, il flusso informativo delle reti per le malattie rare al CNMR al fine di promuovere nuove conoscenze scientifiche, effettuare un monitoraggio epidemiologico delle malattie rare, valutare la qualità complessiva della presa in carico dei pazienti e orientare così la programmazione nazionale in tema di malattie rare.Sarà  promossa un'informazione tempestiva e corretta ai pazienti, ai loro familiari e agli operatori sanitari insieme a iniziative per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie rare. Saranno emanati decreti attuativi che prevedono il coinvolgimento degli organi tecnici dei Ministeri, ognuno per la sua competenza.All’interno della norma si fa riferimento ad una serie di decreti, regolamenti e accordi attraverso i quali sarà possibile dare concreta applicazione ad alcune delle disposizioni in essa contenute. A questo proposito, gli atti cui la norma rinvia sono cinque: due decreti ministeriali, due accordi da stipulare in sede di Conferenza permanente per i rapporti con le regioni e le province autonome e un regolamento. Queste le scadenze : ENTRO IL 10 FEBBRAIO VA ISTITUITO IL COMITATO NAZIONALE PER LE MALATTIE RARE Il primo atto previsto in ordine temporale è quello indicato dall’articolo 8 relativo all’Istituzione del Comitato Nazionale per le malattie rare. A questo proposito, il Ministero della Salute entro 60 giorni, con proprio decreto, è chiamato ad istituire il Comitato e a disciplinarne le modalità di funzionamento, assicurando la partecipazione di tutti i soggetti portatori di interesse del settore.ENTRO IL 12 MARZO IL REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE DEL FONDO DI SOLIDARIETÀ.Secondo quanto stabilito dal comma 2 dell’articolo 6, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero della Salute e con il Ministero dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza per i rapporti  tra lo Stato, le regione e le province autonome, sentito l’INPS, entro 3 mesi e dunque entro il 12 marzo 2022 è tenuto ad adottare, con proprio Decreto, il regolamento di attuazione relativo all’Istituzione del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare.Solo quando il regolamento sarà pubblico sapremo come effettivamente sarà erogato questo fondo, se in modalità diretta o indiretta, se attraverso le Regioni o a livello centrale. Lo stanziamento effettivo è previsto già per il 2022, per ora però sappiamo solo che l’articolo 6 destina tali risorse al finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura ed assistenza delle persone affette da tale patologia, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con handicap riconosciuto con connotazione di gravità (ai sensi della Legge 104) e che necessitano di assistenza continua. ENTRO IL 12 MARZO IL PIANO MALATTIE RARE al fine di assicurare il costante aggiornamento del Piano Nazionale per le Malattie Rare - PNMR, la legge stabilisce, all’articolo 9 che con accordo da stipulare in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentiti il Comitato e il Centro nazionale per le malattie rare, ogni 3 anni deve essere approvato il PNMR con cui sono definiti gli obiettivi e gli interventi pertinenti nel settore. In sede di prima attuazione, il Piano dovrà essere adottato entro 3 mesi dall’entrata in vigore della legge stessa e dunque entro il 12 marzo 2022. ENTRO IL 12 MARZO L’ACCORDO TRA STATO E REGIONI PER LE AZIONI INFORMATIVE, con l’obiettivo di incentivare l’informazione e la comunicazione nell’ambito delle malattie rare e sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema, il Ministero della Salute, secondo quanto stabilito dall’articolo 14, è tenuto a promuovere azioni utili per assicurare una tempestiva e corretta informazione rivolta alle persone con malattie rare. Le modalità per assicurare quanto sopra indicato devono essere definite attraverso un accordo in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, entro 3 mesi, quindi entro il 12 marzo 2022.Contemporaneamente o centri di coordinamento regionali e interregionali, sempre entro sei mesi sono chiamati a dotarsi di strumenti adeguati, al fine di fornire le informazioni necessarie relative alle Reti regionali ed interregionali e per orientare le persone con malattia rara rispetto alle offerte assistenziali organizzate da regioni diverse da quella di residenza. ENTRO IL 12 GIUGNO IL REGOLAMENTO RELATIVO AGLI SGRAVI FISCALI PER RICERCA E SVILUPPO,con l’obiettivo di favorire la ricerca finalizzata allo sviluppo di protocolli terapeutici sulle malattie rare e dei farmaci orfani, ai soggetti pubblici o privati impegnati in questo tipo di attività o che finanziano progetti di ricerca negli ambiti sopra indicati è concesso, a decorrere dal 2022, un credito d’imposta pari al 65 per cento delle spese sostenute fino ad un importo massimo di 200.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 10 milioni di euro annui. A questo proposito, secondo quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 12, il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Università e della ricerca e con il Ministero dell’economia e finanze, attraverso regolamento da emettersi entro sei mesi, quindi entro il 12 giugno 2022, è chiamato a stabilire i criteri e le modalità di attuazione di quanto sopra indicato.

 Di particolare importanza L'articolo 6 prevede e disciplina l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, con una dotazione iniziale pari ad un milione di euro annui a decorrere dall'anno 2022, destinato al finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura ed assistenza delle persone affette da tale patologia, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con handicap riconosciuto con connotazione di gravità (ai sensi della Legge 104) e che necessitano di assistenza continua.Il regolamento di attuazione dell'articolo 6 viene adottato, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, sentito l'Istituto nazionale della previdenza sociale. Mediante tale regolamento, al fine di introdurre interventi volti a favorire l'inserimento e la permanenza delle persone affette da malattie rare nei diversi ambienti di vita e di lavoro, sono disciplinate, nei limiti della dotazione del Fondo, le misure dirette a:  riconoscere benefici e contributi ai familiari ed a coloro che si prendono cura delle persone affette a malattie rare; garantire il diritto all'educazione ed alla formazione delle persone affette da malattie rare nelle scuole, assicurando che il piano terapeutico sia svolto anche in ambiente scolastico con il supporto necessario a tal fine; favorire l'inserimento lavorativo e la possibilità di mantenere una condizione lavorativa autonoma della persona affetta da malattia rara.

 

Verso i nuovi ITS : Luci e ombre nella nuova formazione

Alessandra Servidori      https://www.ildiariodellavoro.it/ 30 novembre 2021

                      Verso i nuovi ITS    : cerchiamo di capire meglio luci e ombre         

 La legge approvata dalla Camera il 20 luglio scorso e in attesa di essere presentata al Senato,  ammoderna gli Istituti tecnici superiori (Its), rinominati Its Academy, che divengono una componente strutturale del sistema educativo italiano: un canale formativo terziario parallelo all’università in continuità con il sistema di istruzione e formazione tecnica e professionale e con i licei, simile a quelli esistenti da tempo in Germania, Francia, Spagna, Svizzera. L’articolo 1 della legge dichiara che l’Its è un «sistema» centrato sulle finalità di innovazione richieste dal Pnrr; è uno sbocco terziario sia ai percorsi di istruzione e formazione tecnica, di competenza regionale, sia ai percorsi di formazione secondaria come i licei, di competenza statale. A differenza dell’università e degli istituti di istruzione secondaria, tuttavia, non è costituito da un sistema «statale» centralizzato: coordinamento e finanziamento sono nazionali, ma la competenza sulla programmazione e sull’erogazione degli Its è regionale. La soluzione che il ddl trova è di proporre un dispositivo dinamico di co-determinazione fra Stato e Regione sulla governance, sui decreti attuativi, sulla gestioneUn processo delicato che andrà gestito con una organizzazione cooperativa efficace e efficiente.Il ddl dice che gli Its si occupano di «formazione professionalizzante di tecnici superiori con elevate competenze tecnologiche e tecnico-professionali». Forse meglio sarebbe stato precisare che essi formano «professioni a larga banda»: infatti le nostre ricerche rilevano che già oggi gli Its formano «tecnici destinati ad applicare e gestire innovazioni tecnologiche e organizzative operando nei processi di produzione di beni e servizi, con una elevata expertise in ambito digitale e tecnologico e organizzativo, con distintive competenze sociali». Il ddl prevede che gli Its Academy abbiano altre funzioni oltre a quelle formative: diffusione della cultura scientifica e tecnologica; orientamento permanente dei giovani verso le professioni tecniche; aggiornamento e formazione dei docenti di discipline scientifiche. Già oggi molti di essi sono laboratori di sviluppo di metodologie didattiche attive che possono essere trasferite ad altri canali formativi e che la riforma dovrà potenziare .Ma sono, o stanno diventando, anche laboratori di innovazione in cui imprese e sistema dell’istruzione sviluppano insieme progetti e soluzioni di prodotti e servizi e sono aree di consulenza alle imprese.Questa legge sancirà che università e Its conducano insieme la medesima partita: accrescere l'occupazione giovanile e la produttività e l'innovazione delle imprese.Il disegno di legge affronta uno dei nodi che avevano fomentato la presunta concorrenza fra Its e università: si stabilisce che esistono due canali di formazione terziaria paralleli e che l’Its può anche offrire corsi di sei semestri con certificati di livello VI dell'European Qualifications Framework. L’Italia è al penultimo posto in Europa per iscritti a un corso di formazione terziaria, universitaria e non. Per questo, finalmente, questa legge sancirà che università e Its debbano condurre insieme la medesima partita: accrescere occupazione giovanile e insieme produttività e innovazione delle imprese; superare il mismatch fra competenze richieste e competenze disponibili; e soprattutto sviluppare quei nuovi ruoli e professioni che emergeranno nei processi di innovazione.Vero è che l’università dovrà formare, oltre che scienziati e specialisti, anche figure di progettisti dei nuovi sistemi tecnologico-organizzativi: architetti multidisciplinari dei sistemi socio-tecnici nell’industria e nei servizi. Gli Its, dal loro conto, avranno prevalentemente il compito di formare tecnici e professional attuatori e integratori e nuovi capi intermedi che si occuperanno di gestire sistemi e processi ad alta complessità, per lo più digitalizzati. La divisione del lavoro fra università e Its sarà quindi parte integrante dell’energico processo di costruzione dei ruoli e delle professioni della 4° rivoluzione industriale e delle nuove competenze.Fra lauree e Its deve esserci divisione del lavoro ma anche una programmata «permeabilità» e un impegno comune nell’orientamento. Occorre favorire il passaggio dall’università all’Its e viceversa, attivando «passerelle» bidirezionali. Oltre il 30% degli studenti oggi abbandona i corsi di laurea tecnico-scientifici dopo il primo anno. D’altra parte molti studenti dell’Its al termine del loro percorso vogliono proseguire con una laurea.Poi per quanto successo possano avere, gli Its non risolvono il problema di limitare i processi di esclusione, drop outNeet che si addensano nelle aree della formazione e istruzione secondaria tecnica. È pertanto un intervento non facile su tutta la filiera della formazione tecnica: istruzione tecnica, istruzione professionale, IeFP, Academy aziendali sono regolati da soggetti diversi (Regioni, ministero dell’Istruzione, aziende).Gli Its Academy sono forme organizzative innovative: si costituiscono come fondazioni di diritto privato che si assumono l’impegno di gestire una istituzione pubblica. Le Fondazioni Its inoltre possono diventare in tutta Italia nodi di reti governate: sia reti multiterritoriali sia reti settoriali. Nella prospettiva dello sviluppo di un sistema nazionale, dovrebbero essere potenziate le reti multiterritoriali, che diano agli Its la stessa visibilità e legittimazione dei licei e delle università. Le reti settoriali a loro volta possono rendere gli Its risorsa preziosa per lo sviluppo dei settori produttivi: sia quelli tradizionali da innovare sia quelli emergenti.Il ruolo delle rappresentanze delle imprese e dei lavoratori nel ddl è previsto negli organi collegiali. Il problema chiave è la promozione della partecipazione attiva delle singole imprese e dei sindacati nella gestione delle Fondazioni Its. Occorre promuovere l’interesse e l’impegno anche delle imprese di minori dimensioni e importante è il coinvolgimento dei sindacati di categoria e territoriale su temi concreti, valorizzando la bilateralità: per esempio per la formazione continua (reskillingupskilling) dei lavoratori.Per quanto riguarda il finanziamento, il ddl prevede un Fondo per l’istruzione e la formazione tecnica superiore, con una dotazione a 68 milioni di euro per l’anno 2021 e a 48 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022. Non si fa riferimento al Pnrr, che porterà le risorse a una media di 200/250 milioni di euro l’anno, presumibilmente in una logica di crescita progressiva. Che cosa succederà fra sei anni? Si tornerà al mero fondo statale?Il ddl non dedica poi particolare rilievo ad alcune questioni chiave per lo sviluppo del sistema: innanzitutto la necessità di aumentare l’attrattività dei percorsi terziari Stem attraverso borse di studio, collegi, corsi preparatori all’accesso all’Università e agli Its, per favorire le ragazze e i ragazzi meno abbienti e cresciuti in ambienti non-Stem. Bisogna fare molto orientamento delle scuole secondarie e comunicare alle famiglie e ai giovani le possibilità occupazionali e la qualità della proposta didattica dell’Its.Per realizzare le promesse contenute nel disegno di legge è necessario potenziare l’organizzazione a tutti i livelli: la struttura e il funzionamento degli organi collettivi di governance e degli organi che svilupperanno gli atti attuativi; i presìdi della gestione di finanziamenti; i presìdi della gestione del cambiamento; le strutture dedicate del ministero e delle Regioni; e soprattutto l’organizzazione delle Fondazioni Its e delle loro reti. Esse dovranno essere tutte mission driven organizations ossia organizzazioni guidate dagli obiettivi economici, occupazionali e sociali del Pnrr. Organizzazioni che vanno progettate e gestite usando quei modelli, pratiche, metodologie evolute e non burocratiche che le scienze organizzative e le migliori organizzazioni ci hanno reso disponibili negli ultimi decenni. Per attuare la legge, sono indispensabili due strumenti non giuridici: un piano economico per utilizzare il Pnrr e un percorso di change management strutturale, ossia un percorso di cambiamento culturale e strutturale che riguarda diversi livelli del sistema

 

25 novembre www.il sussidiario.net proposte concrete che valgono molto anche più delle taxk force

                    Alessandra Servidori

                    https://www.ilsussidiario.net/news/giornata-contro-la-violenza-sulle-donne-le-azioni-che-valgono-piu-delle-task-force/2255086/

                                          La giornata è internazionale e ancora una volta stride con la retorica  ed è addirittura  irritante poiché  la violenza  sulle donne si è accanita ancora più dolorosamente in questi tempi di pandemia. E siamo sempre al momento degli annunci ma poi il bollettino si macchia di nero costantemente di più. Certo scarpe  e panchine  rosse sono simboli della mattanza ma peggio è quando creiamo delle aspettative poi deluse. Dal codice rosso dei pochi pronto soccorso, alle case per le donne sempre meno sostenute dalle risorse  pubbliche .per non parlare di “buona scuola” dove si pretende di affrontare senza adeguata preparazione delle insegnanti la questione del rispetto di genere, fino ad arrivare ai ddl demagogici e al mettere insanamente all’indice le forze dell’ordine ree di non avere prestato attenzione alle denunce. Il governo ha riannunciato, ma non a tutti è dato il privilegio del testo, una task force  multidisciplinare per il raccordo e, in casi specifici,  la gestione delle misure previste dal Pnrr in favore dell’empowerment delle donne vittime di violenza. E’ una delle promesse  del nuovo piano anti violenza per il 2021-23, passato in conferenza unificata, e che vedrà la luce anche dettagliata  il 25 novembre . L’obiettivo della ennesima  task force è integrare e supportare il modello di governance già preesistente nella realizzazione degli interventi previsti dall’iniziativa Next Generation EU, dall’impiego dei Fondi strutturali e di investimento europei (Fondi SIE). Si annuncia un piano operativo  agganciato al piano triennale precedente, che ,ahi noi!, non ha funzionato. Dunque si parla ancora di  prevenzione,  protezione , sostegno  e assistenza delle vittime,  punizione dei colpevoli. Si promette di combattere la violenza economica con l’ alfabetizzazione finanziaria, tirocini retribuiti,  norme per favorire l’inserimento lavorativo ,e dunque ancora una cabina di regia, un osservatorio, il collegamento con il territorio in nome della Direttiva di Istambul del 2013 : sfide aperte e per nulla risolte. Ma in attesa che il piano funzioni davvero almeno  due azioni positive  sulle quali abbiamo in un gruppo che diventa sempre più ampio, muoverci. E sono entrambi rivolte alle madri in difficoltà perché la violenza non le offenda ancora di più. Si tratta  di contrastare l’utilizzo da parte dei tribunali civili del concetto di alienazione parentale nell’ambito di procedimenti civili che accompagnano la definizione delle separazioni nei casi di violenza contro le donne madri, utilizzata spesso come forma di condizionamento nei confronti delle donne vittime di violenza. La Corte di Cassazione è stata di nuovo chiamata ad esprimersi, con un’ulteriore ordinanza (la n. 13217/21) in tema di Pas e di Sindrome della Madre Malevola. E’ necessario,  che, laddove vi sia una condanna penale per maltrattamenti, il procedimento di affido dei figli, applichi il chiaro ed inderogabile obbligo del rispetto di quanto previsto sia dalla Convenzione di Istanbul in materia di protezione della vittima nei processi di affido dei figli e del Gruppo di esperti europei incaricato di monitorare l’attuazione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. L’altra proposta  che presentiamo  in un appello al Governo è che alle madri in condizioni di difficoltà che non possono allattare i propri figli  al seno sia dato gratuitamente il latte in polvere : non possiamo lamentarci che la povertà aumenta tra le donne che la natalità diminuisce drasticamente e NON aiutare le madri fragili. Si tratta di una decrescita che, se valutata in termini assoluti, è stata sette volte più grande di quella registrata a gennaio 2020, allorché si ebbero 729 nati in meno rispetto allo stesso mese del 2019, mentre in termini relativi giunge a configurare una variazione negativa a due cifre (-14,3%), superiore di oltre dodici punti percentuali a quella corrispondente nel 2020.E tra le famiglie monogenitori (uomini e donne), l'incidenza della povertà relativa si attesta al 13,9%. Tale percentuale sale al 15,7% nel caso di madre sola con almeno un figlio minore. Questa nostra riflessione /proposta è lotta alla violenza perpetrata  sulle donne. Il latte in polvere  poi costa poco, vale tanto e da subito concretamente si può fare.

https://ultimenews.info/cronaca/giornata-contro-la-violenza-sulle-donne-e-la-vignetta-choc-sul-fatto-quotidiano/ Erica Venditti : una giovane giornalista  autrice di un sito molto dinamico  riprende punto per punto le iniziative sulla giornata internazionale delle donne. 



                     Alessandra Servidori     25 Novembre 2021

IL LATTE IN POLVERE GRATUITO ALLE MADRI FRAGILI CHE NON POSSONO ALLATTARE

                        Alessandra Servidori     25 Novembre 2021

   Alla Cortese Attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi

                      Perché la giornata contro la violenza sulle donne abbia un atto concreto e subito nel nostro Paese ,Le chiediamo, caro Presidente Mario Draghi di sostenere il nostro Appello :

                      La proposta  che presentiamo  in un appello al Governo è che alle madri in condizioni di difficoltà che non possono allattare i propri figli  al seno sia dato gratuitamente il latte in polvere : non possiamo lamentarci che la povertà aumenta tra le donne, che la natalità diminuisce drasticamente e NON aiutare le madri fragili. Si tratta di una decrescita che, se valutata in termini assoluti, è stata sette volte più grande di quella registrata a gennaio 2020, allorché si ebbero 729 nati in meno rispetto allo stesso mese del 2019, mentre in termini relativi si giunge a configurare ad oggi una variazione negativa a due cifre (-14,3%), superiore di oltre dodici punti percentuali a quella corrispondente nel 2020.E tra le famiglie monogenitori (uomini e donne), l'incidenza della povertà relativa si attesta al 13,9%. Tale percentuale sale al 15,7% nel caso di madre sola con almeno un figlio minore. Questa nostra proposta si ascrive a fianco delle iniziative che il Governo si è assunto ed  è, anch’ essa, un sostegno alla lotta alla violenza perpetrata  sulle donne. Il latte in polvere in carico al Servizio Sanitario Nazionale  costa poco, vale tanto e da subito concretamente si può fare.

                        La ringraziamo di cuore     Alessandra Servidori

                    Abbiamo già raccolto un migliaio di firme del nostro appello tra le  quali

                  Marina Biagi,Lorenzo Biagi, Sonia Alvisi ,Marco Strada, Carla Facchini,Davide Bianconi,Enrico Procapio, Francesco Comellini, Simone Fanfarillo,Stefania Sidoli, Giuliano Cazzola, Maria Elena Golfarelli,Mariangela Pani, Annita Ferri,Paola Girolami, Grazia Labate Maria Rita Meucci,Alba Dall’Acqua, Magda Mandrioli, Maurizio Tognetti,Luisa Cortese,Maria De Fazio, Rosanna Santonocito ,Maria Teresa Conti ,Ester Tomesani,Ester Pandolfini, Anna Servidori,Francesca Monteguti, Roberta Servidori, Carla Chirico, Barbara Maiani,Fiorella Fiore,Maria Stella Querzola Barbone, Michela Barattini,Maria Franca Levi,Piero, Chiara,Franca Lina, Barbara Servidori, Luisa Festa, Stefania Scoglio,Tiziana Baracchi,Raffaella Pannuti, Daniele Mandrioli,Gennaro Mancino,Nicoletta Durante,Claudia Corso,Francesco Pitrelli,Armando Menichelli,Renata Rizzo Bigoni Silvio,Enrico Maria Pedrelli, ……..    

 

              23/ Novembre/2021

Assegno unico universale per famiglie .Dove è ?

Alessandra Servidori

 https://www.ilsussidiario.net/news/assegno-unico-i-conti-che-penalizzano-le-famiglie-a-basso-reddito/2249754/

Le disposizioni finanziarie le troviamo ,per ora, nel decreto  legge dell’8 giugno n. 79 art 8 Misure urgenti in materia di assegno temporaneo per figli minori. Disposizioni finanziarie Omissis “. Agli oneri derivanti dagli articoli 2 e 6, pari a 1.610 milioni di euro per l’anno 2021 e agli oneri derivanti dall’articolo 5 valutati in 1.390 milioni di euro per l’anno 2021, si provvede mediante corrispondente riduzione per 3.000 milioni di euro per l’anno 2021, dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 339, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.” . Parliamo dell’assegno unico universale per i figli per il 2022 i cui requisiti sembrano già fissati ( tranne cambiamenti ) presentato già in aprile del 2021 come evento straordinario, importante supporto alla genitorialità,ma ad oggi ancora il decreto legge definitivo non è stato emanato. Le notizie sono confuse ,si alternano, ma vero è che sappiamo dai conti fatti con i dati a disposizione che la razionalizzazione dei sostegni alla famiglia con misure come il bonus 800 euro importante per le spese in gravidanza e il bonus bebè lasciano un vuoto evidente poiché è probabile che alcune famiglie percepiranno un assegno minore dell’attuale. Vista la complessità dell’operazione messa in atto dal Governo, il quale si e’ preso  tempo (rinviando l’entrata in vigore dell’assegno unico per i figli da luglio 2021 a gennaio 2022) per aggiustare alcuni strumenti organizzativi in capo a Inps ( molto oberato da funzioni da riorganizzare relative all’assegno di cittadinanza, alle politiche attive insieme ad Anpal, i controlli sull’assegno di invalidità ,anche  per calcolare il dovuto ai nuclei familiari che avrebbero potuto subire svantaggi dalla riforma. I conti precisi potremo farli quando avremo nero su bianco  del decreto che comunque sarà operativo da marzo 2022 ma dai dati in nostro possesso a cd “bocce ferme” e incrociando varie simulazioni, non è improbabile che famiglie saranno penalizzate. Dipenderà sicuramente anche dall’individuazione dell’Isee di riferimento che qualora il Governo dovesse decidere d’innalzarne la soglia entro cui si ha diritto al massimo dell’importo e cioè a 15.000 Euro ovviamente i parametri si modificheranno. Ma su questo abbiamo buone ragioni per pensarlo, vedremo  diminuzioni  nel primo anno di vita del bambino, quando oggi una famiglia ha diritto agli 800,00€ del premio nascita, al bonus bebè che va dagli 80,00€ ai 160,00€ (più maggiorazioni per i secondi figli) e agli assegni al nucleo familiare (nel caso dei lavoratori subordinati) ed è possibile che a essere particolarmente svantaggiate dal passaggio all’assegno unico universale siano le famiglie con basso reddito, proprio quelle che in realtà dovrebbero essere maggiormente aiutate. Ricordiamo  che fu La legge di bilancio 2020 a istituire  il "Fondo assegno universale e servizi alla famiglia", indirizzato al riordino e alla sistematizzazione delle politiche di sostegno alle famiglie con figli. Nel Fondo, dal 2021, sono trasferite le risorse dedicate all'erogazione dell'assegno di natalità (c.d. bonus bebè) e del Bonus asilo nido, successivamente rifinanziato dalla legge di bilancio 2021.  Poi l'istituzione del Fondo, la legge delega n. 46 del 2021 per il riordino, la semplificazione ed il potenziamento delle misure a sostegno dei figli a carico . A tali interventi si affianca il c.d. Family Act, di iniziativa governativa, che incide su materie diverse, quali: il sostegno all'occupazione femminile; la promozione della natalità, ecc.    Sta di fatto che dai conti messi in fila  che gli stanziamenti finanziari necessari per la realizzazione dell'assegno unico universale sono pari a 19 miliardi di euro l'anno. Saranno presumibilmente recuperati da nuove poste in bilancio ma anche risparmi di spesa:5 miliardi dall'eliminazione degli assegni familiari ANF ,370 milioni dal'eliminazione degli assegni alle famiglie  numerose, erogati dai  Comuni,400 dal riassorbimento anche del bonus bebé,6 miliardi arrivano dal Fondo per la riforma fiscale istituito nella scorsa legge di bilancio,6,3 miliardi saranno risparmiati dall'eliminazione delle detrazioni IRPEF per i figli a carico,1 miliardo è già disponibile come residuo del Fondo per la famiglia della legge di bilancio 2020. Attendiamo fiduciosi.

 

Come stanno le lavoratrici e i lavoratori italiani frontalieri a San Marino e gli altri ?

Alessandra Servidori

 https://www.ildiariodellavoro.it/san-marino-e-dintorni-una-riflessione-sui-frontalieri/

     Come stanno le lavoratrici e i lavoratori  italiani frontalieri a San Marino  e gli altri ?

La Repubblica di San Marino ha provveduto specialmente ultimamente ad offrire profili professionali adeguati alle molteplici iniziative imprenditoriali. Una forte attenzione è dedicata alla qualificazione professionale, alla formazione continua e all’upgrading delle competenze della forza lavoro. I profili professionali altamente qualificati sia per quanto riguarda la manodopera che il settore impiegatizio sono dovuti ad un sistema sinergico di formazione, caratterizzato da importanti ed innovative agevolazioni a supporto delle imprese e dei lavoratori soprattutto frontalieri. L’investimento in capitale umano è favorito da tipologie contrattuali a contenuto formativo e di riqualificazione e da strumenti incentivanti a disposizione degli operatori economici. Questo contribuisce al potenziamento delle conoscenze e delle competenze umane, favorendo una maggiore efficienza produttiva, rendimenti più elevati a vantaggio delle imprese e un modello di sviluppo basato sulla crescita. Dunque le disponibili  professionalità richieste dalle imprese che operano in territorio, è rivolta  a prestatori di lavoro non residenti a San Marino che attraverso e i servizi di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro vengono svolti da un ufficio pubblico e sono disponibili anche on-line.La concertazione fra i sindacati garantisce un equilibrio fondamentale per il mondo del lavoro. I contratti collettivi nazionali definiscono gli elementi di base e il contenuto del contratto di lavoro individuale. Questo modello migliora la produttività e porta al contenimento dei conflitti sociali.Il costo del lavoro è comunque competitivo grazie ad una minore incidenza degli oneri sociali sul fattore  lavoro rispetto ai paesi vicini compresa e soprattutto l’Italia. Gli oneri contributivi a carico delle imprese variano in base alla forma giuridica e al settore di appartenenza dell’impresa.Le diverse tipologie contrattuali permettono alle imprese di disporre delle risorse umane in maniera flessibile in base alle proprie esigenze e sono particolarmente favorevoli per il datore di lavoro, anche in ragione degli incentivi economici previsti dalla normativa in materia. Sono molteplici gli incentivi a sostegno dell’occupazione, della formazione, dell’acquisizione delle competenze finalizzati all’inserimento o al reinserimento in azienda di determinate categorie di lavoratori e il reddito di lavoro dipendente prodotto dai frontalieri (residenti italiani che lavorano a San Marino) è tassato sia nel luogo ove è svolta l’attività lavorativa (con le aliquote del sistema fiscale sammarinese), sia in quello di residenza del dipendente (Italia), salvo il riconoscimento del credito di imposta per evitare (o quanto meno mitigare) la doppia imposizione nello Stato di residenza del lavoratore. Sui redditi da lavoro dipendente prodotti a San Marino l’Italia riconosce una franchigia, il cui importo viene deliberato da parte dell’Italia.In materia di protezione sociale i lavoratori frontalieri sono soggetti alle stesse tutele delle altre categorie di lavoratori e quindi versano i contributi previdenziali nello Stato in cui prestano l’attività lavorativa e percepiscono una pensione distinta per ogni Stato in cui sono stati assicurati per un periodo di almeno un anno. Recentemente poi  è stato brillantemente risolto il caso targhe  e dunque al divieto di circolazione, introdotto dal decreto Sicurezza del 2018, per i veicoli immatricolati nella Repubblica di San Marino e condotti da residenti in Italia da oltre 60 giorni e che coinvolgeva diversi lavoratori frontalieri. Il senato ha approvato un emendamento del relatore che concede ai lavoratori frontalieri di San Marino di guidare i veicoli aziendali in territorio italiano. Il provvedimento  si iscrive nell’ambito della legge europea. Ma non è allargato a tutti. Infatti per i lavoratori  al confine italo-francese e a Monaco che sono tanti il problema rimane e  si è consumato   una  discriminazione  perché  i lavoratori non possono venire in Italia con camion, bus, furgoni ecc.  per lavoro e rischiano un licenziamento. Si usano due pesi e due misure? Dai 400 ai 500 posti di lavoro a rischio licenziamento.  Si configurano frontalieri di serie b oggetto di una penalizzazione di una legge inserita nel decreto sicurezza Salvini e che non si è voluta cambiare. Ma quale è  la differenza ? Auspichiamo nel più breve tempo possibile un provvedimento allargato a tutti con ripensamento operoso e quindi anche un’attenzione alle esigenze di chi già lavora tra mille difficoltà.

Legge di bilancio 2022 :news sanità e lavoro

Legge di Bilancio 2022: news Sanità e Lavoro

 www.generedonna.it 

Con Alessandra Servidori

Ieri è stata approvata anche in Senato la Legge di Bilancio 2022, che include alcune novità in tema di Sanità e Lavoro. Ne abbiamo parlato con la Prof.ssa Alessandra Servidori per far luce su un argomento che interessa tutti noi.

La Legge di bilancio 2022

Due miliardi in più per il fondo sanitario nazionale nel 2022. E poi altri due, rispettivamente nel 2023 e nel 2024. Il capitolo Sanità della Legge di Bilancio 2022 si apre con l’incremento del Fondo sanitario nazionale (Fsn). Il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui corrisponde lo Stato viene fissato in 124,061 miliardi di euro per il 2022, in 126.061 miliardi per il 2023 e 128.061 miliardi per il 2024. Confermati dunque i sei miliardi in più annunciati per il prossimo triennio.

Si mettono sul piatto risorse fondamentali da affiancare a quelle del PNRR che sono comunque “a termine” (si interrompono nel 2026) necessarie soprattutto a riempire di “contenuti” (i professionisti) i “contenitori” che il Recovery Plan ha previsto e progettato per la salute sul territorio.

Obiettivo: riequilibrare il fondo sanitario

Operare per riequilibrare dopo anni di tagli il fondo sanitario è un impegno non indifferente, anche per riuscire a integrare gli organici, ormai ai minimi termini. Dopo i due miliardi previsti nel 2019, aumentati a 10 per l’emergenza Covid nel 2020 e poi a 20 con il PNRR, si è riusciti a introdurre un meccanismo di crescita del fondo più stabile. Si tratta dell’integrazione degli organici, che non può essere fatta con risorse ‘a tempo’, né proseguendo con l’immissione di nuovi precari come durante l’emergenza è stato indispensabile fare. È un passo avanti che si è fatto nell’organizzazione della sanità nazionale con le previsioni attuali della manovra 2022 e l’importanza di scelte che vanno davvero nel senso della tutela della Salute.

Il Parlamento deve vegliare e tutelare su queste risorse e, ora che la manovra 2022 è legge, il personale sanitario deve chiedere al Governo e alle Regioni di prevedere nuovi organici anche allargando la disponibilità didattica degli Atenei, introducendo anche le specializzazioni infermieristiche (anche l’infermiere di famiglia e comunità lo è) e condizioni di lavoro analoghe a quelle dei colleghi degli altri Paesi europei.

Le novità per le persone affette da malattie rare

Una legge ad hoc è fondamentale per una vera organizzazione a livello nazionale. Da gennaio 2022 sarà reso disponibile un Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, per ora solo di 1 milione di Euro (ma che potrebbe essere implementato durante la legge di Bilancio). Il Fondo servirà per il finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura e assistenza delle persone affette da malattie rare. Tra le altre cose, questo Fondo mira a favorire l’inserimento lavorativo della persona affetta da una malattia rara, garantendo a essa la possibilità di mantenere una condizione lavorativa autonoma.

L’esistenza di un fondo, che prima non c’era, è importante perché si potrà scegliere di finanziarlo in futuro anche con somme molto più ampie. La legge prevede esplicitamente il tempestivo aggiornamento dei LEA e stabilisce anche che in caso di ulteriori ritardi venga attuata una procedura alternativa.

Le novità per la formazione specialistica dei medici

Novità anche per la formazione specialistica dei medici. Ai fondi per le borse degli specializzandi si aggiungono 194 milioni di euro per il 2022. Poi a seguire: 319 milioni per il 2023, 347 per il 2024, 425 per il 2025, 517 per il 2027 e 543 per il 2027. La sanità si fa con l’organizzazione dei servizi, la salute si ha quando ci sono professionisti in grado di garantirla. Metà della somma stanziata è utilizzata per l’acquisto di vaccini e medicinali e l’altra metà sarà dedicata al potenziamento delle risorse per il Servizio Sanitario Nazionale. Il finanziamento del “Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale” (PanFlu 2021-2023) sarà impegnativo per l’adozione da parte delle Regioni dei decreti attuativi dei Piani pandemici regionali e provinciali.

Dovremo attenzionare molto la situazione delle donne perché a livello europeo l’indice di uguaglianza di genere ci pone in una graduatoria in situazione molto fragile, soprattutto per la mancanza di servizi sanitari per la prevenzione e la genitorialità.

 

Condivi

Malattie rare : finalmente approvata la legge ma siamo solo a metà del percorso

 

https://www.startmag.it/sanita/legge-sulle-malattie-rare-tutte-le-novita/ Alessandra Servidori

Finalmente approvata la legge sulle malattie rare che da anni attendavamo : diventano questione rilevante per la legge dello Stato.

 Tra i tanti effetti negativi collaterali di questa pandemia alcun e persone affette da malattie particolarmente gravi e complicate hanno subito dei peggioramenti . Ma ieri almeno il testo unificato delle proposte di legge recante "Disposizioni per la cura delle malattie rare e per il sostegno della ricerca e della produzione dei farmaci orfani", noto come Testo Unico sulle Malattie Rare con il voto unanime della Commissione XII Igiene e Sanità del Senato, in sede deliberante, ha approvato il testo in via definitiva. Per prima cosa si tratta della prima legge dedicata unicamente alle malattie rare, volta a organizzare in maniera ordinata e (il più possibile) completa questo ambito, che interessa circa 2 milioni di persone in Italia. In linea generale le finalità del provvedimento sono: garantire sull’intero territorio nazionale l’uniformità della presa in carico diagnostica, terapeutica e assistenziale dei malati rari; disciplinare in modo sistematico ed organico gli interventi dedicati al sostegno della ricerca, sia sulle malattie rare sia sui farmaci orfani. La legge prevede inoltre un Fondo di solidarietà dedicato al finanziamento delle misure di sostegno del lavoro di cura e assistenza delle persone con malattia rara invalidi civili al 100% o disabili con connotazione di gravità ai sensi della Legge 104. Per la concreta applicazione della legge saranno ora necessari ulteriori passaggi: due decreti ministeriali, due accordi in Conferenza Stato Regioni e un regolamento.

In passato ogni atto relativo alle malattie rare era passato attraverso decreti ministeriali, spesso privi di organicità. Una legge ad hoc è fondamentale per una vera organizzazione a livello nazionale. Da gennaio sarà reso disponibile un Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, per ora solo di 1 milione di Euro (ma che potrebbe essere implementato durante la legge di Bilancio). Il Fondo servirà per il finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura e assistenza delle persone affette da malattie rare. Tra le altre cose questo Fondo mira a favorire l’inserimento lavorativo della persona affetta da una malattia rara, garantendo a essa la possibilità di mantenere una condizione lavorativa autonoma.  L’esistenza di un fondo, che prima non c’era, è importante perché si potrà scegliere di finanziarlo in futuro anche con somme molto più ampie.La legge prevede esplicitamente il tempestivo aggiornamento dei LEA e stabilisce anche che in caso di ulteriori ritardi venga attuata una procedura alternativa. Questo dovrebbe facilitare aggiornamento della lista delle malattie rare esenti e anche delle patologie da sottoporre a screening neonatale. Attualmente l’elenco ministeriale prevede 453 codici di esenzione, per un totale di almeno 682 malattie esplicitate (che potrebbero essere un po’ di più, grazie alla logica dei gruppi aperti con i quali l’elenco è stato costruito. Qui l’elenco completo delle malattie rare esenti). Le malattie rare oggi note sono più di 7000, quindi è evidente che questo elenco necessiti di aggiornamenti.Si prevedono dei forti incentivi di natura fiscale: parliamo di un contributo, nella forma di credito d’imposta, pari al 65 per cento delle spese sostenute per l’avvio e per la realizzazione dei progetti di ricerca. Questo dovrà essere attuato entro 6 mesi.La legge non prevede i dettagli, ma impone alle regioni un impegno per ridurre i tempi di accesso alle terapie approvate. La Legge prevede l'istituzione presso il Ministero della salute del Comitato nazionale per le malattie rare, che svolgerà funzioni di indirizzo e coordinamento.Il Ministero dovrà ora impegnarsi a garantire un'informazione tempestiva e corretta ai pazienti affetti da una malattia rara e ai loro familiari. Dovrà inoltre sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie rare.

I PASSAGGI ORA NECESSARI PER L'APPLICAZIONE DELLA LEGGE In seguito alla pubblicazione della legge in Gazzetta Ufficiale, dal momento della sua entrata in vigore, decorreranno i termini entro i quali sarà necessario produrre 5 differenti atti necessari alla piena attuazione del Testo Unico.Entro 2 mesi deve essere istituito il Comitato Nazionale per le Malattie Rare (Decreto del Ministero della Salute); entro 3 mesi, invece, deve essere istituito il Fondo di Solidarietà per le persone affette da malattie rare (Decreto del Ministero del Lavoro di concerto con Ministero della Salute e MEF). Vi sono poi due importanti accordi che devono essere presi in sede di Conferenza Stato Regioni: uno è quello relativo all’approvazione del Secondo Piano Nazionale Malattie Rare e riordino della Rete, un atto atteso ormai da tantissimi anni, che deve essere adottato, in sede di prima attuazione, entro tre mesi. Vi è poi un secondo accordo di competenza della Conferenza Stato Regioni, con cui dovranno essere definite le modalità per assicurare un’adeguata informazione dei professionisti sanitari, dei pazienti e delle famiglie, da adottarsi entro 3 mesi.Infine, entro 6 mesi dall’entrata in vigore, servirà anche un Regolamento del Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Università e Ricerca, per stabilire i meccanismi di funzionamento degli incentivi fiscali in favore dei soggetti, pubblici o privati, impegnati nello sviluppo di protocolli terapeutici sulle malattie rare o alla produzione dei farmaci orfani.I reali effetti di questa legge dovrebbero concretizzarsi, di fatto, entro la fine del 2022.

 IL TESTO UNICO MALATTIE RARE IN SINTESI : Il provvedimento si compone di 16 articoli. L'articolo 1 enuncia la finalità identificandola nella tutela del diritto alla salute delle persone affette da malattie rare mediante misure dirette a garantire: l'uniformità della erogazione sul territorio nazionale delle prestazioni e dei medicinali, inclusi quelli orfani; il coordinamento, l'aggiornamento periodico dei livelli di assistenza e dell'elenco delle malattie rare; il coordinamento, il riordino ed il potenziamento della rete nazionale per le malattie rare istituita con il regolamento di cui al decreto del Ministro della sanità 18 maggio 2001, n. 279 comprensiva dei centri che fanno parte delle Reti di riferimento europee (ERN), per la prevenzione, la sorveglianza, la diagnosi e la terapia delle malattie rare; il sostegno alla ricerca.L'articolo 2 definisce le malattie rare L'articolo 3 contiene la definizione di farmaco orfano.L'articolo 4 rimette ai centri di riferimento di cui al D.M. 279 del 2001, la definizione del piano diagnostico terapeutico assistenziale personalizzato che comprende i trattamenti ed i monitoraggi di cui necessita una persona affetta da malattia rara, garantendo anche un percorso strutturato nella transizione dall'età pediatrica all'età adulta.L'articolo 5 detta disposizioni per assicurare l'assistenza farmaceutica e l'immediata disponibilità dei farmaci orfani. I farmaci di fascia A od H prescritti ai pazienti affetti da una malattia rara vengono erogati dalle farmacie dei presìdi sanitari, dalle aziende sanitarie territoriali di appartenenza del paziente - anche nel caso di diagnosi della malattia rara in una regione diversa da quella di residenza -, dalle farmacie pubbliche e private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. In tale ultimo caso viene richiamato il rispetto degli accordi regionali. Viene poi stabilito che per le prescrizioni relative ad una malattia rara il numero di pezzi prescrivibili per ricetta può essere superiore a tre qualora previsto dal piano terapeutico assistenziale.I farmaci di cui all'articolo in esame sono comunque resi disponibili dalle regioni anche nelle more dei periodici aggiornamenti per il loro inserimento nei prontuari terapeutici ospedalieri o in altri elenchi analoghi predisposti dalle competenti autorità regionali o locali. le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono tenute ad aggiornare, con periodicità almeno semestrale, i prontuari terapeutici ospedalieri e ogni altro strumento analogo regionale, elaborato allo scopo di razionalizzare l'impiego dei farmaci da parte di strutture pubbliche, di consolidare prassi assistenziali e di guidare i clinici in percorsi diagnostico-terapeutici specifici, nonché a trasmetterne copia all'Aifa.Viene consentita l'importazione di farmaci in commercio in altri Paesi anche per usi non autorizzati nei Paesi di provenienza, purché compresi nei Piani diagnostici terapeutici assistenziali. Per l'applicazione di tale disposizione tuttavia il farmaco deve essere richiesto da una struttura ospedaliera, anche se utilizzato per assistenze domiciliari ed è posto a carico del Servizio sanitario nazionale.L'articolo 6 prevede e disciplina l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, del Fondo di solidarietà per le persone affette da malattie rare, con una dotazione iniziale pari ad un milione di euro annui a decorrere dall'anno 2022, destinato al finanziamento delle misure per il sostegno del lavoro di cura ed assistenza delle persone affette da tale patologia, con una percentuale di invalidità pari al 100 per cento, con connotazione di gravità e che necessitano di assistenza continua.Il regolamento di attuazione dell'articolo 6 viene adottato, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, sentito l'Istituto nazionale della previdenza sociale. Mediante tale regolamento, al fine di introdurre interventi volti a favorire l'inserimento e la permanenza delle persone affette da malattie rare nei diversi ambienti di vita e di lavoro, sono disciplinate, nei limiti della dotazione del Fondo, le misure dirette a:  riconoscere benefici e contributi ai familiari ed a coloro che si prendono cura delle persone affette a malattie rare; garantire il diritto all'educazione ed alla formazione delle persone affette da malattie rare nelle scuole, assicurando che il piano terapeutico sia svolto anche in ambiente scolastico con il supporto necessario a tal fine; favorire l'inserimento lavorativo e la possibilità di mantenere una condizione lavorativa autonoma della persona affetta da malattia rara.L'articolo 7 definisce le funzioni del Centro nazionale per le malattie rare, che deve svolgere attività di ricerca, consulenza e documentazione sulle malattie rare e i farmaci orfani finalizzata alla prevenzione, trattamento e sorveglianza delle stesse. Il Centro è il responsabile del Registro nazionale delle malattie rare.L'articolo 8 prevede l'istituzione presso il Ministero della salute del Comitato nazionale per le malattie rare. Il decreto disciplina le modalità di funzionamento del Comitato prevedendo, in particolare, che le riunioni dello stesso si svolgano preferibilmente mediante videoconferenza. Il Comitato, la cui composizione assicura la rappresentanza di tutti i soggetti portatori di interessi del settore (tra i quali rappresentanti dei Ministeri della salute, dell'Università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, della Conferenza delle regioni, dell'Aifa, dell'Iss dell'Agenas, dell'Inps), svolge funzioni di indirizzo e coordinamento definendo le linee strategiche delle politiche nazionali e regionali in materia di malattie rare. I componenti del Comitato non percepiscono alcuna indennità, gettone di presenza, compensi, rimborsi di spese od od emolumenti comunque denominati. Le attività di supporto tecnico sono svolte dalle strutture ministeriali competenti nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.L'articolo 9 prevede che ogni tre anni venga approvato il Piano nazionale per le malattie rare che definisce gli obiettivi e gli interventi pertinenti in tale ambito. In sede di prima attuazione del provvedimento in esame il Piano è adottato entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge.L'articolo 10 prevede che le regioni assicurino, attraverso i Centri regionali e interregionali di coordinamento, il flusso informativo delle reti per le malattie rare al Centro nazionale per le malattie rare di cui all'articolo 7 al fine di produrre nuove conoscenze sulle malattie rare, monitorare l'attività e l'uso delle risorse nonché per valutare la qualità complessiva della presa in carico dei pazienti e attuare un monitoraggio epidemiologico, anche al fine di orientare e supportare la programmazione nazionale in tema di malattie rare e le azioni di controllo e di verifica.L'articolo 11 dispone che a decorrere dal 2022 il fondo nazionale per l'impiego, a carico del Ssn, di farmaci orfani per malattie rare e di farmaci che rappresentano una speranza di cura, in attesa della commercializzazione, per particolari e gravi patologie, di cui all'articolo 48, comma 19, lettera a) del D.L. n. 269/2003 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326/2003, venga integrato con un ulteriore versamento pari al 2 per cento delle spese autocertificate entro il 30 aprile di ogni anno da parte delle aziende farmaceutiche sull'ammontare complessivo della spesa sostenuta nell'anno precedente per le attività di promozione rivolte al personale sanitario. Ricordiamo che attualmente tale fondo è istituito presso Aifa e finaziato con il 2,5% delle suddette spese, con questa legge, quindi, il contributo delle aziende sale al 4,5%.Il Fondo per la parte di cui al comma 1 è destinato a studi preclinici e clinici promossi nel settore delle malattie rare e studi osservazionali e registri di uso compassionevole di farmaci non ancora commercializzati in Italia.L'articolo 12 concede, a decorrere dal 2022, un contributo, sotto forma di credito d'imposta, nel rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, pari al 65 per cento delle spese sostenute per l'avvio e per la realizzazione di progetti di ricerca, fino all'importo massimo annuale di euro 200.000 per ciascun beneficiario, nel limite di spesa complessivo di 10 milioni di euro annui. L'agevolazione opera in favore dei soggetti pubblici o privati che svolgono tali attività di ricerca, ovvero dei soggetti che finanziano progetti di ricerca sulle malattie rare o sui farmaci orfani svolti da enti di ricerca pubblici o privati. I beneficiari, per godere dell'agevolazione, sono tenuti a inviare entro il 31 marzo di ogni anno il protocollo relativo alla ricerca sulle malattie rare al Ministero della salute. Si demanda al Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e delle finanze, il compito di individuare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della normativa in commento, i criteri e le modalità di attuazione delle agevolazioni in esame, anche al fine di assicurare l'osservanza dei limiti di spesa annui.Si prevede e disciplina poi l'accesso, a decorrere dall'anno 2022, da parte delle imprese farmaceutiche e biotecnologiche che intendono svolgere studi finalizzati alla scoperta o alla registrazione o alla produzione di farmaci orfani o di altri trattamenti altamente innovativi, agli interventi di sostegno previsti dal decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 26 luglio 2016 n. 593 (Disposizioni per la concessione delle agevolazioni finanziarie). L'attuazione di tale previsione viene poi rimessa ad un decreto del Ministro dell'Università e della ricerca, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente.L'articolo 13 prevede che il Ministero della salute, il Ministero dell'Università e della ricerca e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, promuovano il tema delle malattie rare nell'ambito della ricerca indipendente . Viene poi stabilito che le amministrazioni interessate provvedano all'attuazione del presente articolo nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.L'articolo 14 riguarda le attività informazione sulle malattie rare. Prevede che il Ministero della salute, nell'ambito delle attività informative e comunicative previste a legislazione vigente, promuova azioni utili per dare un'informazione tempestiva e corretta ai pazienti e ai loro familiari e sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie rare.L'articolo 15 è dedicato alle disposizioni finanziarie.L'articolo 16 è dedicato alla la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano.

Ullalà :pensioni e ancora pensioni

DAL SITO PER NOI Pensioni per tutti ?

https://www.pensionipertutti.it/pensioni-anticipate-2021-proroga-opzione-donna-i-requisiti-tornano-quelli-originari/,

Nella Legge di Bilancio 2021 non ci si é occupati unicamente della misura che andrà a sostituire quota 100, ossia la quota 102, che avrà durata annuale in attesa di una riforma maggiormente strutturale, ma si é optato per la proroga dell’ape sociale con un ampliamento delle categorie di mestieri considerati gravosi, e della proroga dell’opzione donna. Peccato che fa notare Orietta Armiliato, amministratrice del CODS, i requisiti siano cambiati e siano, manco a dirlo, peggiorativi, ossia si é passati dalla possibilità di accedere alla quiescenza dai 58 anni e 35 di contirbuti per le dipendenti e 59 anni per le autonomeai 60 anni per le dipendenti e 61 per le autonome, un incremento di ben due anni che non é certamente stato accolto positivamente dalle donne e dal comitato opzione donna social che ne rappresenta buona parte delle istanze.

Sulla questione ci siamo interfacciati con Alessandra ServidoriComponente Consiglio di Indirizzo CIPESS (Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) del Presidente del Consiglio e del Governo, per comprendere quale sia la sua opinione al riguardo, giusta la proroga con incremento dei due anni, una sorta di equiparazione all’aumento biennale inserito nella quota 102, che ha portato l’età anagrafica a salire dai 62 anni ai 64, oppure ingiusto nei confronti delle donne, già generalmente più penalizzate nel mondo del lavoro e di conseguenza nel raggiungimento della pensione? Eccovi le sue considerazioni al riguardo.

Pensioni anticipate 2021, proroga opzione donna ma l’età passa da 58 a 60, giusto o no?

“Sono convinta che la riforma pensionistica debba essere attuata il prima possibile perché abbiamo già avuto la dimostrazione che una serie di modifiche come quota 100 non hanno dato i risultati  ipotizzati dal precedente governo. Anzi, soprattutto in materia di ricambio generazionale : i nostri giovani sono effettivamente in condizioni drammatiche tali da non avere prospettive per la loro vita lavorativa e dunque per il sistema di protezione sociale previdenziale il quale non dimentichiamo è a ripartizione e dunque è chiaro che abbiamo il dovere morale di modificare le regole che non reggono più.

Il compromesso offerto da Mario Draghi e Daniele Franco, ovvero prevedere una norma ponte per il solo 2022 in attesa di un nuovo tavolo da avviare a gennaio non elimina la distanza di fondo: l’esecutivo vuole tornare alle regole della legge Fornero allargate alle eccezioni come Ape sociale per i lavori faticosi (esteso a nuove categorie) e Opzione donna: su quest’ultimo meccanismo, che permette alle lavoratrici di accedere alla pensione in anticipo in cambio di un assegno meno generoso, era emersa la disponibilità a riportare l’età minima da 60 a 58 anni (con 35 di contributi) già durante l’esame parlamentare.

Sono altrettanto convinta che le lavoratrici debbano avere agevolazioni contributive figurative mentre lavorano non solo per i figli ma soprattutto per riconoscere il lavoro di cura anche prestato ai familiari disabili e non autosufficienti. E la soluzione è assolutamente legata alla gestione dei Fondi bilaterali da estendere come copertura di accesso per congedi parentali così da non impoverire il quantum contributivo e arrivare a pensioni dignitose . Non sarà comunque 1 anno di età in più a pregiudicare OPZIONE DONNA se si parte subito con la contribuzione figurativa arricchita –

Desidero ricordare  che OCSE in occasione della pubblicazione dell’Economic Survey per l’Italia, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico  ha puntato il dito sia contro Quota 100, che consente il pensionamento anticipato dai 62 anni d’età con almeno 38 anni di versamenti di contributi sia contro Opzione donna, che invece che dà diritto al pensionamento anticipato con un trattamento calcolato su base contributiva fino a dicembre 2021Misura che a dire dell’Organizzazione “non andrebbe rinnovata, perché amplifica i rischi di povertà in età avanzata”.

Voi dal canto vostro cosa ne pensate dell’opzione donna giusto averla rinnovata ma doveroso riportarla ai requisiti precedenti o era meglio seguire il parere dell’OCSE? Fatecelo sapere nellìapposita sezione commenti del sito, nel mentre ricordiamo a chiunque volesse riprendere parte delle dichiarazioni della Servdori che, trattandosi di esclusiva, é tenuto a citare la fonte.

BASTA CON LE BATTAGLIE IDEOLOGICHE E ANDIAMO AVANTI ANCHE CON I CONTRATTI DI ESPANSIONE

Alessandra Servidori    BASTA CON LE BATTAGLIE IDEOLOGICHE E ANDIAMO AVANTI ANCHE CON I CONTRATTI DI ESPANSIONE

 Non è più tempo per le battaglie ideologiche anzi chi le fa è proprio un irresponsabile. Ho ascoltato con   interesse la conferenza di  Paolo Gentiloni a Bologna  sulla situazione europea e il destino dell’Italia se non andiamo avanti con un processo riformatore tosto . Rischiamo  ancora moltissimo perché  abbiamo avuto una grande frammentazione  con potenziali ripercussioni sulla tenuta di tutto il progetto europeo –Sul recovery se l'Italia non  riuscisse a vincere la sfida di mettere a frutto il Next Generation Ue sarebbe un "errore storico". Gli ostacoli dell'utilizzo dei fondi del Next Generation Eu sono diversi da Paese a Paese, l'Italia ha una responsabilità particolare perché ha una somma di circa 200 miliardi di euro da mettere a terra nei prossimi 4 o 5 anni e conoscendo le nostre difficoltà del nostro Paese nell'assorbimento dei fondi europei certamente non è facile. Negli anni 2010  il meccanismo economico europeo si è inceppato e una delle cause è stata l'idea prevalente che dietro la crisi del debito ci fosse l'azzardo morale, la convinzione che fosse necessario imporre austerità e sacrifici per mettere i conti in ordine e far ripartire l'economia. Il risultato è stato di strozzare la crescita, deprimere gli investimenti e rallentare inutilmente il percorso di ripresa. Senza, peraltro, produrre i risultati sperati sul piano del debito. Tra il 2010 e il 2019 il rapporto debito/Pil in paesi come Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Grecia è peggiorato invece di migliorare. E d'altronde, se il denominatore non cresce….. Basta dunque con le battaglie ideologiche sull’omofobia e sul green pass e ancora peggio  sul sistema di quiescenza anticipata voluta dal Conte1. Sappiamo dai numeri  del fallimento di quella misura  che solo il 22% della platea potenziale ne ha usufruito. Ad andare in pensione a 64 anni con 38 anni di contributi non sono state le fasce più basse di lavoratori, per esempio chi faceva lavori usuranti, ma prevalentemente uomini del settore pubblico e con un reddito medio e soprattutto pochissime donne che non arrivano mai a mettere insieme una contribuzione decente. E poi si è rivelata una presa in giro il ricambio generazionale che era stato promesso, perché il tasso di sostituzione non è stato di tre nuovi lavoratori ogni nuovo pensionato, ma nemmeno mezzo posto nuovo (0,40) ogni tre liberati. E diciamocelo  che se “quota 100”  durasse fino al 2030 come previsto costerebbe 18,8 miliardi, sottratti esattamente ai giovani, oggi i cittadini italiani più fragili come giustamente ci ricorda Veronica de Romanis . Le rigidità della politica elettoralistica  è in grande confusione sia a destra che a sinistra e del sindacato miope e addirittura offensivo contro Draghi( Bombardieri che si rifiuta di dargli la mano )  o la leader dei metalmeccanici tale Re David che si chiede perché hanno assalito la cgil (che è contraria  anche lei al green pass!) sono la rappresentazione di una sorta di armata brancaleone che  ha limitato le mosse giuste del  governo  che si è limitato  a tagliare “quota 100” mettendo “quota 102”, che certo non cambia significativamente le cose, e a promettere che essa durerà solo per il 2022, per poi lasciare spazio ad una riforma vera. Certo bisogna intervenire sulle pensioni in un contesto di generale revisione del welfare (anche per rendere plausibile il rifinanziamento del reddito di cittadinanza,( pare ma non è detto che la macchina dell’Anpal e Inps all’unisono si metta veramente a funzionare )solo se accompagnato da un radicale ripensamento degli strumenti di sostegno ai soggetti veramente falcidiati dalla crisi) e magari  da un reinserimento del reddito di inclusione. Per ora ragionevolmente accompagniamo i piccoli passi compreso quella tipologia contrattuale che permette il pensionamento graduale delle persone affiancando loro magari i giovani , il cd contratto di espansione che la legge di conversione del decreto Sostegni bis (D.L. n. 73/2021) ha confermato  quale strumento normativo principe per la gestione dei processi di ristrutturazione aziendale e di riqualificazione professionale dei lavoratori da parte delle aziende che occupano almeno 100 dipendenti. La misura consente l’accesso alla cassa integrazione straordinaria e, al contempo, l’accompagnamento all’esodo dei lavoratori prossimi alla pensione. Al fine di sostenere i processi di reindustrializzazione e riorganizzazione, la misura consente di ricorrere al prepensionamento dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dal conseguimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata, anche tramite l'accesso alla cassa integrazione straordinaria per quelli che non possono usufruire dello scivolo di 5 anni, unitamente all’avvio di processi di formazione per l’aggiornamento delle competenze dei dipendenti in forza e alla stipula di nuovi contratti a tempo indeterminato.

 

Libera e democratica opinione sul decreto OMOFOBIA

                      Alessandra Servidori

https://ultimenews.info/infanzia-e-famiglia/ddl-zan-i-diritti-non-sono-ne-di-destra-ne-di-sinistra-lanalisi-del-testo/

                       La legge sull’omotransofobia si è caricata di norme e significati esodanti l’opportunità di introdurre regole contro la piaga dell’omofobia che purtroppo esiste. I diritti però non possono essere una partita da giocare in modo tattico, non sono né di destra, né di sinistra, ma toccano la carne viva del Paese, incidono situazioni che già esistono intorno a noi e che vanno trattate con molto più rispetto. Il tema è divisivo, non possiamo e non dobbiamo nascondercelo. Pensare che le ragioni possano trovarsi interamente in una posizione piuttosto che in un’altra, significa non voler comprendere le ragioni degli altri. Il Testo di legge in verità  travalica il confine della tutela legislativa con l’effetto di imporre una diversa visione della società in odore di pensiero unico. Bisognava trovare un correttivo. Vero è che le Istituzioni  riconoscono e anche però garantire davvero un diritto di libertà troppo spesso macchiato da violenze fisiche o verbali.
Non possiamo, infatti, negare diritti di libertà a nostri concittadini che fanno parte, a pieno titolo e senza distinzioni, di quel perimetro all’interno del quale agisce il nostro contratto sociale, sulla base del quale i diritti di ognuno di noi devono trovare come limite invalicabile solo ed esclusivamente i diritti dell’altro e dell’altra. Comprese le idee propugnate come espressione di modernità, libertà e di progresso, ma che invece nascondono un’inaccettabile e arretrata visione discriminatoria e di restaurazione che relega le donne a minoranza e addirittura nel testo affiancate alle persone disabili . Il disegno di legge si è trasformato in un manifesto ideologico, che rischia di mettere in secondo piano l’obiettivo principale e di ridurre pesantemente diritti e gli interessi delle donne e la libertà di espressione.  E’ un testo che va modificato , perché una legge scritta male porta a delle interpretazioni ed applicazioni controverse che riducono i diritti e non ne consentono la piena tutela. Il ddl Zan facendo leva su un tecnicismo che appare secondario e terminologico introduce , se non modificato,una pericolosa sovrapposizione della parola “sesso” con quella di “genere” con conseguenze contrarie all’art. 3 della Costituzione per cui i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere e non in armonia con la normativa vigente, legge n. 164/82 (e successive sentenze della Corte Costituzionale), che ammette e consente la transizione da un sesso ad un altro sulla base non di una semplice auto-dichiarazione. La definizione di “genere” contenuta nel ddl Zan, che non è accettata dagli altri Paesi, crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto, che invece ha il dovere di dare certezza alle relazioni giuridiche e di individuare le varie fattispecie.Una legge trasformata, in una proposta pasticciata, incerta sul tema della libertà d’espressione, offensiva perché introduce l’”identità di genere”, termine divenuto il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale per accreditare una indistinzione dei generi. Un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica inaccettabile.  Fra le conseguenze vi sono la propaganda di parte, nelle scuole, a favore della maternità surrogata e l’esclusione di ogni visione plurale nei modelli educativi. Fuori veramente da ogni compatibile rispetto dei valori.

Nuova Professionalità la diversità e il genereITS settembre/ottobre

*Alessandra Servidori       Pubblicato oggi 27/ottobre/2021        Rubrica ITS e divari di genere e non solo 

Nuova Professionalità .Parliamo di ITS –Istituto Tecnico Superiore, e dunque percorsi post diploma a cui si possono iscrivere tutti i diplomati, da non confondersi con gli Itis –Istituto tecnico industriale Statale (scuole superiori)

Il PNRR ha previsto uno stanziamento di 1.500 milioni di euro a fondo perduto dal 2022 al 2026, per aumentare il numero degli iscritti e per potenziarne le strutture degli ITS nati esattamente solo 11 anni fa e  ancora sconosciuti ai più. Esse sono “scuole di alta tecnologia” strettamente legate al sistema produttivo, legame favorito dalla modalità organizzativa, la Fondazione di partecipazione, alla quale partecipano diverse realtà, da quelle private come le aziende agli attori pubblici composti da università e centri di ricerca, enti locali e il sistema scolastico in ottica di PPP (public private partnership),percorsi che portano i diplomati all’acquisizione di una qualifica europea di specifico livello(EQF5) . Vero è che a  undici anni dalla loro costituzione gli ITS continuano a far fronte alla domanda da parte del mercato del lavoro di nuove professionalità e nuove competenze (hard e soft). Il modello formativo è distinto rispetto ad altri sistemi e poggia su alcuni elementi caratterizzanti i percorsi e il lavoro delle Fondazioni ITS:   la rete di governance, alcuni aspetti di flessibilità nella organizzazione della didattica e la capacità di innovazione rispetto all’uso delle tecnologie 4.0 .Intorno alla possibile riforma di queste strutture si è aperto un dibattito che affonda le sue radici sulla necessità di irrobustire questo ambito di alta formazione per affrontare i grandi cambiamenti tecnologici e la domanda sempre più incalzante di nuove competenze difficili da trovare , dalle risorse a disposizione a livello Ue legate ai fondi per la ricostruzione ,da proposte di legge che si discutono in parlamento, fermo restando che la mia opinione è sempre ancorata ad una certezza:  la discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge per la ridefinizione della missione e dell'organizzazione del Sistema di Istruzione e formazione tecnica superiore, prevista dal Piano nazionale di ripresa e resilienza,nato  da  un testo che assembla  sei distinte proposte parlamentari presentate, che hanno trovato rilancio e  in una proposta unificata a seguito del fatto che il PNRR ha previsto esplicitamente la riforma del sistema ITS che ,secondo i firmatari,  è un testo che eleva al rango di norma primaria la disciplina riguardante il sistema di Istruzione Tecnica Superiore italiano,  frammentata in numerosi decreti che si sono stratificati disordinatamente negli ultimi 13 anni. Ma la fretta non è mai buona consigliera. E sarebbe ragionevole partire dall’esperienza    positiva    facendola crescere .

E’ mia convinzione che il sistema tecnico ha bisogno di una forte capacità di governo e gestione, un governo ed una gestione che sia in grado di valorizzare le eccellenze, eliminare gli enormi squilibri esistenti, avviare finalmente un processo di reclutamento serio, ecc. ecc. E il problema  soprattutto non sta negli ordinamenti perché se così fosse dato che essi sono  uguali per tutti , il sistema del Nord Italia  dovrebbe ottenere risultati negativi o comunque non di eccellenza. Invece gli alunni veneti e trentini ottengono risultati alla pari delle migliori scuole europee. La realtà è che abbiamo (quantomeno) due sistemi scolastici: c’è un sistema che con questi ordinamenti, con questi programmi, con questi insegnanti, funziona molto bene, a livelli di eccellenza mondiale;ed una sistema che con gli stessi ordinamenti, con gli stessi programmi ed insegnanti formati allo stesso modo (anzi per certi versi ancora più selezionati) funziona molto male. Non dobbiamo costruire riforme  palingenetiche del sistema, con il rischio di distogliere l’attenzione da una governance quotidiana da affrontare oggi, questa sì, veramente problematica.Il problema è  nell’applicazione e nella gestione di questi ordinamenti e di questi programmi a livello centrale ed a livello territoriale. In una parola, il problema risiede nella mancanza di una governance a livello nazionale e territoriale. Il tessuto produttivo del paese necessita di energie e conoscenze che la nostra generazione e le future devono continuare a dare per mantenere il Paese al centro della scena globale. Se gli ITIS sono già di per sé un ottimo percorso e possono essere ampliati da un percorso ITS, questi ultimi sono un’ottima scelta anche per chi ha affrontato un percorso liceale e vuole sviluppare delle competenze spendibili nel mondo del lavoro senza intraprendere il più lungo percorso universitario, che comunque il diploma di ITS non impedisce.Secondo il monitoraggio Indire sul 2020 gli iscritti ai 201 percorsi ITS  sono in prevalenza maschi (il 72,6%) tra i 20 e 24 anni (il 42,4%) e 18-19 anni (il 38,0%), in possesso di un diploma di istruzione secondaria di secondo grado ad indirizzo tecnico (il 59%).Femmine 1.396 27,4 Maschi 3.701 72,6 Totale 5.097 100,0. E qui ovviamente sottolineiamo la netta prevalenza maschile  e c’è da dire che In Italia solo il 18.9% delle laureate ha scelto discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) e, nonostante le ragazze si laureino in corso e in media con voti più alti dei compagni, una volta entrate nel mondo del lavoro non ottengono gli stessi risultati, in termini di occupazione e di retribuzione. Le discipline STEM sviluppano competenze molto richieste dal mercato del lavoro: si stima che nei prossimi 10 anni le occupazioni in questo campo cresceranno due volte più velocemente rispetto alle altre occupazioni e garantiranno maggiori possibilità di carriera e di guadagno. Eppure è un settore caratterizzato da un forte gender gap.La ministra Bonetti (pari Opportunità) nel Prnn ha sottolineato e previsto non  tanto  la risoluzione di un problema normativo quanto culturale. Siamo nell'ambito delle politiche attive di induzione dei processi. Secondo un'indagine del programma per la valutazione internazionale dello studente dell'Ocse, nel nostro Paese c'è un forte divario di genere nelle competenze matematiche tra i bambini e i ragazzi di 16 punti a fronte di una media Ocse di 5 punti. È evidente che nel caso italiano si tratta di uno stereotipo di origine culturale. Credo che si debbano mettere in campo più azioni. Una di carattere formativo ed educativo, nelle scuole, che valorizzi le ragazze e le aiuti a superare la timidezza e la paura nei confronti di queste materie. Questo aspetto è molto importante e necessiterà di un lavoro di concerto con i ministri dell'Istruzione e dell'Università e la Ricerca. I dati ci dicono  che le ragazze hanno prestazioni migliori scientifiche e nell'insegnamento bisogna valorizzare le capacità del mondo femminile di empatia, ascolto e organizzazione dei processi. l 65% dei bambini di oggi farà da adulto una professione che oggi ancora non esiste, e la maggior parte di queste professioni sarà nell'ambito delle intelligenze artificiali o comunque nell'ambito digitale e tecnologico. Se non interveniamo adesso il gap di genere già esistente nel mondo del lavoro diventerà incolmabile.Si devono prevedere incentivi  promuovendo  progetti di Erasmus al femminile: ossia la possibilità per giovani ricercatrici di fare esperienze in ambito europeo. Oltre a prevedere borse di studio per le studentesse. Naturalmente è importante il role model e la presenza di tante eccellenza femminili può indurre empatia e quindi emulazione nelle ragazze.Nell'ambito delle Stem universitario noi abbiamo il 40% di iscritte donne e il 60% di iscritti uomini, e nell'ambito tecnologico la distanza è ancora più marcata. Le donne si laureano in genere anche più brillantemente degli uomini, solo che dopo si apre il divario tra la qualità della posizione e della retribuzione. Io qui farei un passo in più: la meritocrazia non è neutra. Se una donna è in maternità è chiaro che la sua produttività cambia, ma in quel tempo acquisisce competenze anche intellettuali (problem solving, creatività) che possono essere ulteriormente qualificanti nel lavoro. Ad esempio, nei progetti Erc a livello europeo l'anzianità di carriera per ogni figlio è scontata di 18 mesi: così il gioco è alla pari.Negli ITS la distribuzione per area tecnologica degli iscritti, diplomati e occupati evidenzia la costante prevalenza di questi nell’area Nuove tecnologie per il made in Italy con un leggero incremento della percentuale al modificarsi della condizione (41,9% gli iscritti, 45,2% i diplomati, 45% gli occupati). Una riduzione della percentuale degli iscritti, al modificarsi della condizione, si registra per l’Efficienza energetica (10,6% gli iscritti, 8,6% i diplomati, 8,0% gli occupati) e per le Nuove tecnologie della vita (6,6% gli iscritti, 6,1% i diplomati, 5,8% gli occupati); pressoché stabili le altre aree tecnologiche. Tra gli ambiti del made in Italy, il Sistema meccanica (41,4% iscritti, 44,8% diplomati, 49,5% occupati) registra un significativo incremento della percentuale degli iscritti al modificarsi della condizione. In linea con quanto evidenziato anche dai dati di monitoraggio, in relazione alla composizione dell’utenza per genere, i maschi costituiscono, inoltre, il 76,1% dei diplomati . Tale fenomeno è dovuto essenzialmente alla caratterizzazione “per genere” dei percorsi, a seconda dell’area tecnologica di riferimento che vede una rara presenza di donne nei percorsi più tecnici (quali ad esempio mobilità sostenibile, meccanica, ecc.) e viceversa una loro concentrazione nelle aree tecnologiche dei servizi alle imprese, della moda e del turismo.Ma c’è un altro genere di gap di esclusione che va tenuto fortemente in considerazione.Indire La banca Nazionale dei dati ITS non ci permette di avere i dati ( o proprio non li ha raccolti, delle studentesse e degli studenti disabili) impegnati in questi percorsi. Certo è che la disabilità entra nel Piano nazionale di ripresa e resilienza e l’attenzione al tema che riguarda direttamente oltre 4 milioni di donne e uomini in Italia trova spazio in alcuni riferimenti,però si nota  la mancanza di trasversalità del tema disabilità nelle varie missioni del Pnrr e l’assenza di investimenti necessari per quanto riguarda l’inclusione lavorativa, il potenziamento del sostegno scolastico e soddisfacenti politiche sociali a favore delle famiglie dei più fragili colpite ancora di più nel corso della pandemia. Vero è che la  Missione 4 prevede una specifica attenzione per le persone con disabilità nell’ambito degli interventi per ridurre i divari territoriali nella scuola secondaria di secondo grado. Nel Recovery  ci sono passaggi già sostenuti per anni da molti Governi, ma quasi mai attuati, si pensi ad esempio alla riforma dei meccanismi di accertamento della disabilità , che però, uniti a quelli specificamente dedicati a scuola e lavoro, costituiscono un tutt’uno organico nuovo.La Strategia europea sulla disabilità 2010-2020  spaziava dalla piena inclusione, alle politiche per il lavoro, all’accessibilità, all’istruzione più inclusiva, al miglioramento dell’assistenza medica e dei sistemi di protezione sociale sostenibili e di alta qualità. La prossima Strategia 2020-2030 rafforzerà questo richiamo. Il governo Draghi ne deve tener conto e investire quanto necessario.  Per ora gli interventi sono limitati: infrastrutture sociali e supporti all’autonomia vanno bene ma non bastano. In altre missioni non si rileva  alcuna particolare attenzione alla disabilità, in particolare l’assenza brilla appunto nelle pur previste politiche per l’occupazione, nell’housing sociale, come pure in altre linee dedicate alla disparità di genere e, ancora, all’istruzione.Non è solo e tanto una questione etica  quanto l’incomprensione del fatto, evidentemente economico  che la disabilità è una delle prime cause di impoverimento per le famiglie e queste condizioni incidono sulla ripresa  e se non affrontate l’esito non può che essere quello delle nuove esclusioni e dell’inevitabile assistenzialismo discriminatorio. Nel merito del Testo della proposta  di legge ,peraltro discutibile in alcune parti fondamentali :  gli ITS diventano “Accademie per l’istruzione tecnica superiore (ITS Academy) generando  confusione tra la natura terziaria ma non accademica,lasciando l’ambiguità contenutistica del percorso  che non ha materie classificabili come tecniche ma professionalizzanti per svolgere mestieri in laboratori di alta specializzazione che comunque saranno successivamente definiti con decreto apposito che modifica (????) le  attuali sei aree tecnologiche sembrano già coprire, in maniera adeguata, le specializzazioni presenti nel tessuto produttivo italiano: inoltre, è cruciale che tale decreto non vada a togliere la libertà  messa in discussione dalla proposta di legge delle singole fondazioni di personalizzare i profili in uscita in base alle specifiche esigenze del settore con cui collaborano. Sappiamo bene che se c’è un valore aggiunto del rapporto stretto  con il mondo del lavoro, presente già nella governance delle fondazioni e operativo in fase di rilevazione dei fabbisogni e loro sistematizzazione nei percorsi formativi,  ed è uno dei punti di forza del sistema ITS che non va modificato  con l’adozione di figure standard e immutabili, stabilite a livello nazionale o regionale.Una preoccupazione reale e concreta attiene  la Commissione nazionale per il coordinamento dell’offerta formativa del sistema ITS  che coinvolge,nella proposta del ddl solo  le associazioni datoriali e gli organismi paritetici e dunque esclude le organizzazioni sindacali .Sbagliato perché : se si vuole caratterizzare questi percorsi per la vicinanza al mondo del lavoro, è importante un coordinamento con i rappresentanti dei lavoratori raccordandosi così le politiche attive,  rilevare i fabbisogni espressi in termini di competenze innovative e di professionalità richieste per la governance  degli investimenti tecnologici legati al PNRR, promuovendo insieme  orientamento, istruzione e formazione tecnica superiore,il prezioso apprendistato duale.La proposta di ddl poi conferma  l’attuale strutturazione in corsi biennali o triennali e il relativo monte ore, specificando però  che i primi sono percorsi ITS “di primo livello”, mentre i secondi “di secondo livello”. È confermato che i titoli conseguiti al termine dei percorsi biennali sono collocati al 5° livello EQF, mentre quelli dei percorsi triennali al 6°. Oggi il titolo di studio conseguito è lo stesso: la proposta intende diversificarli, e sappiamo bene che questi titoli saranno riconosciuti come abilitanti per l’accesso al concorso per l’insegnamento tecnico-pratico e, in generale, per l’accesso ai pubblici concorsi, in coerenza anche con le recenti riforme sulla materia di Brunetta .Il ddl proposto introduce  innovazioni in ambito didattico, confermando il 30% del monte ore totale  che deve essere svolto in stage – anche all’estero – e  specificando  che questi periodi devono essere “adeguatamente sostenuti da borse di studio”  non è chiaro chi dovrà corrispondere queste borse ai tirocinanti e se debbano obbligatoriamente essere riconosciute. L’onere ricadrà presumibilmente sui datori di lavoro, che avranno quindi un aggravio dei costi sostenuti a margine della collaborazione con il sistema ITS, dato che oggi per i tirocini curriculari non vige l’obbligo di corrispondere l’indennità.È importante nel testo, il rimando al legame tra ITS, politiche attive, formazione e riqualificazione degli adulti. Si specifica infatti che la strutturazione oraria dei percorsi può essere modificata così da favorire la partecipazione di lavoratori occupati e viene auspicata “la promozione di organici raccordi con gli enti che si occupano della formazione continua dei lavoratori nel quadro dell’apprendimento permanente per tutto il corso della vita”. Si prevede dunque la realizzazione di corsi ITS (finalizzati quindi al diploma di tecnico superiore) anche per lavoratori adulti, occupati o disoccupati, attraverso la costruzione flessibile dei percorsi e il riconoscimento delle competenze già acquisite e, , lo sviluppo di percorsi di formazione degli adulti realizzati dagli ITS in partnership con altri enti che si occupano della formazione continua. Il tutto comunque avverrà  attraverso patti federativi con il sistema accademico  per cui gli ITS, sentite le parti sociali e quindi tramite ulteriori accordi, possono occuparsi della formazione dei lavoratori, dei disoccupati o dei lavoratori in cassa integrazione.Solo i corsi ITS rimarranno di esclusiva responsabilità delle fondazioni, anche quando riguarderanno gli adulti e gli occupati, mentre per occuparsi di formazione continua gli istituti dovranno necessariamente procedere alla sottoscrizione di patti federativi con le università e coinvolgere (comprensibilmente) le parti sociali nella progettazione dei percorsi e soprattutto nell’individuazione dei destinatari.  Viene poi specificato, in merito al sistema di finanziamento del sistema, che risorse saranno  dedicate alla realizzazione di nuove sedi, di nuovi laboratori all’avanguardia e di campus: investimenti infrastrutturali per un sistema che ancora poggia, nei casi di eccellenza, sulla sola disponibilità del mondo delle imprese. Non vi sono invece indicazioni in merito alle risorse del PNRR, perché quelle stanziate dalla proposta si riferiscono a quelle già previste dalle precedenti leggi di bilancio. Viene confermato l’obbligo regionale del cofinanziamento di almeno il 30% delle risorse destinate al sistema ITS, il quale riceverà direttamente dal livello centrale i finanziamenti, “saltando” la spartizione su base regionale dei fondi ancora oggi operativa. Come ultima, ma non ultima, considerazione il contenuto della  proposta  è complessa, prevede l’emanazione di ben 14 decreti che dovranno essere adottati, nei prossimi mesi, per implementare le novità introdotte dalla “riforma”, e su di essa non è ancora intervenuto lo stesso Ministro Bianchi. Attendiamo fiduciosi altre operazioni di chiarezza e di possibili modifiche :la partita è fondamentale e va portata avanti  con buonsenso. Perchè la questione importante è la fotografia occupazionale che il monitoraggio ci consegna ma non hainoi ! ( e bisognerà provvedere)  analizzato per genere :  L’80% dei diplomati ITS ha trovato lavoro a un anno dal diploma, il 92% degli occupati in un’area coerente con il percorso di studi. Il dato risulta particolarmente significativo perché riferito al 2020, anno di esplosione della crisi pandemica. Del 20% dei non occupati o in altra condizione: l’11,1% non ha trovato lavoro, il 4,1% si è iscritto ad un percorso universitario, il 2,7% è in tirocinio extracurricolare e il 2,4% è risultato irreperibile. I dati relativi al tasso di occupati a 12 mesi, per area tecnologica, evidenziano in generale un trend in crescita per Mobilità sostenibile (83%) e Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (82%). In generale per gli ambiti delle Nuove tecnologie per il made in Italy si registra una lieve diminuzione rispetto all’anno precedente, nonostante i valori rimangano alti, è il caso dell’ambito del Sistema meccanica (88%) e del Sistema moda (82%) dove si ottengono i migliori risultati. Seguiremo attentamente l’evoluzione del percorso del ddl. E delle risorse stanziate dal PNNR (1500 milioni da spalmare dal 2022 al 2026).Che non sono poche e vanno spese bene.

 Alessandra Servidori è componente del Consiglio  d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri

 

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