A Bologna : no all'illegalità
Alessandra Servidori NO all'illegalità
La politica bolognese è in difficoltà, come nel resto d’Italia, e deve aprirsi maggiormente ai cittadini e al dialogo con le tantissime associazioni anche alla luce dei recenti avvenimenti. Mi riferisco sia all’episodio di Labàs (la Caserma occupata da un sedicente Centro Sociale denominato Labas, balzato alle cronache italiane), sia alle diatribe interne ai partiti sia locali sia nazionali. È chiaro che non è più tempo di proclami, ma è ora di sporcarsi le mani.
Solidarizzare con il Centro Sociale Labas significa arrendersi all’illegalità e alla sopraffazione mentre altre iniziative assai meritevoli e veramente sociali sono state soffocate sul nascere. Una per tutte quanto è stato fatto dall’associazione “NoituttiperBologna” contro il degrado: abbiamo operato per un anno alla Palazzina dei Giardini Margherita, poi ci hanno tolto la sede e ora è in balia di escrementi e di fricchettoni.
È indispensabile essere dalla parte delle forze dell’ordine e del rispetto delle regole. Occorre “metterci la faccia”, che significa, prima di tutto, avere il coraggio delle proprie scelte e delle proprie azioni. Da una amministrazione responsabile ci si aspetta che interpelli e sostenga chi non fa valere le proprie istanze con prepotenza, per meglio comprendere quali sono le vere emergenze, in questo caso della Città metropolitana, e come possiamo essere di reciproco supporto nel superarle.
Ci sono emergenze che vanno affrontate con urgenza: per esempio la solitudine degli anziani e dei loro caregiver, visti anche i dati recenti che vedono i nuclei unipersonali superare le famiglie non solo sotto le due torri, dove l’incremento della natalità non è sufficientemente favorito dal punto di vista fiscale e dei servizi.
Ancora, pensiamo ai giovani e alle loro difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro, ai piccoli imprenditori, alla necessità di favorire esperienze, sia nei centri storici, sia nelle periferie, che, in collaborazione con le associazioni e i cittadini stessi, siano la chiave per superare le situazioni di degrado urbano e sociale che impera e oltraggia la bellezza delle nostre terre
Una scuola ammalata cronica
Alessandra Servidori Una scuola ammalata cronica
La ministra Fedeli ha ereditato una scuola veramente molto malconcia e avvicinandosi la prossima riapertura dell’anno scolastico i problemi da risolvere sono tanti. Il più impegnativo riguarda la situazione nord/ Lombardia dove vi sono ben tremila cattedre scoperte tra superiori, medie, primarie e scuole d’infanzia e mancano addirittura , duemila insegnanti di sostegno e nel dibattito politico c’è chi ha proposto,demenzialmente, di ripristinare le classi speciali per alunni disabili. Alla faccia dell’integrazione e della lotta alle discriminazioni. Le direzioni scolastiche regionali dovranno dunque attingere dalle graduatorie per supplenti e sostituire più di ottocento insegnanti che hanno ottenuto il trasferimento, in molti tornando da dove sono venuti e dunque al sud. Si riaccende dunque la discussione di due anni fa quando in nome della mobilità ad alcuni insegnanti del sud, venivano assegnate cattedre al nord con assunzioni a tempo indeterminato ,che venivano regolarmente rifiutate. Si disse allora,per ragioni economiche,in quanto il trasferimento comportava un costo della vita notevolmente più elevato nella città del nord dove viene assegnata la cattedra, con una difesa ad oltranza dei sindacati sui “diritti negati agli insegnanti di rimanere in famiglia a casa loro”. Come se lo Stato deve garantirti la sede sotto casa .Ovviamente questo rifiuto comporta per gli studenti un turnover di insegnanti supplenti per tutto l’anno scolastico, una girandola infernale di pratiche burocratiche sia dei plessi scolastici sia delle graduatorie, con disguidi notevoli per le famiglie delle alunne e alunni . Non c’è dubbio che lo stipendio di un insegnante statale nel sud ha potere d’acquisto reale più elevato di quelli del nord in quanto la vita ha un costo molto inferiore . Ma purtroppo questa realtà non è destinata a riflettersi positivamente sulle sorti economiche del mezzogiorno .Infatti secondo i dati Svimez vi sono timidi elementi postivi nell'economia meridionale, che ne mostrano la resilienza alla crisi - e non è sicuramente sufficiente a disancorare il Sud da una spirale in cui si rincorrono bassi salari, bassa produttività (il prodotto per addetto è calato cumulativamente nel periodo 2008-2016 del -6% nel Mezzogiorno, del -4,6% nel resto del Paese), bassa competitività, ridotta accumulazione e in definitiva minor benessere. Il nodo vero è ancora una volta lo sviluppo economico nazionale, per il quale il Mezzogiorno deve essere un'opportunità, calibrando l'intensità e la natura degli interventi per il Sud. Dunque dovremmo cominciare proprio da questa considerazione e introdurre un modello contrattuale diverso .Anche la scuola come il modello privato,deve permettere ,in tutto il paese, attraverso la contrattazione integrativa decentrata, di garantire e di ampliare il potere d’acquisto dei salari in virtù sia delle dinamiche inflazionistiche territoriali che della produttività aziendale. Peraltro i metalmeccanici hanno innovato e seriamente e anche il sistema statale deve potersi attrezzare. Il sindacato deve uscire dall’immobilismo e concordare subito e presto per il pubblico impiego le condizioni di una forte contrattazione decentrata con un consistente trasferimento di risorse ai livelli locali e una responsabilità della distribuzione dei benefici, solo così le retribuzioni di fatto possono adeguarsi anche al costo della vita. Così si tutelano , anche sulla base della qualità del loro lavoro, tutti gli insegnanti , e anche gli studenti e le famiglie. La trattativa sul rinnovo contrattuale dei quattro comparti del pubblico impiego, dalla scuola alla sanità è appena iniziata e Aran ha convocato il governo e i sindacati per l’avvio della negoziazione, sui temi generali, per l’ accordo sull’Atto di indirizzo preliminare. L’auspicio è chiudere entro l’anno: tra le problematiche sul tavolo quella relativa al cumulo degli aumenti con il bonus 80 euro in modo che uno non escluda l’altro. La cifra media che il governo proporrà è di 85 euro, da mettere sulla parte fondamentale della retribuzione, a cui si aggiunge il salario accessorio che sarà distribuito per merito. Tra le questioni trasversali ai comparti ci sono, oltre alle risorse, i capitoli relativi a orari e ferie, nonché la revisione dei permessi e delle assenze per malattia. Come in ogni trattativa, le condizioni devono essere accettate in modo bilaterale. Per sottoscrivere il nuovo contratto, le associazioni dei docenti hanno calcolato che occorrerebbero invece 2.400 euro di aumenti annui per i docenti e 6mila euro per i dirigenti. Il calcolo deriva da due fattori: il recupero dell’indennità di vacanza contrattuale, pari al 7% e da conteggiare dal settembre 2015, come stabilito due anni fa dalla Corte Costituzionale; l’applicazione dei veri e propri aumenti, questi da assegnare dalla firma del contratto che hanno una consistenza analoga. Il Governo ha messo sul piatto invece 85 euro lordi a regime, di cui la maggior parte ancora da approvare con la Legge di Bilancio di fine 2017, peraltro da accreditare solo, se va bene, dai primi mesi del 2018. Tanto che, al momento, si può contare sulla sicura copertura di appena 36 euro lordi medi a lavoratore. I nodi da sciogliere, tuttavia, non sono solo quelli relativi alla parte economica. Riguardano, a esempio, la perdurante discriminazione del personale precario rispetto a quello di ruolo: sono sempre di più i giudici, anche europei, che indicano come illegittimo trattare diversamente un supplente, dagli scatti di anzianità, alla diversità nella fruizione delle ferie, della malattia e dei permessi. Purtroppo poi la mancata attenzione si evidenzia anche dal taglio di 50mila Ausiliari tecnici amministrativi e dalla mancata assunzione di amministrativi, tecnici e collaboratori scolastici e il blocco del concorso per il personale non docente, più volte annunciato dal Miur, come quello dei presidi e dei Coordinatori di segreteria. Sempre per il personale Ata, diventa fondamentale anche adeguare normativamente le nuove funzioni lavorative e le loro competenze. Insomma,Ministra Fedeli, già sindacalista di rango : attenzione ai suoi colleghi sindacalisti!
Lettera aperta al paziente fuggito
Alessandra Servidori
Lettera aperta al paziente che non ha voluto essere sedato da una dottoressa anestesista
La motivazione che ha fatto scappare dal lettino della sala operatoria un paziente già preparato per sottoporsi ad anestesia è comprensibile : gli avevano detto che in quell’ospedale “le anestesiste non erano capaci”. Dunque non è proprio una discriminazione di genere,ma sicuramente la pelle era la sua e si sa che la professionalità in questi casi è fondamentalmente “vitale”. Dunque lui ha avuto tutti i diritti di non accettare di rischiare secondo “le voci “ fatte circolare tra le corsie. Ma sappiamo bene che la mala diceria è dura a crepare e soprattutto la strada per le donne professioniste della sanità, è ancora tutta in salita,nonostante chi scrive, ha avuto e ha tutt’ora una fiducia e una stima grande delle dottoresse alle quali ho affidato più volte la mia salute. Fin dall’antichità, nel corso dei secoli, le donne medico hanno subito forti discriminazioni che concedevano loro solamente percorsi formativi , timidi e insicuri e a volte clandestini. Il sapere è prerogativa dell’uomo,idea sostenuta nell’antichità, e il “grande”Aristotele attribuiva la definizione di “femmina come maschio deformato” ovvero “ l’anima origina dal seme dell’uomo”. E non solo,ma anche tra donne è la guerra,infatti per Margaret Wertheim: “il sesso femminile rappresenta una minaccia per colui che insegue la conoscenza e deve essere evitato il più possibile” .Ma la verità è che le dottoresse sono ancora e attualmente discriminate sia dai colleghi che dai pazienti . Su 106 presidenti di Ordine solo 2 sono donne. Guadagnano in media il 30% dei medici uomini. Tra i pazienti, solo il 10% delle donne le sceglie per le loro competenze, aspetto che i pazienti uomini neanche considerano. Questa è una Italia tutta in camice rosa, ma piena di pregiudizi verso la medicina al femminile, fatta di violenze e vessazioni più o meno occulte e pregiudizi. Questo è lo scenario della “medicina in camice rosa”su un campione di circa 1.500 unità,fatto a Roma rappresentativo delle 15.000 iscritte alla Fimmg ,che ha dimostrato che medici e discriminazioni,vessazioni e violenze si attestano su percentuali quasi doppie rispetto alle altre donne soprattutto nei confronti di chi non ha conforto o protezione da un contesto sociale o familiare. La differenza è ancora più marcata, dove si prendono in considerazione gli incarichi dirigenziali a più livelli,ovvero andando a verificare i dati delle dirigenze nazionali dell’Ordine nazionale dei medici (FNOMCeO) su 106 presidenti di Ordine provinciali, solo 2 sono donne. Nelle strutture complesse ospedaliere solo il 1,7% di donne sono poste ai vertici, dato che sale nelle strutture semplici dove si attesta al 25%. Inoltre, la carriera di medico, a differenza degli uomini, porta nelle donne una forte ripercussione sulla vita sociale e sentimentale, il 30% delle donne medico in posizione apicale o è single o separata o vedova , il 30% non ha figli (mentre negli uomini la percentuale è del 13%), il 20% ne ha solo uno. Situazione non rosea nemmeno nei vertici sindacali: nella Fimmg appunto, la Federazione dei Medici di Famiglia, su 110 segretari provinciali compare una sola donna. Non sono rose e fiori nemmeno dal punto di vista economico: secondo i dati Enpam le donne medico guadagnano il 30% dei colleghi uomini.Ma la cosa che fa più impressione è che su circa 10.000 cittadini interpellati di cui il 50% uomini 50% donne, solo il 10% delle donne sceglie il medico al ‘femminile’ per le competenze mentre nessuno degli uomini intervistati prende in considerazione la cosa valutando l’aspetto professionale. Coraggio dottoresse, siate tenaci e voi pazienti uomini,considerate che è la professionalità e la capacità che contano, non il sesso.
Brucia l'Italia,il suo territorio ma non il debito pubblico
Alessandra Servidori BRUCIA L'ITALIA il suo territorio ma non il debito pubblico
Aumenta il debito italiano in questo ultimo mese : proprio quello che il governo si deve impegnare ad abbattere - in rapporto al Pil - per spuntare maggiore flessibilità nella scrittura del Bilancio del 2018, secondo quanto concesso e ribadito dalla Commissione Ue nella lettera inviata al tesoro. Secondo il dato comunicato da Bankitalia, a maggio il debito delle Amministrazioni pubbliche è stato pari a 2.278,9 miliardi, in aumento di 8,2 miliardi rispetto ad aprile ed è riconducibile alla spesa della pubblica amministrazione che anziché essere ridimensionata continua a salire,infatti i dati di Bankitalia segnalano l'aumento dello stock di una ventina di miliardi, per colpa del fabbisogno della Pa. E ovviamente aumentano i dubbi di Bruxelles sul rispetto del Patto di stabilità poiché riferiti alla correzione del deficit strutturale (che viene calcolato in base ai conteggi dei cosiddetti output gap che l’Italia e alcuni Paesi hanno chiesto di modificare) soprattutto per quanto riguarda il rientro nel 2017. Il debito pubblico italiano è il più grande dell’ area euro in termini assoluti e il secondo dietro alla Grecia in termini percentuali se confrontato con il prodotto interno lordo. Non essere riusciti a ridurne il carico è uno dei grandi fallimenti. E intanto in parlamento si litiga per il decreto ius soli e il decreto salva banche,entrambe brutte storie in cui la rissa e la non chiarezza (se non addirittura le bugie) trionfano in maniera incandescente. Facciamo dunque un appello sia al Presidente Mattarella che al Presidente Gentiloni : indichino al giovanotto toscano la strada giusta perchè non è rompendo con tutti su tutto che si può pensare di presentare al Paese nel prossimo rientro dalle ferie una proposta credibile. Il contesto neo-proporzionale richiede alleanze, e la forza fin qui mostrata dal fronte populista e sovranista obbliga ad alleanze vaste se non si vuole che si viaggi dritti dritti verso l’Italexit. Tra queste non solo ci può ma ci dovrà essere quella con Forza Italia, indispensabile nel nuovo bipolarismo che ha nel populismo e nella posizione pro o contro l’Europa il punto di frattura. Renzi,nonostante continui a dire che non vuole tessere la tela con Berlusconi – pur indispensabile, lo ripetiamo – con il solo scopo (personale) di tornare a palazzo Chigi, contnua a lacerare il rapporto con i compagni del pd . Se c’è una possibilità che un governo di larghe intese si faccia, in chiave anti 5stelle e Lega, essa presuppone che non sia Renzi a guidarlo. Di questo lo smanioso Matteo se ne faccia una ragione, o sarà peggio non solo per lui (amen) ma anche per l’unica chances che abbiamo di evitare un governo Grillo-Salvini o di dover tornare a votare tre mesi dopo le elezioni. La verità è che ci vorrebbe, invece, un grande partito riformista, moderno, capace di usare parole di verità sulla crisi italiana che viene da lontano, perché capace di analizzare il declino e di studiare un programma liberal-keynesiano per fronteggiarlo e sconfiggerlo. Un partito che alla sua sinistra ne abbia un altro, la cui radicalità sia la certificazione del tasso di riformismo del primo. E che, come il Psi con la Dc e i laici nella Prima Repubblica, sia organicamente alleato di una o più forze moderate. Il problema, però, è che il progetto riformista manca – sia sotto il profilo politico e programmatico, che culturale.
Donne,occupazione e pensioni:situazionegrave.Come rimediare
Alessandra Servidori Donne ,occupazione e pensioni : situazione grave come rimediare
Secondo una recente indagine della Commissione Lavoro della Camera e i dati EUROSTAT Fonte: 2014 nel complesso dei 28 Paesi dell’Unione, il tasso di occupazione nella fascia di età tra 15 e 64 anni è, pari al 70,9 per cento per gli uomini e al 60,4 per cento per le donne, con un differenziale di genere di circa 10,5 punti percentuali. Tali dati trovano corrispondenza anche nei Paesi dell’area dell’euro, nei quali il tasso di occupazione maschile è del 69,7 per cento, che, per la componente femminile, scende invece al 59,5 per cento. Peraltro, i dati dei divari tendono ad ampliarsi nelle fasce di popolazione di età più elevata. Per quanto riguarda il nostro Paese, in particolare, il tasso di occupazione femminile è sensibilmente inferiore a quello maschile: a dicembre 2015, il tasso di occupazione per le donne di età compresa tra 15 e 64 anni era pari al 47,1 per cento, a fronte di un dato riferito agli uomini della medesima fascia di età, pari al 65,9 per cento, con una differenza quindi di quasi 19 punti percentuali. E il dato allarmante è che a fine 2016 e inizio 2017,le cose non cambiano Si tratta di un dato tristemente noto, che non potrà non riflettersi nel tempo anche sul differenziale di genere in materia previdenziale,tanto sotto il profilo del tasso di copertura del sistema pensionistico quanto sotto quello della misura dei trattamenti riconosciuti. Con riferimento all’ammontare delle retribuzioni, occorre inoltre considerare che sussiste un divario retributivo di genere a danno della componente femminile del mondo del lavoro: assumendo come riferimento la differenza tra il salario orario medio lordo di uomini e donne espresso come percentuale del salario orario maschile, il gap tra uomini e donne è in media pari, nei Paesi dell’Unione europea, a circa il 16 per cento. Nei Paesi dell’OCSE la situazione è sostanzialmente analoga, con una differenza nelle retribuzioni medie di poco inferiore, che si colloca attorno al 15,5 per cento, mentre in Italia il dato è sensibilmente inferiore alla media europea e dell’OCSE,in quanto, nel 2014, il differenziale di genere è stato pari al 6,5 per cento. Nel nostro Paese vi è una bassa partecipazione femminile al mercato del lavoro, che porta a concentrare l’occupazione nelle fasce con più elevata formazione e qualificazione. A parità di formazione e qualifica, infatti, il gap italiano è sostanzialmente in linea con la media europea. Va considerato che le attuali caratteristiche della partecipazione femminile al mercato del lavoro appaiono suscettibili di promuovere in futuro la creazione di differenze di genere in materia pensionistica, specialmente se si considera che le donne hanno una carriera lavorativa complessivamente più breve rispetto a quella degli uomini: la durata media della carriera di una donna è inferiore a venticinque anni,laddove quella dell’uomo è, in media, di circa trentanove. Allora per almeno rimediare sul piano della contribuzione pensionistica – come già suggerito nel seminario e nella relazione a firma della scrivente in data 2014 al Ministero del lavoro e nel libro Conciliazione tempi di vita e di lavoro Giuffrè 2017 ,occorre in primo luogo valorizzare, andando oltre quanto già previsto dall’articolo 1, comma 40, della legge n. 335 del 1995, tutti gli istituti capaci di ridurre gli effetti negativi della maggiore discontinuità delle carriere lavorative femminili. E’opportuno incrementare i benefici (accrediti figurativi, aumenti dell’importo pensionistico, facoltà di riscatto) in relazione a specifici eventi (quali la nascita e la malattia dei figli, l’assistenza a disabili e ad anziani non autosufficienti) soprattutto al fine di estenderli anche ai periodi al di fuori del rapporto di lavoro, rispetto ai quali la legislazione italiana risulta comparativamente più carente in confronto a quelle degli altri Paesi europei. Inoltre ai fini del calcolo contributivo, non già dell’intero ciclo di vita lavorativa, ma solo degli anni meglio remunerati, escludendo quelli (a salario zero o a basso salario) dedicati (in tutto o in parte) ai lavori di cura (gli anni dedicati alla cura di figli che è possibile escludere ammontano a sette in Canada, dodici in Inghilterra e Lussemburgo e ben sedici in Svizzera), che vengono riconosciuti come periodo lavorato con un calcolo contributivo pari alla media dei periodi lavorati effettivamente. Oppure si potrebbero prevedere maggiorazioni dell’anzianità contributiva per le donne e gli uomini che si occupano dei figli (come accade soprattutto in Francia); o, ancora, riconoscere il lavoro di cura e, contemporaneamente, incentivare le donne a lavorare, riconoscendo ad esse specifici benefici se decidono di non interrompere l’attività lavorativa (come avviene in Germania, ove vige un sistema che riconosce 0,33 punti in più per ogni anno, fino ai tre anni di età del figlio, se le donne non interrompono l’attività lavorativa). Particolare attenzione dovrebbe essere, in questo contesto, dedicata alle misure volte a rispondere all’esigenza di cura dei familiari non autosufficienti,dal momento che l’incremento della vita media rende sempre più frequente la presenza nel nucleo familiare di soggetti bisognosi di cure e assistenza costanti.
Alessandra Servidori
G20-G7-G3.....non si discuterà....
http://formiche.net/blog/2017/07/06/g20-merkel-trump/http://formiche.net/blog/2017/07/06/g20-merkel-trump/
ALESSANDRA SERVIDORI G20-G7-G3……..
Dopo Parigi dove un ristretto G3 ha affrontato senza molti risultati i problemi del tricolore italiano , domani ad Amburgo l’ennesimo summit G20, l’incontro annuale dei leader delle maggiori economie mondiali. E la storia si ripete come è avvenuto a maggio : infatti come il g(minuscolo)7 di maggio, il rischio è quello di un vertice contraddistinto dalle divisioni, in particolare a causa dei crescenti contrasti tra gli Stati Uniti (il ritiro degli Stati Uniti dagli accordi di Parigi e le accuse rivolte alla Germania di pratiche commerciali scorrette per sostenere il proprio enorme surplus commerciale) e altri partecipanti, inclusi i partner europei. Forse-ma il forse è d’obbligo- il raduno così ampio , potrebbe aiutare ad ammorbidire e ad evitare un ulteriore allontanamento degli Stati Uniti dai forum multilaterali e a ottenere risultati concreti come nei summit di maggior successo. E mentre gli Stati Uniti si sfilano dall’accordo sul clima la Cina è diventata leader mondiale dell’energia delle pale eoliche .Ma per quanto riguarda il commercio internazionale è certo un nuovo scontro tra paesi in deficit e paesi in surplus commerciale. Gli Stati Uniti, capofila dei paesi con un deficit ormai di lungo corso (per quest’anno l’IMF (il fondo monetario internazionale) ha dichiarato un deficit commerciale di oltre 500 miliardi di dollari, il 2,6% del PIL statunitense), hanno deciso di portare sul banco degli imputati non solo la Cina, che di recente ha ridotto il proprio surplus (previsto al 1,3% nel 2017 rispetto a un massimo del 10% nel 2007), ma anche l’Unione europea e, in particolare, proprio la Germania che presenta un surplus commerciale (+8,2% del PIL) e si attira le critiche anche di molti paesi europei. ”. È stata la crisi internazionale del 2008–2009 a fare il passaggio sui temi della governance economica e finanziaria internazionale, dal G7/G8 al G20. E proprio al G20 viene spesso accreditato il merito di avere spinto i leader mondiali a rispondere in maniera coordinata alla crisi finanziaria, evitando che una profonda recessione si trasformasse in una prolungata depressione – soprattutto attraverso uno stimolo globale congiunto di ben 2000 miliardi di dollari. E con il passare degli anni e il recedere o modificarsi della crisi, il numero dei temi in agenda nel forum è aumentato in misura crescente. E, secondo i critici, di pari passo sarebbe diminuita la tendenza dei componenti G20 a tener fede alle promesse. Comunque Merkel ha ribadito che non abbandona l’obiettivo di contrattare con Trump ma noi dobbiamo essere consapevoli che sull’immigrazione l’unica che ci ha aiutato e ci aiuta è la Germania .Merrkel ha messo per la prima volta lo sviluppo economico africano tra le priorità dell’agenda delle principali economie mondiali. Nella cornice del G20, la presidenza di turno tedesca ha inserito diversi incontri che hanno coinvolto partner africani, il più importante dei quali è certamente stato la G20 Africa Partnership Conference, tenutasi il 12 e 13 giugno a Berlino. La Germania si è assunta la responsabilità di guidare l’iniziativa, improntando le discussioni soprattutto sulla base di un nuovo piano di aiuti presentato a gennaio dal Ministero tedesco per la Cooperazione allo sviluppo. La proposta di Berlino sono i "Compacts with Africa" un nuovo approccio per i rapporti bilaterali tra i paesi G20 e quelli del continente africano che prevedono l’affiancamento di investimenti privati agli aiuti allo sviluppo. Da un lato, è bene essere consapevoli che gli schemi proposti (che insistono su crescita sostenibile, sviluppo infrastrutturale e occupazione giovanile) sono semplici modelli che ciascun paese G20 può decidere se seguire o meno. Dall’altro, la discrezionalità lasciata a ciascuna presidenza annuale del vertice circa i temi da inserire in agenda (oltre alla classica cooperazione economica e finanziaria),lascia ovviamente dei dubbi sul proseguimento nella prossima presidenza del G20 .
Le ombrelline:pretesto italiano
Alessandra Servidori Pretesto italiano
Tre giorni fa a Sulmona, in provincia dell’Aquila, è stata organizzata l'iniziativa: Fonderia Abruzzo, organizzata dalla regione sul tema del futuro dell’Abruzzo in Europa.Durante i vari incontri sono state utilizzate alcune signore che reggendo ombrelli riparavano dalla pioggia e dal sole gli invitati alla discussione.....tutti uomini. Un affresco che è arrivato feroce in europa e nel mondo di una società condizionata prepotentemente da logiche sessiste e a favore del potere maschile, in cui il ruolo della donna è relegato esclusivamente all’ambito servile insomma e dove gli spazi sono concessi, marginali e ristretti e sempre ovviamente da cameriera. Insomma, lungi da me di innescare una polemica femminista ma signore mie ,italiane su’ la testa e dritta la schiena Non limitiamoci ad una critica acerba e secca al sistema patriarcale e sottomesso, alla tradizione, alla pesante eredità-fardello della cultura ma anche una critica alla passività femminile, all’accettazione dei ruoli imposti e delle regole di padri, mariti, fratelli, figli , colleghi,politici che regalano scranni e strapuntini alle signore obbedienti. Un appello concreto alla sollevazione e alla ricerca di sè affinchè si prenda coscienza e si lotti, sì si lotti ancora, per la propria autonomia e per l’affermazione della propria diversità e del nostro talentuoso ruolo nella società e sì anche del potere e nel ricostruire un paese con proposte economiche e sociali anche dalla parte delle donne. Ricordava l’amica Dacia Maraini tempo fa (sembraano secoli!) nel suo libro l’arte di amare che la cultura dell’arroganza maschile è dura da demolire .Ovidio secoli fa insegnava ai maschi giovani romani, soldati, servi, padroni,come conquistare le donne, nei teatri,ai mercati, sotto i portici, al mare, in città.Li esortava a essere tenaci, furtivi, avidi,rapaci di furbizia e di galanteria. “Sono le piccole cose a conquistare le teste leggere delle donne”, diceva.Ma Ovidio era sì poeta gentile, ma ovvio, nemico delle donne. Ovidio è morto e le sue ossa ora sono diventate leggere come vetri,le sue membra sono state mangiate dalla terra che ha nutrito con volvoli e ortiche e faggi. Sono passati secoli e secoli di ardimenti,di guerre, di rivoluzioni e di trasformazioni ,ma qui pare proprio che siamo ancora indietro.Le parole sprezzanti e dolciastre di Ovidio sulle donne sono rimaste vive. Si possono ancora trovare –e lo vediamo anche oggi- milioni d’uomini che la pensano uguale,con torva ilare sicurezza, convinti che le regole a cui si rifanno sono naturali ed eterne. Ma le donne oggi sono cultura ,memoria,politica,genio, talento, cuore,cervello e proposta.Donne insomma e italiane. Su' la testa.
No,Vasco Rossi no
Alessandra Servidori no Vasco Rossi no
Rimango perplessa, molto perplessa e anche sufficientemente arrabbiata dopo aver visto le immagini di una compulsiva folla che inneggiava all’idolo rocchettaro.So che rischio di essere considerata fuori dal mondo, ma io nella mia presunzione di non completezza, mi sono sentita meglio fuori dal prato del raduno, piuttosto che dentro alle transenne. Non c’è dubbio ,che nella storia questi raduni capitanati da leader luccicanti e trasgressivi sono ricorrenti e inevitabili, così per la politica come per la musica,tranne poi rimanere famosi più per i comportamenti scapigliati che hanno innescato che per i valori che hanno promosso. Non c’è dubbio che oggi viviamo un tempo di inquietudine e il futuro mette paura, ma nella storia del mondo è sempre stato così : non si è mai stati sicuri come ci si credeva,con crolli improvvisi e imprevedibili,sia perché non abbiamo mai saputo, e tutt’ora non sappiamo, quanto sia davvero migliore il presente, cosa per esempio subito dopo la guerra,ritenuta sicura dai nostri genitori e nonni. Si sono perdute le diverse ideologie degli anni sessanta con l’utopia e anche la presunzione che tutto era possibile, che un mondo nuovo iniziava allora e con esso anche l’avvento di un uomo nuovo, ma Giovanni Paolo ci ha insegnato-e ancora oggi è bene ricordarlo- che il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio.Dunque fermiamoci un tempo utile per pensare: dobbiamo dire che lo sappiamo fare tutti molto poco, compulsivi come siamo, pseudo attori del nostro presente, protagonisti di uno spazio concessosi che controlliamo freneticamente mentre il tempo, il futuro ci sfugge e appare non dipendere da noi. Dunque fermiamoci a guardare in profondità i problemi e cercare di farlo non in una prospettiva immediatamente legata a qualche obiettivo, al risultato, al guadagno, alla ricerca ,serve tempo per capire da che parte indirizzare la nostra vita e la nostra ricerca, per rendersi conto, per discernere se è possibile fare qualcosa e cosa, per trovare le motivazioni profonde senza le quali ci si disperde e si diventa disponibili a tutto,perdendoci e consolandoci dentro ad una folla di solitudine che ha bisogno di una voce rauca di un rocchettaro per sentirsi persona. Ci possiamo aiutare a capire come tenere sempre l’uomo al centro e cosa ,e dunque a scegliere, rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo, raccogliere gli sviluppi positivi e sostenibili, e al tempo stesso recuperare i valori e i grandi fini distrutti da una sfrenatezza megalomane. “Fatti non fummo per vivere come bruti”
Parità e imprese .America ed Europa a confronto
ALESSANDRA SERVIDORI La parità di genere nelle imprese : America ed Europa a confronto
La parità all’interno dei luoghi di lavoro è l’argomento studiato in una comparazione tra Stati Uniti Americani e Stati Europei .Il risultato è che il movimento dei diritti civili avanzato velocemente in America ha consentito di superare concetti di privilegio, discriminazione e sviluppare la discriminazione positiva ponendo così l’Europa in coda rispetto l’occupazione femminile e la parità .Le aziende americane sono state le prime ad occuparsi dell'argomento introducendo azioni di parità e hanno ancora e tutt’ora una maggiore consapevolezza rispetto alla maggior parte delle imprese europee del valore aggiunto della forza lavoro femminile soprattutto con una ricaduta sull’economia del paese..L’Europa ,è composta da 28 paesi molto diversi tra di loro , caratterizzati da molte situazioni che ne frenano lo sviluppo .Un esempio per tutti sono i paesi nordici: costituiscono il podio di ogni indice di classifica sulla parità di genere. In paesi come Francia, Belgio e Regno Unito, le donne possono effettivamente coniugare carriera e maternità , ma è più complicato nei paesi tedeschi e nei paesi del mediterraneo dove la maternità è considerata un impegno pieno. Di conseguenza, il tasso di natalità e il tasso di partecipazione delle donne nell'economia è molto più basso in questi paesi. Le donne tendono a lasciare il posto di lavoro non appena diventano madri o ridurre drasticamente il loro tempo di lavoro. Nei paesi dell'est, l'influenza comunista che ha messo tutti (uomini e donne) a lavorare rapidamente è cessato . Ora sono tornati ai ruoli di genere tradizionali che non sono mai scomparsi dalla loro cultura. Nella Repubblica Ceca, il divario di partecipazione alla forza lavoro è di circa il 15% tra donne e uomini. In Finlandia è inferiore al 3%.E’ complicato considerare l'Europa nel suo insieme, ma se cerchiamo di trovare la principale differenza con gli Stati Uniti, questa è sicuramente legata all’effettività della legislazione e alla sua applicazione. Per esempio, nel 1992 la legge per i congedo di maternità dell'UE ha stabilito per la maternità 14 settimane di congedo con l’assicurazione malattia garantita (le norme dell'UE sono norme nazionali vincolanti, ma i paesi possono andare al di là del minimo imposto dall'UE). Oggi la questione è ottenere per i padri i congedi parentali. Se la maggior parte dei paesi dell'UE ha già disposizioni legislative che garantiscono il permesso per i padri, alcuni ancora non lo fanno (Germania, Austria, Repubblica ceca ...).Uno degli obiettivi principali della Commissione europea per l’aumento dei congedi parentali , e dunque ampliandoli attraverso la legislazione,è quella di aumentare il tasso di donne nel mercato del lavoro. Vero è infatti che i paesi che non hanno la legislazione che stabilisce il congedo di paternità , sono spesso quelli con il più ampio divario di partecipazione alla forza lavoro tra uomini e donne. Un altro esempio è relativo alla risoluzione della Commissione europea e del Parlamento europeo di stabilire una quota del 40% per ogni genere nei consigli delle società quotate in borsa. Di conseguenza, molti Stati membri (Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Italia ...) avendo adottato la risoluzione e introdotto le norme sui contingenti , grazie a questo, in cinque anni,hanno contribuito al raggiungimento del risultato in cui la percentuale di donne sulle commissioni europee è quasi raddoppiata. In Francia, hanno raggiunto quasi il 40% delle donne nei CDA delle aziende, e molte sono le società che hanno pubblicato il proprio piano di uguaglianza di genere o, se non adempienti, pagano le sanzioni previste. Lo Stato rende pubblica inoltre la classifica delle organizzazioni virtuose e meritevoli per metterle sotto i riflettori e ispirare le altre perché si adeguino. Il nuovo presidente, Emmanuel Macron, vuole anche andare oltre le sanzioni usando una strategia impositiva legata alla pubblicità e alla penalizzazione delle imprese inadempienti. Il limite evidente in Europa è che le cose non cambieranno nel mondo aziendale a meno che non sia costretto dalla legislazione, e la legislazione, fino ad ora, si è dimostrata abbastanza efficace.
Un appello alla Ministra Fedeli : vigili sulla frenesia ignorante dell’educazione di genere nelle scuole e nelle università
Alessandra Servidori -Un appello alla Ministra Fedeli : vigili sulla frenesia ignorante dell’educazione di genere nelle scuole e nelle università .Negli ultimi giorni sono emersi due fatti significativi sulla presunzione di saper affrontare e purtroppo malamente ciò che è previsto nel testo della legge 13 luglio 2015, n.107, il termine genere compare solo all’articolo 16: “Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità dei sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni”. Vale a dire contrastare le discriminazioni, il bullismo e le violenze di genere, affrontando con cognizione e magari insieme ai genitori nelle scuole, aspetti sull’educazione e la cultura delle future generazioni. L’insegnamento a scuola del diritto alle pari opportunità , e un’educazione di genere che significa diversità di razza, lingua, classe sociale, ovviamente anche sesso : bisognerebbe sapere che a livello europeo quando si parla di questo tema, si intende la disparità che ancora esiste tra uomini e donne nell’accesso alla sanità, all’educazione, al mondo del lavoro, a una retribuzione paritaria, alla rappresentanza politica e istituzionale e ovviamente anche di sesso. Non ha senso dunque introdurre una nuova modalità di pensiero del genere, della sessualità, del corpo e del linguaggio. Cercare di affermare con delle azioni scomposte parafrasando una scrittrice americana che “il sesso non è una causa originaria, per cui vale la regola nel dire che se si è di un sesso non lo si è di un altro, ma va inteso come effetto di un processo storico in cui l’identità si costruisce” diventa una forzatura che consumata tra i banchi di scuola affronta in modo violento la tradizionale accezione della questione di genere strumentalizzando l’omofobia come primo elemento di disparità .Vero è che il Global Gender Gap Index stilato ogni anno dal World Economic Forum, pone in questa classifica di circa 130 Paesi, l’Italia attorno al 70esimo posto. Questo sicuramente vuol dire che siamo ancora lontani dai paesi che offrono reali pari opportunità a uomini e donne, come peraltro prevede la nostra Costituzione. Ma questi sono i temi da affrontare nelle scuole e nelle università ,perchè questa è la questione da affrontare e da insegnare : parità di accesso all’istruzione, al lavoro, rispetto della sessualità rifiutando ogni violenza su ogni persona . Non solo per una giustizia morale, ma perché il nostro Paese senza pari opportunità (con un’occupazione femminile attorno al 47% e una disoccupazione giovanile dell’11%) ha due motori in meno di crescita. E pur tuttavia nelle scuole si affronta e con tanta insipienza la `teoria gender´. E corrisponde al vero l’episodio di Torino dove un questionario somministrato a giovani di 15 anni affrontava la questione della omosessualità con domande molto violente attraverso un progetto oltretutto finanziato con risorse pubbliche e intitolato alla matematica; e ancora a Bologna all’Università sono state le studentesse e gli studenti che hanno rifiutato le denominazioni “gender sensitive” di cariche istituzionali al femminile piuttosto che maschile come sono tradizionalmente conosciute. Dunque si concretizza strada facendo , quel fai da te tutto italiano di una istruzione deformata sul gender strumentalizzata che si è segnalata come rischiosa. Genitori e insegnanti che temevano una discrezionalità eccessiva dei fanatici del gender, allora tacciati come terroristi psicologici,calunniatori, ora hanno avuto ragione di dubitare. La scuola non deve trasmettere nessuna imposizione di orientamenti sessuali. La scuola deve semplicemente educare al rispetto attraverso la conoscenza del diritto e dei diritti della persona, in ottemperanza delle leggi e delle convenzioni internazionali , anche attraverso l’educazione alle pari opportunità e alla conoscenza consapevole dei diritti e dei doveri delle persone come base e premessa per prevenire e contrastare ogni tipo di discriminazione che poi degenera in violenza .Il ministro Fedeli lo spieghi con chiarezza alle scuole, alle università e alle famiglie con documenti ufficiali così da fermare la discrezionalità demagogica degli ignoranti.
SALARI DISEGUALI TRA DONNE E UOMINI ITALIANI e tra NORD e SUD
Alessandra Servidori salari diseguali tra italiani e italiane e tra nord e sud
Il welfare aziendale fa aumentare di fatto il salario in busta paga in tasca al lavoratore ma non alle lavoratrici e rimangono disuguaglianze anche a Nord e Sud .
Il 23° Rapporto sulle Retribuzioni in Italia di OD&M Consulting (Gi Group) tarato sul 2016 dimostra che il trend è stato positivo per tutte le categorie professionali mantenendosi tuttavia marcato il gap retributivo tra uomo e donna, nonché tra Sud e Isole rispetto al Nord. Grazie ai benefit e dunque ai servizi di welfare, ulteriormente fiscalmente agevolati dalle ultime novità, il welfare aziendale integra gli stipendi concordati attraverso una gamma di offerte che vanno dai fondi integrativi sanitari, ai buoni libro, alle convenzioni di servizi alla famiglia,ecc. Aumentano le voci fisse di salario, mentre quelle variabili restano in linea con il dato 2015. In realtà, i piani di welfare e benefit - oggi incentivati fiscalmente – stanno diventando una componente della retribuzione- intesa come remunerazione totale- nel più ampio quadro del compensazione mista. Il ricorso al welfare aziendale e ai benefit in busta paga (piano di welfare, auto e cellulare, sanità, previdenza e polizze integrative), che fanno salire il potere di acquisto dei lavoratori, portano la retribuzione totale a salire, a seconda della categoria, tra +18% e +21%. Dirigenti: guadagnano fino a 150.400 euro, con una media lorda per tali servizi di 22.500 euro;Quadri: fino a 71.500 euro (12.600 di benefit/welfare);Impiegati area vendita: fino a 36.600 euro (5.650 di benefit/welfare). Da una analisi se pur sommaria del Rapporto si evidenzia che aumentano le voci fisse di salario, mentre quelle variabili restano in linea con il dato 2015. I comparti nei quali si guadagna di più, in relazione all’inquadramento, sono: Bancario per i Dirigenti, Abbigliamento/Moda per i Quadri, Petrolifero per Impiegati e Farmaceutico per gli Operai. I Quadri hanno raggiunto nel 2016 i 58.900 euro di Retribuzione Totale Annua (RTA) pari al +3,1% sul 2015, gli Impiegati 30.913 euro (+2,1%), i Dirigenti 127.897 euro (+1,9%), gli Operai 26.351 euro (1,1%). Le medie imprese sono quelle nelle quali si registrano gli aumenti di stipendio più interessanti: + 3,2% per i Dirigenti, + 4,2% per i Quadri, + 2,7% per gli Impiegati, mentre per gli Operai la Grande Impresa continua a riconoscere i maggiori aumenti (+ 1,8%). I problemi evidenti rimangono quelli relativi alla differenza tra salario maschile e salario femminile e quelli tra nord e sud A parità di inquadramento aumenta il “gap di genere” per Quadri e Impiegati (12,8%), mentre è in diminuzione per Dirigenti e Operai. In termini di retribuzione la differenza ammonta a 11.000 euro per i Dirigenti, 5.500 euro per i Quadri, 3.800 euro per gli Impiegati, 2.650 euro per gli Operai. Il gap si riduce nelle aree funzionali a maggiore la presenza femminile, come Risorse Umane e Amministrazione, Finanza e Controllo, per le professioni meglio retribuite e tra i giovani, dove la laurea tende a ridurre il gap di genere.L’altro divario impressionante è a livello territoriale .Nel 2016 in Italia confrontando, in termini di retribuzione totale annua, le imprese del Nord Ovest e quelle del Sud o Isole si evidenzia che un dirigente ha guadagnato circa 6.300 euro in più;un Quadro 4.300 euro;un Impiegato 4.550 euro;un Operaio del Nord Est dove ha preso 2.200 euro in più rispetto al collega del Sud. Le retribuzioni, in termini percentuali, crescono tuttavia più al Sud: +4,3% per i Dirigenti, +4,6% per i Quadri, +2% per gli Impiegati, + 4,3% per gli Operai.
ELEZIONI ELEZIONI?????!!!!!!!!
ALESSANDRA SERVIDORI Elezioni elezioni !!!!!?????
Non ci infiliamo nella disputa politica sulla legge elettorale però una considerazione la facciamo da maestrine(ma a volte la chiarezza serve) : dalIa sorella maggiore Germania stiamo prendendo dei modelli (vedi minijobs e vaucer) ma dobbiamo capire per esempio, una volta per tutte che noi abbiamo un processo di riforme in atto lento e appesantito da un debito pubblico enorme che comunque fa la differenza a parte il sistema di welfare che totalmente diverso. Torniamo all’ipotesi di accordo sulla legge elettorale .Il sistema tedesco è sostanzialmente un proporzionale – con sbarramento al 5 per cento – in cui la distribuzione del voto degli elettori si rispecchia più o meno esattamente in Parlamento: se un partito viene votato dal 30 per cento degli elettori, otterrà all’incirca il 30 per cento dei seggi. La particolarità di questo sistema è che ha anche alcune componenti del sistema maggioritario, nel quale sono i candidati – e non i partiti – che si affrontano direttamente nei collegi e passa chi riesce a ottenere un voto in più. Anche in Italia abbiamo avuto per anni un sistema misto: il 75 per cento dei seggi veniva scelto con un sistema maggioritario, il 25 per cento con un sistema proporzionale.Vero è che in Germania le cose sono più complicate, ma anche più efficienti. Ogni cittadino dispone di due voti. Con il primo (“erststimme”) sceglie un singolo candidato all’interno del proprio collegio, in un sistema maggioritario: chi prende un voto in più degli altri viene eletto. Con il secondo voto (“zweitstimme”) l’elettore sceglie una lista o un partito. Questo voto è quello considerato più importante: come nei sistemi proporzionali, stabilisce qual è la percentuale di seggi parlamentari che avrà ogni partito. Chi prende il 30 per cento dei secondi voti, quindi, avrà diritto al 30 per cento dei seggi.Il meccanismo fondamentale alla base del sistema tedesco è che i candidati eletti con il sistema uninominale – quello del primo voto – sono eletti in ogni caso, anche se sono in numero maggiore rispetto alla quota proporzionale che spetterebbe a un partito. Quando si verifica questa circostanza, tutti gli altri partiti ricevono dei deputati in più, in modo da mantenere la corretta ripartizione proporzionale stabilita dal secondo voto. Questo è possibile in Germania perché il numero di parlamentari non è fisso: ed è sempre possibile aggiungere altri seggi in modo da rispettare le proporzioni dei vari partiti. Il Parlamento attuale, per esempio, è composto da 630 membri. Nel 2009 erano 622. Un meccanismo del genere in Italia non potrebbe essere introdotto a meno di cambiare la Costituzione (più in generale, in Germania c’è il federalismo e non c’è il bicameralismo perfetto, al contrario che in Italia: sono due paesi strutturati in modo profondamente diverso). Questo sistema ha due effetti. Il primo: la distribuzione dei seggi rispetta il voto degli elettori. Non sono possibili distorsioni come quelle che prevede il sistema britannico, dove alle elezioni del 2015 i conservatori hanno ottenuto il 50 per cento dei seggi con il 36 per cento dei voti e dove lo UKIP, con il 12 per cento dei voti, ha ottenuto un solo deputato. Il secondo: permette comunque che si stabilisca un rapporto diretto forte tra rappresentanti ed elettori. I candidati nei collegi uninominali, infatti, hanno tutto l’interesse a fare campagna nel collegio poiché se riescono a vincere il “primo voto” risulteranno eletti indipendentemente da come andrà il resto del partito nel “secondo voto”. Vero è che come sarebbe un sistema tedesco all’italiana non lo sappiamo: perché non c’è un testo definitivo reso pubblico e l’accordo di cui si parlano i partiti,movimenti,politici, ecc sembra essere ancora molto aleatorio. Il sistema tedesco andrà tradotto nella sua versione italiana e questo potrebbe causare parecchie divisioni e spingere alcune forze politiche a ritirare il loro appoggio. Per esempio: come abbiamo detto, in Italia non è possibile avere un numero flessibile di parlamentari. Bisognerà quindi stabilire cosa succederà se una lista elegge più candidati con il sistema maggioritario di quanti gliene spettino con quello proporzionale.C’è chi dice che per avere un sistema pienamente tedesco, occorre assegnare a ogni partito sopra lo sbarramento il numero di seggi esattamente corrispondenti alla percentuale di voti ricevuti. Ciò significa che laddove dovesse capitare che il numero di seggi vinti da un partito nei collegi uninominali eccedesse il numero dei seggi ottenuti nel riparto proporzionale, quest’ultimo deve prevalere, al fine di garantire la piena proporzionalità del sistema come accade in Germania. Dunque l’esito del “secondo voto” prevale su quello del “primo voto”e si propone anche di aggiungere un premio di maggioranza, che non esiste in Germania e non esiste in nessun altro paese al mondo, con l’esclusione della Grecia. C’è chi dice che lo sbarramento deve restare al 5 per cento; e le liste della quota proporzionale devono essere corte, con i nomi dei candidati sulla scheda. L’elettore deve essere in grado di riconoscere e giudicare chi elegge. Allora : la differenza principale tra il sistema tedesco e il sistema misto cioè il sistema che si utilizzava in Italia fino al 2006, è che il primo non incentiva le coalizioni a differenza del secondo. A quei tempi infatti, le forze politiche si alleavano le une con le altre per sostenere a vicenda i propri candidati nei collegi uninominali in cui si decidevano due terzi del Parlamento. Con il sistema tedesco queste alleanze non servono, perché a stabilire la distribuzione dei seggi è il voto proporzionale, dove a ciascun partito conviene correre da solo. Se copiamo e male il sistema tedesco, quindi, con ogni probabilità si produrrà un Parlamento in cui per governare sarà necessaria l’alleanza di due o più forze politiche maggiori, come accade in Germania da diverso tempo . Se si votasse oggi e il risultato del voto rispecchiasse quanto previsto dai sondaggi, nemmeno un’alleanza tra PD e Forza Italia avrebbe la maggioranza in Parlamento; se poi lo sbarramento venisse abbassato al 2,5 per cento, e il M5S restasse dell’idea di non voler fare alleanze, l’unica maggioranza teoricamente possibile sarebbe composta da Partito Democratico, Forza Italia, Alleanza Popolare e Movimento Democratici e Progressisti. Ci va bene ? mica tanto.
Mini e Smart :il job che non c'è
Alessandra Servidori Mini e Smart : il job che non c’è
Mentre il camaleontico Trump bacchetta i tedeschi perché importano troppe macchine in America (?) durante il G7 il nostro Gentiloni,garbato Presidente del Consiglio, si ritrova a dover combattere le animosità dei fanatici NO VAUECER. Se un problema l’abbiamo è proprio quello di tutelare almeno la nostra stagione turistica e alimentare che rappresenta il vero polmone di ossigeno del nostro magnifico Paese con quei gioielli che esibiamo con l’orgoglio di un popolo che sa di avere una dote straordinaria. Ebbene sarebbe bene – scusate il bisticcio- imparare dalla Germania anche il modello denominato minijob, un contratto di lavoro minimo – per durata o per stipendio – pensato per venire incontro alle mutate esigenze tanto sociali quanto economiche introdotto a cominciare dal 2000 e nel contesto delle politiche sociali intraprese da Schröder e tostamente continuate da Merkel. .Ebbene da loro questi contratti hanno dimezzato la disoccupazione e sono stati applicati in diverse tipologie, ambiti lavorativi, diversi contratti e salari, con una flessibilità straordinaria. Differenze sostanziali per i/le lavoratori domestici,pulizie,giardinaggio,assistenza domiciliare,e tra lavoratrici/lavoratori occupati in ambito commerciale e professionale ecc, con contributi e salari diversi. Due branche due ben distinte. Ma valgono per entrambi il valore del lavoro orario 8,84 euro lordi ,indennità di malattia,maternità,ferie, sicurezza,fondo pensione, formazione e ricerca di lavoro maior. Ecco dobbiamo ben tenere conto che i mini tedeschi si sono sviluppati anche a fronte di una economia forte e robusta , basata su scelte politiche lungimiranti, operate tra gli ultimi vent’anni del secolo scorso e i giorni nostri. Sicuramente i cospicui investimenti nella ricerca e nell’istruzione – grazie ai quali il paese ha potuto mantenere un’elevata competitività internazionale “salvando” così, diversamente da altre realtà europee, il proprio comparto industriale – le politiche di alternanza scuola/lavoro per i giovani, ma anche politiche edilizie e sociali che hanno tutelato il potere d’acquisto dei cittadini, mantenendo il costo della vita paradossalmente più basso rispetto a paesi meno fortunati in termini di PIL e bilanci. Dunque da noi i vaucer partoriti con timidezza, hanno avuto un senso proprio per il turismo e il lavoro agricolo e sono indispensabili per l’impresa stagionale, sono sicuramente serviti anche per contrastare il lavoro nero, ma poi sono stati abusati perché i troppi vincoli che ha il nostro mercato del lavoro,il cuneo fiscale,la mancanza di coraggiose riforme hanno sicuramente consentito un abuso. E però ora il Governo non può fare la danza del gambero abolirli e poi ripensarci e poi litigare furiosamente proprio in un momento in cui misuriamo la nostra capacità di rialzare la testa. Facciano in fretta un provvedimento che ripristini a tempo determinato e solo per alcuni lavori veramente stagionali ed importanti per la nostra economia e poi si rimbocchino le maniche e mettano mano alla partita lavoro anche perché si parla anche di smart working ma di leggero nella legge sul lavoro autonomo peraltro NON ancora comparso in Gazzetta ben poco di leggero c’è. E la nostra economia agonizza.
LA CONCILIAZIONE TRA TEMPI DI VITA E DI LAVORO
Presentazione del libro
“La conciliazione fra tempi di vita e di lavoro” Giuffrè Editore, 2017
Roma, 25 maggio 2017 - Ore 16.45-19.00
Palazzo Costaguti - Universitas Mercatorum - Piazza Mattei, 10
Intervento di benvenuto
Giovanni Cannata
Magnifico Rettore Universitas Mercatorum
Danilo Iervolino
Presidente Universitas Mercatorum
Ne parlano:
Patrizia Ravaioli
Amministratore, Ente strumentale alla
Croce Rossa italiana
Maurizio Sacconi
Presidente Commissione Lavoro, Senato della Repubblica
Tiziano Treu
Presidente CNEL
Modera:
Mariangela Pani
Giornalista
Saranno presenti le autrici:
Alessandra Servidori, Barbara Maiani,Giuseppe Pellacani, Direttore della Collana
Per la gentile concessione degli spazi si ringrazia UNIVERSITAS MERCATORUM
Con il contributo di ARKIGEST
R.S.V.P. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.