L'approfondimento di Alessandra Servidori www.strartmagazine.com 9 luglio 2019
Privatizzazioni? Si bene ma.......
Alessandra Servidori formiche.com 11 settembre 2019
Il Presidente di Confindustria Boccia ha giustamente affermato che NON è opportuno chiedere ulteriore flessibilità all’Europa e che i provvedimenti da assumere devono alleggerire le imprese e il debito pubblico e non aumentarlo perchè da queste due priorità sopratutto dipende l’assetto economico del nostro Paese. E ancora i trasporti,le liberalizzazioni,le privatizzazioni,il sistema bancario e finanziario nonché la politica industriale e questioni sociali fondamentali come l’università ,la sanità, la previdenza .Stessa voce di De Benedetti poche ore dopo. Si è arrivati infatti negli ultimi anni a resuscitare la proprietà statale partendo da MPS e grazie all’attività di Cassa Depositi e Prestiti ai quali il M5S e Lega hanno dato ampio, molto ampio margine di intervento compreso Alitalia che comunque continua ad essere la Dracula del sangue nostrano. A fine 2018 Tria aveva promesso lo smobilizzo del patrimonio mobiliare per 18 miliardi per fare cassa e dare ossigeno ai conti dello Stato ed enti pubblici. Sopravvive la teoria sbagliata dello Stato imprenditore ma vero è che la proprietà statale dei mezzi di produzione soffoca anche le libertà civili e politiche perché noi cittadini siamo ostaggi economici del governo che a suo piacimento quant’anche mantenesse formalmente un pseudo processo democratico ( come peraltro sta accadendo) può ricattare economicamente ogni singola persona .Ma vero è che tanto più in un paese sono presenti una solida tradizione liberal democratica,istituzioni imparziali e funzionanti e un vivace settore privato,tanto meno la proprietà pubblica di mezzi di produzione sortisce effetti negativi. Ricordiamoci che le privatizzazioni italiane più significative sono state dal 1996 al 2000 periodo in cui lo Stato Italiano ha ricavato 80 miliardi di euro dalle utilities cioè energia,telefonia,trasporti dismesse in quel periodo,Enel quotata in borsa,Autostrade dismesse. Dal 2005 il declino e con Cassa Depositi e Prestiti si continua a mantenere il controllo con Enel,Eni sempre con l’obiettivo di risanare le finanze pubbliche ma ovviamente non pienamente riuscito visto il risultato deludente del nostro Pil.Ma vero è che se pur modestamente le privatizzazioni italiane hanno portato alle casse dello Stato risorse per ripianare il debito ma alle imprese privatizzate invece performance molto migliori a parte il disastro di Parmalat e Cirio. Gli ultimi smobilizzi sono stati Fincantieri ,Poste italiane e Enav ma sono state finte privatizzazioni perché si è ceduta solo una quota di minoranza mentre la maggioranza è ancora in mano pubblica e le uniche privatizzazioni complete ma indirette sono state Finmeccanica Ansaldo Breda,Ansaldo Energia,tutte in mano a stranieri. Da un punto di vista del funzionamento istituzionale del mercato la proprietà pubblica distorce i mercati e la competizione politica,influenza negativamente il quadro macroeconomico e crea inefficienza e concorrenza sleale. Motivi sufficienti per provvedere e subito a privatizzare e a investire bene le risorse che se ne traggono e risolvere anche questioni che riguardano i 160 tavoli di crisi aziendali aperti perché il progressivo declino di interi settori produttivi lasciati a se stessi come gli elettrodomestici, commercio,edilizia ,siderurgia ,call center e automotive,e la mancanza di una politica industriale ci hanno impoverito e dunque deve essere una priorità per questo nuovo governo.
Lettera a Catalfo Ministra del lavoro e pensioni di genere nella Ue
Alessandra Servidori Formiche 4 settembre 2019 www.formiche.com
Bene l’attesa è finita ora al lavoro. La lista dei nuovi ministri è completata e noi li mettiamo alla prova. Certo è che i problemi sono tanti e ci limitiamo ad affrontare quello del lavoro che è sicuramente uno dei pilastri del nostro sistema economico in agonia. Alla Ministra toccano immediatamente le soluzioni dei tavoli oltre 162 di crisi aziendali. I diecimila dipendenti dell’acciaieria di Taranto che corrispondono a 10mila famiglie si aspettano che sia pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto sulla crisi di impresa che avrebbe dovuto ripristinare l’immunità penale per i dirigenti dei nuovi proprietari- Arcelor Mittal- che da un anno gestisce l’Ilva.I dubbi ci sono di risoluzione perché fu Di Maio a toglierla e ai 5 stelle è rimasto il dicastero con un cambio solo di genere ed è fortemente in predicato che la nuova stagione dei penta stellati rimedierà agli errori del precedente ministro con il cd decreto crescita poi diventato a rigor di numeri de/crescita:infatti sarebbe dal 6 settembre operativa la mannaia per Arcelor che chiaramente sarà penalizzata fortemente, Arcelor si ritirerà e Ilva affonderà con i suoi 10mila dipendenti. Vero è che Arcelor ha già pronta una azione legale contro quella modifica unilaterale del decreto di Maio che peraltro era stato concordato anche in commissione Lavoro dalla Catalfo attuale nuova Ministra che ha anche sostenuto con forza e scritto il Reddito di cittadinanza. L’Italia non ha da ben 20 anni una crescita economica e il debito pubblico è una volta e mezzo il valore del pil ed è il primo paese per crisi demografica poiché il tasso di natalità italiana è inferiore alla sostituzione e quota 100 e reddito di cittadinanza hanno trasferito le risorse in capo a questi due provvedimenti sottraendoli anche alla famiglia al lavoro. Disoccupazione in aumento è sempre un problema grande e sempre per Catalfo : calo di ordini e di produzione industriale calo della occupazione : l’istat dixit. Crescita zero già segnalata in luglio meno 0,1 tasso di disoccupazione tornato a salire al 9,9% e anche per i giovani al 28,9% ,si riduce l’indice delle persone occupate e diminuiscono i dipendenti con contratto stabile e a termine: siamo il terzultimo paese dice Ocse per disoccupazione. Sarà difficile dire che era colpa del governo precedente.
Alessandra Servidori Pensioni e genere nella Ue IL DIARIO DEL LAVORO 4 settembre 2019
Il Dipartimento tematico per le politiche economiche, scientifiche e di qualità della vita dell’ Unione Europea della Commissione ha reso noto uno studio sul quale la nuova dirigenza avrà il compito di trarre le logiche conseguenze in materia di provvedimenti da assumere per contrastare il divario di genere pensionistico poiché l’analisi della ricerca indica che la differenza mostra quanto siano più alte le pensioni mensili e annuali medie degli uomini rispetto alle donne. Il divario medio di genere nell'UE nelle pensioni è notevole (35,7% nel 2018). In tutti gli Stati membri, questa cifra mostra un'ampia variazione, passando dal 2,6% in Estonia al 46,1% a Malta. Il divario di genere nelle pensioni sia a livello degli Stati membri che a livello dell'UE non è un parametro particolarmente flessibile, ma è rimasto abbastanza stabile nel tempo. Un motivo è che il divario di genere delle pensioni dipende in gran parte da fattori che si sviluppano a lungo termine come la storia occupazionale delle persone e le riforme pensionistiche che si susseguono. Pertanto, è improbabile che mostrino fluttuazioni significative da un anno all'altro ma vero è che un fattore determinante è la differenza nella situazione economica e nelle opportunità tra uomini e donne che esiste in diversi settori e dunque il contesto in cui si lavora influisce su quanto le pensioni mensili e annuali medie degli uomini sono più elevate di quelle delle donne. Un altro fattore importante è misurare la percentuale in base alla quale la pensione media delle donne è inferiore a quella degli uomini; ovvero misurare la quantità di donne rispetto agli uomini. La conseguenza è che le donne corrono un rischio maggiore di povertà nella vita successiva rispetto agli uomini come ha registrato istat recentemente nel rapporto sulla povertà in Italia. La parità di genere è un valore fondamentale dell'UE. È un motore riconosciuto per la crescita economica. Questo principio è già stato sancito dal Trattato di Roma del 1957 ed è previsto oggi negli articoli 2 e 3 del Trattato sull'Unione Europea e negli articoli 8, 153 e 157 del Trattato sul funzionamento dell'UE.
Le pensioni attuali riflettono i cambiamenti strutturali a lungo termine, le pressioni a breve termine relative ai recenti sviluppi economici (ad esempio la crisi finanziaria) e le precedenti riforme pensionistiche. Uno sguardo più attento al divario di genere nelle pensioni aiuta analisti e politici a comprendere questo fenomeno e a ripensare politiche adeguate . L'esistenza e l'entità del divario di genere nelle pensioni sono determinate da una serie di fattori raggruppati in due categorie: la prima basata sulla storia occupazionale delle persone fisiche e la seconda sulla progettazione del sistema pensionistico. Il primo “blocco” include il numero di anni di lavoro. Le carriere delle donne sono più brevi (in termini di anni di lavoro) principalmente a causa del loro ruolo e degli impegni familiari (prendersi cura di bambini, parenti anziani, famiglia ecc.). L'intensità del lavoro (lavoro part-time vs. lavoro a tempo pieno). Le donne lavorano più spesso meno intensamente degli uomini, cioè meno ore alla settimana (part-time), ancora una volta a causa del loro ruolo nella famiglia. Le donne tradizionalmente si assumono la responsabilità principale delle cure e del lavoro domestico. Rispetto a 10 anni fa, 12 paesi hanno fatto passi indietro quando si tratta dell'equilibrio di genere in termini di tempo dedicato all'assistenza, al lavoro domestico e alle attività sociali. Solo un terzo degli uomini si impegna quotidianamente nella cucina e nelle faccende domestiche, mentre la maggior parte delle donne lo fa ogni giorno (79%) . Ciò ha un impatto enorme sulla capacità delle donne di accumulare una pensione completa. In larga misura, le lacune riflettono l'occupazione inferiore e più irregolare delle donne. Un gran numero di donne negli ultimi decenni ha abbandonato la forza lavoro per prendersi cura della famiglia. L'obiettivo dell'UE è raggiungere un tasso di occupazione del 75% per uomini e donne entro il 2020. Sarà impossibile raggiungere questo obiettivo. Nel 2018 l'occupazione femminile ha continuato ad aumentare lentamente ma costantemente, analogamente a quella degli uomini, e ha raggiunto il 66,6% nel quarto trimestre del 2018 ma ora in Italia il trend è fermo al 47,9% di lavoratrici. Inoltre, gli studi dimostrano che le differenze di genere sono minori per le donne single e più ampie per le donne sposate e le donne divorziate sono nel mezzo. I risultati empirici confermano una forte correlazione, come previsto, tra il numero di figli cresciuti da una donna e il divario pensionistico di genere. Poiché i diritti pensionistici sono calcolati in base a retribuzioni , la retribuzione del lavoro svolge un ruolo importante nella formazione del divario di genere nelle pensioni. La differenza nei guadagni tra uomini e donne è generalmente misurata dal divario retributivo, e rappresenta la differenza tra i guadagni orari lordi medi dei dipendenti di sesso maschile e femminile nell'UE. Nel 2018 nell'UE, gli uomini sono stati pagati, in media, il 16% in più rispetto alle donne .Inoltre, gli analisti identificano un cosiddetto "divario retributivo di maternità" infatti vi è una differenza tra madri e non madri che dimostra che le donne con figli a carico sono pagate meno di quelle senza figli. Il divario di maternità misura anche il divario tra madri e padri in cui è più evidente l'elemento di genere che porta a differenze nella retribuzione a favore degli uomini. La prova che le madri soffrono di uno svantaggio salariale o di altri svantaggi legati al loro ruolo nella famiglia ha un impatto negativo sulla parità di genere come valore dell'UE. Ciò è anche strettamente collegato al problema della natalità e dunque sostituzione della popolazione e della crescita dei bambini. Le principali cause che contribuiscono alla disparità retributiva sono legate alle differenze nella valutazione delle competenze di uomini e donne, segregazione, stereotipi ed equilibrio tra lavoro e vita privata. Inoltre, secondo una relazione della Commissione europea, la parità retributiva è ostacolata da una serie di fattori. Questi includono una mancanza di trasparenza nei sistemi retributivi, una mancanza di chiarezza giuridica nella definizione di lavoro di pari valore e ostacoli procedurali. Se i salari determinano le pensioni, ci si potrebbe aspettare che gli squilibri salariali spiegherebbero gli squilibri nelle pensioni. Tuttavia, le cifre non rivelano alcun potenziale collegamento diretto tra i due. Ma vero è che il divario retributivo di genere ha un impatto considerevole sul divario pensionistico di genere. Infatti divari pensionistici sono considerevolmente maggiori dei divari retributivi: il divario retributivo medio è inferiore alla metà del divario pensionistico medio. Il motivo è che molte donne lavorano meno anni nella loro carriera, lavorano meno ore all'anno e ricevono meno all'ora. Pertanto, un divario retributivo (misura oraria) viene ingigantito in un divario retributivo (annuale) più ampio nel corso della loro carriera. Poiché la maggior parte dei sistemi pensionistici basa il calcolo delle pensioni sui guadagni della carriera, ci si può aspettare solo una differenza maggiore nelle pensioni. Ma non per tutti gli stati c’è una correlazione :lo Stato membro che presenta il divario retributivo più ampio del 26% (Estonia) è quello con il divario pensionistico più basso del 3%. L'obiettivo dei sistemi pensionistici sarebbe proteggere le persone anziane dalla povertà e fornire un reddito adeguato in età avanzata. Sono progettati e gestiti in gran parte a livello nazionale. Pertanto, l'UE ha una competenza limitata in questo settore. In realtà, esistono grandi variazioni nell'approccio alle pensioni negli Stati membri dell'UE10. I sistemi pensionistici nell'UE possono essere descritti con l'approccio dei "tre pilastri". Il primo pilastro mira alla povertà per anziani e copre i piani pensionistici pubblici obbligatori e garantisce un tenore di vita minimo. Il secondo pilastro è professionale, collegato a un rapporto di lavoro. I contributi sono forniti da datori di lavoro e / o dipendenti e possono essere pubblici o privati. Il terzo pilastro copre piani di risparmio privati volontari supplementari. Gli Stati membri hanno optato per modelli diversi ma, in generale, i pilastri uno e due tendono ad essere garantiti anche se in forme diverse. In un mercato del lavoro di genere, il sistema pensionistico può essere utilizzato come strumento per mitigare gli squilibri di genere nelle pensioni. Le caratteristiche intrinseche di un sistema pensionistico, in particolare i meccanismi compensativi, possono ampliare o ridurre significativamente il divario di genere nelle pensioni. In questo senso, le caratteristiche di un sistema pensionistico che hanno il maggiore impatto sono: l'indennità di interruzione della carriera (concessione di diritti pensionistici, ad esempio per il periodo di assistenza all'infanzia che in Italia è irrisorio), la ridistribuzione delle pensioni (i dipendenti a basso reddito possono ricevere pensioni proporzionalmente più elevate) , indicizzazione delle pensioni (adeguamento delle pensioni in base alle variazioni del costo della vita) e differenza di età pensionabile. Per stimare il divario pensionistico di genere nell'UE, gli analisti hanno sviluppato un indicatore utilizzando modelli statistici e dati raccolti durante indagini globali sulla popolazione, poiché il divario non è un parametro direttamente osservabile. Quanto è grande il divario? Nel 2018, il divario pensionistico di genere nell'UE era del 35,7%. In altre parole, nell'UE, in media, le pensioni delle donne erano inferiori del 35,7% a quelle degli uomini . Questa cifra è stata calcolata come la differenza nelle pensioni medie tra uomini e donne di età compresa tra 65 e 79 anni ( anche se i regimi sull’età sono diversissimi). Per l'UE è una media ponderata basata sulla popolazione del paese. Nel 2018, il divario pensionistico di genere era pari o superiore al 40% in 5 Stati membri. Le maggiori differenze nelle pensioni tra uomini e donne sono state registrate a Malta (46,1%), Paesi Bassi (43,4%), Lussemburgo (42,6%), Austria (41,1%) e Cipro (41,1%). Il divario era pari o superiore al 30% in 11 Stati membri. Anche la media UE rientra in questa categoria. Il divario era pari o superiore al 20% in 20 Stati membri. Il divario era inferiore al 10% in soli 3 Stati membri, vale a dire Slovacchia (8,8%), Danimarca (7,5%) ed Estonia (2,6%). Seguire l'evoluzione del divario nel tempo aiuta gli analisti a identificare se la distribuzione delle pensioni tra i sessi sta migliorando o peggiorando. Un confronto tra i livelli del divario pensionistico di genere tra gli anni 2010 e 2017 mostra che il divario medio di genere nell'UE nelle pensioni non è una variabile molto flessibile. Il suo valore nel tempo non oscilla molto, rimanendo piuttosto piatto con una leggera flessione negli ultimi anni del periodo di osservazione (dal 40,8% al 35,7%). Le osservazioni dei singoli Stati membri indicano che la maggior parte non presenta nel tempo variazioni drammatiche del divario pensionistico di genere, il che si riflette anche nella mancanza di fluttuazione della media UE. Ad esempio, nel tempo, il divario in Germania è rimasto molto elevato e relativamente stabile, mentre in Estonia il divario, anche relativamente stabile, era ben al di sotto della media. Alcuni Stati membri registrano uno sviluppo più insolito. Ad esempio, la Grecia ha registrato un forte calo del divario tra il 2010 e il 2012, quando è diminuito di quasi la metà, dal 39,2% al 22,8%. D'altra parte, Malta ha registrato un aumento significativo dal 2015 al 2016, quando il divario è raddoppiato, passando dal 22,8% al 45% e nel 2017 è rimasto il più alto al 46,4% nell'UE. I valori delle disparità di genere nelle pensioni nei singoli Stati membri nel 2018 sono confrontati con quelli del 2010 . I risultati in alcuni stati sono migliorati riducendo le loro lacune, ad esempio in Grecia il divario è diminuito di 14,1 punti percentuali e di 12,7 punti percentuali in Belgio. In altri Stati membri le lacune si sono ampliate ad esempio Malta e Lettonia,alcuni non hanno registrato grandi cambiamenti, ad esempio Ungheria e Austria e la media UE è migliorata di 5,2 punti percentuali. Una tendenza a colmare il divario medio dell'UE nel tempo appare quando si osserva un set di dati diverso in passato. Studi precedenti della Commissione europea che abbiamo consultato mostrano che il divario pensionistico di genere nell'UE è aumentato di 1,7 punti percentuali o del 5% nel periodo 2005-2010 . Sebbene i valori dei divari ampliati sembrino più piccoli di quelli che si sono ridotti, gli Stati membri in cui il divario si è ampliato erano maggiori in termini di popolazione, quindi hanno avuto un impatto maggiore sulla media UE, influenzando negativamente la dimensione del divario, che alla fine ha prodotto un risultato complessivo di un aumento di 1,7 pp per l'UE. L'aumento del divario nel periodo 2005-2010 di 1,7 pp rispetto alla diminuzione del divario nel periodo 2010-2018 di 5,2 pp è un segnale positivo che la dimensione complessiva del divario si sta contraendo.
Perchè è importante nominare il commissario ue
Alessandra Servidorihttps://www.startmag.it/mondo/perche-e-importante-nominare-il-nostro-rappresentante-in-commissione-ue/
Perché è importante nominare il nostro rappresentante in Commissione Ue
Alcune notizie e decisioni importanti sfuggono alla nostra conoscenza mentre proprio in un rinnovato impegno di presenza a livello comunitario è estremamente vitale essere aggiornati di alcune fondamentali decisioni in materia soprattutto economica che ovviamente hanno una ricaduta sui 27 paesi che ancora oggi formano l’Unione. Gli ambasciatori presso l'UE hanno concordato alla fine di luglio la posizione del Consiglio sul progetto di bilancio UE per il 2020. Una volta formalmente adottato dal Consiglio, ciò costituirà un mandato per la presidenza nei negoziati con il Parlamento europeo. In totale, la posizione del Consiglio sul bilancio per il prossimo anno ammonta a 166,8 miliardi di EUR in impegni e 153,1 miliardi in pagamenti. Rispetto al 2019 si registra un aumento dello 0,6% per quanto riguarda gli impegni e del 3,3% relativamente ai pagamenti. L'aumento dei pagamenti riflette l'accelerazione dell'attuazione dei programmi con l'approssimarsi della fine del quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014-2020. Ciò dovrebbe consentire di adempiere agli impegni di bilancio in tempo utile per evitare l'accumulo di fatture in sospeso, in particolare nell'ambito della politica di coesione, dove l'attuazione dei programmi prosegue a ritmo sostenuto. Le cifre concordate si fondano sul presupposto che il Regno Unito continuerà a partecipare pienamente al finanziamento e all'esecuzione del bilancio UE fino alla fine del 2020.Il bilancio dell'anno prossimo è l'ultimo dell'attuale quadro finanziario pluriennale e gli Stati membri vogliono che sia realistico e adeguato allo scopo. La posizione del Consiglio prevede livelli di pagamenti e finanziamenti adeguati per settori prioritari fondamentali, quali la crescita e l'occupazione, l'azione per il clima e la gestione della migrazione. Al tempo stesso, apporta adeguamenti mirati alla proposta della Commissione e lascia margini sufficienti per esigenze impreviste. L'accordo raggiunto fornirà una base solida per i negoziati con il Parlamento europeo.Il rafforzamento dell'economia europea rimane una priorità fondamentale per gli Stati membri.Il Consiglio continua pertanto a sostenere il rafforzamento dei programmi nell'ambito della rubrica "Competitività per la crescita e l'occupazione", che riceverebbero 24 miliardi di EUR in totale, ossia un aumento del 2,72% rispetto al 2019.I maggiori aumenti nel bilancio 2020 riguarderebbero i sistemi europei di radionavigazione satellitare (EGNOS e Galileo: 1,2 miliardi di EUR, +74,75%), la componente Energia del meccanismo per collegare l'Europa (1,2 miliardi di EUR, +24,94%) e il corpo europeo di solidarietà (166 milioni di EUR, +15,88%). In tutti questi casi il Consiglio ha avallato formalmente i livelli di finanziamento proposti dalla Commissione. Sono previsti aumenti anche per i programmi faro dell'UE Orizzonte 2020 (12,8 miliardi di EUR, +3,73%) e Erasmus+ (2,8 miliardi di EUR, +2,49%), nonché per il programma COSME, che sostiene le PMI e l'imprenditorialità, e per il programma europeo di sviluppo del settore industriale della difesa, che contribuirà a spianare la strada al Fondo europeo per la difesa per il periodo 2021-2027 (rispettivamente +7,06% e +4,08%).La rubrica "Coesione economica, sociale e territoriale" ottiene una maggiorazione pari a 633,6 milioni di EUR, ossia un aumento del 2,23% rispetto al 2019.Il Consiglio sostiene inoltre un rafforzamento del programma LIFE, che fornisce finanziamenti per l'ambiente e l'azione per il clima (580 milioni di EUR, +3,85%).In totale, poco meno del 20% della spesa del bilancio UE sarebbe destinato alla lotta contro i cambiamenti climatici, in linea con l'obiettivo dell'UE per il periodo 2014-2020.Nel settore della migrazione, sono iscritte risorse aggiuntive destinate all'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) (101,4 milioni di EUR, +32,4% rispetto al 2019) al fine di istituire un corpo permanente di 10 000 guardie di frontiera entro il 2027.Al fine di rafforzare la protezione civile, è previsto un aumento pari a 156,2 milioni di EUR dei finanziamenti destinati al meccanismo di protezione civile dell'Unione, che aiuta gli Stati membri a far fronte alle catastrofi naturali, tecnologiche e provocate dall'uomo.
Per quanto riguarda l'azione esterna nella rubrica "Ruolo mondiale dell'Europa", il calo complessivo degli impegni rispetto al 2019 si spiega con la fine del periodo relativo agli impegni di bilancio connessi allo strumento per i rifugiati in Turchia.Le linee relative alla Turchia dello strumento di assistenza preadesione (IPA II) sono state nuovamente adeguate al ribasso rispetto alla programmazione finanziaria per riportarle ai livelli del 2019. I fondi pertinenti sono stati riassegnati, tra cui un aumento del sostegno ai Balcani occidentali.
Per quanto riguarda le spese amministrative il Consiglio ha adottato un approccio rigoroso. Mentre tutte le istituzioni beneficiano di un aumento del bilancio annuale per il 2020 in ragione di obblighi statutari e contrattuali, sono stati effettuati adeguamenti al progetto di bilancio della Commissione, in particolare per stabilizzare i livelli di organico. Le spese non connesse alle retribuzioni sono mantenute al livello del 2019, con limitate eccezioni.
Il Consiglio ritiene che eventuali esigenze supplementari nel settore delle spese amministrative dovrebbero essere coperte principalmente mediante una ridefinizione delle priorità. Si prevede che il Consiglio adotti formalmente la sua posizione sul bilancio UE per il 2020 all'inizio di settembre. L'adozione della posizione del Parlamento è prevista per la seconda metà di ottobre.Per ora di tutto questo siamo informati solo attraverso la paziente lettura dei documenti sul sito europeo che volentieri socializziamo ma ci auguriamo vivamente di poter almeno essere adeguatamente coinvolti .
Donne e pensioni integrative il pareggio della Ue
https://formiche.net/2019/08/la-ue-pareggia-le-pensioni-integrative-genere-covip-si-adegua/
Alessandra Servidori 27/08/2019
Donne e pensioni integrative : la Ue pareggia le pensioni integrative di genere e COVIP si adegua
Mentre aspettiamo il difficile travaglio dei 5 giorni che il presidente Mattarella ha “dato “ alle forze politiche per eventualmente trovare un accordo per resuscitare un governo, noi ci preoccupiamo dei dati molto bruttini della situazione delle pensioni partendo dalle domande che sono pervenute a inps per usufruire delle pensione con quota 100. Pare siano oltre 300mila i richiedenti ma non abbiamo notizie di quante donne quanti uomini. Presumiamo che siano parecchi maschi- ufficiosamente i dati lo confermano- in quanto avere almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi per le donne è quanto meno difficile e comunque le pensioni delle lavoratrici sono più basse di quelle dei lavoratori per periodi di contribuzione discontinui spesso per la cura dei famigliari, influiscono sulla rendita pensionistica. Vediamo perché analizzando i dati recentissimi istat. Gli uomini percepiscono il 54,4% delle pensioni di vecchiaia e l’importo annuale è in media superiore di quasi 8 mila euro a quello ricevuto dalle pensionate. Gli uomini rappresentano anche la maggioranza -73,5%- dei percettori di pensioni indennitarie in quanto occupati in settori ad alto rischio professionale .Gli importi mediamente percepiti sono tuttavia inferiori a quelli delle donne che in molti casi sono percettrici indirette a causa della morte del coniuge. Lo stesso accade per le pensioni ai superstiti che nell’86,5% sono erogate a donne in virtù della vita più lunga però gli importi medi sono più alti rispetto a quelli degli uomini essendo l’importo del trattamento legato al progresso contributivo del coniuge defunto. Anche le pensioni assistenziali sono erogate in maggioranza a donne 59,3% perché non hanno un costante e regolare percorso lavorativo e contributivo percepiscono infatti il 58,2% delle pensioni di invalidità civile,il 62,9% delle pensioni sociali e il 64,1% di quelle di guerra con un importo medio di 10.830 euro tra gli uomini e di 5.087 per le donne. Tra le donne il 18% delle anziane non riceve alcuna forma di pensione e tra gli uomini il 3% e per le donne tra i 65-79 anni senza reddito entra in vigore la pensione sociale e dunque la maggior quota delle pensioni di vecchiaia spetta agli uomini che beneficiano dunque di importi medi per le quali si registrano elevati differenziali di genere + 60% nel 2017. Il problema non sono solo le prestazioni previdenziali pubbliche ma anche le prestazioni integrative. La relazione della Covip del 2019 sul 2018 ci dice che quanto al genere, gli uomini sono il 61,9 per cento degli iscritti alla previdenza complementare, concentrandosi per lo più nei fondi negoziali (73,1 per cento); nei Piani Iindividuali Pensionistici si registra un maggiore equilibrio: il 46,3 per cento degli iscritti sono donne. Fino ad oggi dunque anche il secondo braccio pensionistico non sosteneva le donne in una eventuale forma integrativa anche perché evidentemente costosa. Ma passata in sordina ma valorizzata da noi vi è una novità importanti per le donne in materia pensionistica integrativa perchè è arrivata una sentenza della Corte di Giustizia della ue del 1 marzo 2011 che ha sancito che l’elemento relativo al genere non può più essere considerato come fattore determinante per differenziare i premi e le prestazioni dei contratti di assicurazione rientranti nell’ambito della direttiva 2004/113/ Ce e la Commissione Europea ha pubblicato le direttrici per l’applicazione della Direttiva il 13 gennaio 2012 per come adeguare i contratti di assicurazione. Dunque COVIP che è la Commissione che vigila sui fondi pensione ovvero sulle pensioni integrative si è adeguata e il 22 maggio 2019 con delibera ha applicato la regola prevista peraltro anche dal dlgs 198/2006 che impone l’applicazione di regole unisex ai contratti assicurativi uniformemente alla direttiva UE esecutiva dal 2012 recepita da Covip e le forme pensionistiche collettive che erogano prestazioni tramite un’impresa di assicurazione entro tre mesi dalla sottoscrizione di una nuova convenzione trasmettono i dati a Covip correggendo eventuali differenze di genere.
Le retribuzioni basse sono il problema
https://www.startmag.it/economia/come-far-lievitare-le-retribuzioni-analisi-e-ipotesi/
Alessandra Servidori
In questa estate complicata e disorientante non solo politicamente ma anche economicamente, insieme al problema del cuneo fiscale che penalizza sicuramente le risorse che vanno direttamente nelle tasche dei lavoratori e lavoratrici, si è aperto un dibattito sull’annoso problema delle retribuzioni che in Italia, è stato dimostrato in un confronto in ambito Ue, sono più basse dei principali paesi europei a noi vicini,ad eccezione della Spagna che però sta recuperando molto in fretta. La Fondazione Di Vittorio attraverso uno studio approfondito su dati Ocse dimostra che nel 2017 le retribuzioni medie italiane sono pari a 29,214 euro lordi annuali e si è andato allargando il divario comunitario dal 2010,mentre le retribuzioni tedesche anche sotto lieve recessione sono aumentate .In Italia si conferma sul versante retribuzioni il dato generale relativo all’economia che vede il nostro paese calare più degli altri quando il sistema economico è in crisi e non recuperare adeguatamente neanche dopo le tenui fasi di sviluppo. Il recente rapporto Anpal Ministero del lavoro Inps Inail dimostra che le retribuzioni orarie contrattuali hanno tenuto il passo dell’inflazione e la riallocazione occupazionale a favore di settori a bassa qualifica e bassa retribuzione ha contribuito alla riduzione delle retribuzioni; le nostre imprese hanno reagito alla crisi con la parte più qualificata e maggiormente legata all’export che ha incrementato l’investimento in professionalità intellettuali e scientifiche;le piccole piccolissime imprese che si sono ridotte drasticamente anche nei numeri dati poche ore fa da CONFARTIGIANATO,non hanno innovato il prodotto e il processo e i canali di vendita continuando a sopravvivere calando i costi e le retribuzioni. La disoccupazione italiana resta alta con 5 punti di differenziale della % ue e il def la prevede ancora in aumento e, dato non da poco influente, è la crescita costante del part time che coinvolge 4 milioni di lavoratori e molte lavoratrici spesso involontariamente così contrattualizzati, che risentono di decremento retributivo. Infatti le ore lavorate in part time sono il 60% delle ore lavorate in full time in Italia e le retribuzioni sono intorno al 70% dei dipendenti a tempo pieno e la media di altri paesi ue è di oltre l ‘80%. Addensamenti nelle qualifiche più basse e problemi del mercato del lavoro sono elementi fondamentali insieme a quelli fiscali della diffusione del lavoro povero e per affrontare il problema del working poors sicuramente non basta il salario minimo di legge che è aggirabile con una diminuzione del numero di ore retribuite e o con l’aumento della discontinuità lavorativa e per riequilibrare l’attuale disuguaglianza dei redditi occorre una vera riforma fiscale di carattere fortemente progressivo che recuperi risorse verso le retribuzioni nette a partire dalle più basse .La scarsa crescita delle retribuzioni è uno degli effetti /causa dello scarso sviluppo del paese e rappresenta il problema più importante della situazione dei conti pubblici.
UE : in Italia la parità di genere ancora trascurata
UE: SERVIDORI, 'NON SOLO COMMISSARIO, C'E' ANCHE NOMINA PER ENTE PARITA' DI GENERE' =
L'esperta, 'nessuna notizia di candidature da parte Italia'. ADN0450 7 ECO 0 DNA ECO NAZ
Roma, 19 ago. (Adnkronos/Labitalia) - "In Europa in attesa che i vari
organismi siano designati, non c'è solo da nominare il commissario che
rappresenti l'Italia ma si sta lavorando sotto traccia anche sul
versante delle politiche di pari opportunità e genere. Prossimamente
sarà eletto il nuovo presidente dell'Eige, Istituto internazionale per
l'uguaglianza di genere, di cui noi non abbiamo notizia né dei tempi
né delle proposte di candidature del nostro Paese". Lo dice ad
Adnkronos/Labitalia Alessandra Servidori, docente di politiche del
welfare e strumenti contrattuali al dipartimento di Giurisprudenza
dell'Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
"Nel frattempo, attraverso la rete europea e internazionale di cui
faccio parte -spiega Servidori, che per molti anni è stata consigliera
nazionale di parità- è interessante sapere che un nuovo studio
condotto da ricercatori della Michigan State University mostra che le
persone diverse in team che lavorano insieme possono ottenere
risultati migliori rispetto a quelli di team con persone simili".
"I ricercatori -ricorda Servidori- hanno esaminato la diversità in due
categorie che riflettono le dimensioni della linea di galleggiamento
dell'iceberg della diversità: demografia personale (razza, sesso,
identità di genere, orientamento sessuale e nazionalità) e criteri
relativi al lavoro o scientifici (fase di carriera, disciplina
accademica e mandato di rappresentare il gruppo). Attraverso lo
studio, gli individui di team più variegati hanno percepito un clima
più positivo rispetto agli individui di team più omogenei". (Map/Adnkronos)
ISSN 2465 - 1222
19-AGO-19 14:02
DANNI A FERRAGOSTO
https://www.startmag.it/economia/che-cosa-serve-su-lavoro-welfare-e-fisco/ startmagazine 15 Agosto ALESSANDRA SERVIDORI
FERRAGOSTO : DANNI IN CORSO
L’incertezza e il caos in cui siamo trascinati dalla situazione politica e governativa mette in luce alcuni aspetti che sembrano offuscati ma che pesano come macigni. I navigator, ancora pochi i certi e ancora tutti da formare, navigano in brutte acque : già ancora prima dell’acuirsi della crisi la situazione a livello regionale tra l’Anpal, le Regioni e i centri per l’impiego e il Ministero del lavoro appariva difficile e in queste ore è drammatica. Il sistema informatico impostato non riesce a scambiare i dati tra il Ministero del Lavoro e i database regionali e la ricerca dei beneficiari per ricordargli che devono trovare lavoro, perché il benefit del reddito di cittadinanza ha un limite è ancora in alto mare e con l’erogazione del si è già partiti: prima semmai si dovevano formare i navigator, poi si faceva lo screening sui beneficiari. I centri per l’impiego devono cercare al telefono fra i beneficiari quelli che devono sottoscrivere il patto per il lavoro, una firma che dovrebbero apporre entro 30 giorni, ma non ci sono navigator né personale a sufficienza nei centri per l’impiego, e non si riuscirà a stare dietro alle domande,e la macchina è già inceppata e la contrattualizzazione dei navigator che sono privi di lavoro invece è già in corso. Si hanno davanti scadenze importanti come la nomina del commissario ue e ci sono provvedimenti in attesa di essere approvati l’aumento dell’iva e il cuneo fiscale sempre più profondo e si è anteposto il reddito di cittadinanza e quota cento con una crisi politica che si somma all’instabilità globale e le imprese si sono fermate con gli investimenti per l’incertezza con norme scritte e riscritte abolite ( come l’ammortamento del Piano 4.0) in totale mancanza di una politica industriale nazionale e il pil è sempre più esangue. Ci sono contratti da rinnovare come quello del pubblico impiego scaduto da un anno , nuovi concorsi da svolgere per nuove assunzioni per personale precario mentre nella pubblica amministrazione quota 100 ha svuotato gli uffici e le corsie di ospedale si è fatta propaganda con l’eco bonus che ha favorito le grandi imprese e penalizzato le piccole quando sappiamo che il Paese ha il 93% di imprese piccole e medie e una burocrazia che le ammazza come gli interessi passivi pagati dal creditore e non dal debitore.Per Alitalia si stava tornando progressivamente al carrozzone disastroso e disastrato che furono. In Europa non contiamo nulla e siamo completamente isolati, se russi, cinesi e americani passano dall’usarci strumentalmente per i loro giochi a ignorarci e il consuntivo di questi 14 mesi di governo penta stellato pesa drammaticamente sulle nostre spalle .Se si considera la condizione di declino dell’Italia e dunque la necessità e l’urgenza di mettere in campo politiche non solo di semplice rilancio ma di vera e propria ricostruzione – politica, istituzionale, economica, infrastrutturale, sociale, morale, culturale – del paese. C’è bisogno di una stagione politica forte proprio perché i problemi sono strutturali e di tali dimensioni che non possono essere affrontati con politiche temperate, strumenti ordinari e tempistiche lente ma con politiche di riforma e modernizzazione del Paese. L’economia soffre di mancate iniziative concrete a favore dello sviluppo, e quelle poche prese vanno per lo più nella direzione opposta ed è falsa la spiegazione che vuole l’Italia in stagnazione solo ed esclusivamente per via di una avversa congiuntura internazionale e per colpa delle scelte sbagliate ed egoiste dell’Europa a trazione franco-tedesca. Dopo aver buttato l’opportunità temporale che la politica monetaria espansiva della Bce ci aveva regalato, ora sarebbe oltremodo suicida fare altrettanto con la nuova stagione di tassi a zero che Mario Draghi ha già predisposto alla vigilia della scadenza del suo mandato e del passaggio del testimone a Christine Lagarde. In autunno non basterà raffazzonare una qualsiasi legge di bilancio per uscirne vivi. Serve che gli italiani più accorti abbiano una reazione più netta e forte, anche da sotto l’ombrellone e dalle cime delle montagne perchè basta essere attendisti e fatalisti, sosteniamo il buon senso che il Presidente Mattarella non farà mancare.L'EDLE
La lega e il suo programma demolitore
Alessandra Servidori blog startmagazine 11 agosto 2019
Se Borghi presidente della commissione Bilancio insiste per i mini bot ci si può chiedere perché lui, ascoltatissimo da Salvini non ha abbandonato l’idea di uscire dall’euro. Lui e non da solo, ripete che i dogmi di Bruxelles non sono sacri affermando che i vincoli europei vanno rivisti e in caso contrario, l’esito potrebbe essere drammatico. Soprattutto se la Lega dovesse vincere nelle urne al prossimo voto italiano. Del resto nel 2018 su questo specifico punto la Lega ha sempre promesso-senza smentite- che vogliono restare all’interno dell’Unione Europea solo a condizione di ridiscutere tutti i Trattati che pongono vincoli all’esercizio della nostra piena e legittima sovranità, tornando di fatto alla Comunità Economica Europea precedente al Trattato di Maastrich. Borghi ancora oggi insiste affermando che l’euro è la principale causa del nostro declino economico, una moneta disegnata su misura per Germania e multinazionali e contraria alla necessità dell’Italia e della piccola impresa e ripete che si è sempre sempre cercato partner in Europa per avviare un percorso condiviso di uscita concordata e continueranno a farlo come ogni cosa per essere preparati e in sicurezza in modo da gestire da un punto di forza le autonome richieste per un recupero di sovranità. Contrariamente a ciò che proclama la Lega peraltro evidentemente sconfitta a livello europeo dall’esito del voto che ha dimostrato quanto i cittadini europei non si vogliano ritirare in logiche sovraniste e neoloberiste destinate a riprodurre scompensi sociali,si tratta di rafforzare l’approccio comunitario più solidale dell’intergovernativo attraverso un budget comunitario esteso,con una fonte di finanziamento fiscale dell’unione e politiche di investimento con potenzialità redistributive in particolare per sostenere le regioni alla periferia del mercato interno. Anche con le regole attuali la flessibilità nell’ambito del Patto di stabilità e crescita può creare uno spazio fiscale per l’attuazione del rafforzato Patto sociale. Lo spazio europeo non si identifica solo con un ambito di mercato ,ma con un’area di protezione giuridica dei cittadini che è codificata nella Carta dei diritti dell’Unione del 2007 e forte distintivo dell’Unione e ai popoli dei 27 che hanno sottoscritto i patti offre un quadro in cui perseguire nuovi obiettivi e una piattaforma da cui muovere per farlo. Ed è un’Unione nella quale a nessuna nazione è stato chiesto di rinunciare alla propria bandiera e il ritorno a una crescita soddisfacente è la chiave di volta per un clima di fiducia e soprattutto la convinzione che una chiara identificazione di un modello che convogli in via prioritaria l’attività finanziaria e il risparmio verso la crescita reale e verde attraverso una finanza sottoposta a disciplina e responsabilità e riportata alla sua funzione di alimento dell’innovazione e della crescita. Su questi principi di buonsenso si pone il problema della nomina di un commissario italiano che sia competente , ma anche abbia una capacità di dialogo e di mediazione che potrebbe riuscire a superare la dissociazione politica tra europeismo e sovranismo ,facendo l’interesse dell’unione e dell’Italia .Solo dunque una persona ragionevole con il conferimento di un portafoglio che sia di interesse per noi e soprattutto non crei permanenti conflitti e pesanti sospetti sia nell’esecutivo che nelle altre istituzioni europee. Di questo oggi dobbiamo occuparci e non solo degli scompensi politici italiani che comunque hanno già avuto un impatto economico disastroso sia prima della crisi che in queste ore con perdite di risorse notevoli che ingrassano il nostro debito. Al Presidente Mattarella il compito di gestire le sirene contrastanti di guerra e di darci la possibilità attraverso un suo Governo di tentare di ristabilire un minimo di equilibrio pacando le frenesie bulimiche di una crisi che si affronta non correndo al voto con assembramenti ancora una volta precari e dannosi ma con una piattaforma di governo responsabile.
Le 3 S : Salvini soggetto sleale, spregiudicato,sgretolatore
Alessandra Servidori 9 agosto 2019
Esattamente un mese fa sempre su queste pagine LIBERE scrissi di questo Salvini che non sa cosa è la vergogna e oggi riprendo il discorso. Oggi affermo che è un soggetto spregiudicato, sleale, sgretolatore . 3 dico 3 epiteti che portano bene la S del suo cognome.Sempre oggi veniamo a sapere dal sito BuzzFeed che la questione russigate che quel Savorini faccendiere ex portavoce del truce e oggi infiltrato negli affari russi si è recato ben 14 volte a Mosca per tramare affari illeciti di finanziamenti per 65 milioni di dollari alla Lega per regalare l’Italia a Putin che ovviamente ne avrebbe fatto carne da macello.La losca faccenda è particolarmente interessante perché gli ingressi del faccendiere in Russia non figurano sul database del ministero moscovita sul quale vengono registrati tutti gli arrivi di cittadini non russi.La lega arrogante ha deciso di portare l’Italia a elezioni anticipate e tutti si sbracciano a dire che sono pronti : a che ?A regalare la nostra Patria al truce ?.E’ pregevole l’invito del Foglio a costruire una nuova destra al quale ho aderito e non in solitudine vista l’accoglienza di tanti e tante altre come Mara Carfagna, che stimo e non da ora.Ma è legittimo chiedersi come si può pensare di allearsi con un soggetto politico che ci ha portato all’agonia di 14 mesi? Ci aspetta un rapporto dai pentalega logorato con una Europa che ci dileggia; un debito pubblico che ha fatto risalire il differenziale con i i titoli tedeschi,in ballo un aumento dell’iva di 23 miliardi,su economia e immigrati il truce ne spara tutti i giorni una più assurda dell’altra,le crisi aziendali che si fanno sempre più esplosive e una ripresa che non c’è. Non sono disponibile a massacrare ancora di più il mio Paese con un narcisista incontrollabile.
Autonomia differenziata : a che punto siamo?
Alessandra Servidori START MAGAZINE 3 agosto 2019
Al frastuono segue il silenzio. Sull’autonomia differenziata l’informazione politica è in stop and go. Ma non è colpa dei mezzi di informazione :è che il Governo non sa mediare tra le richieste pervenute ed è di primaria importanza invece in politica saper fare sintesi . Pochissimo si sa in che termini è il progetto :di poteri e competenze rivendicate dalle 3 regioni più importanti e cioè il Veneto che ne ha chieste 23,la Lombardia 20,l’Emilia Romagna 16 e sappiamo che con la Presidenza del Consiglio sono state raggiunte separatamente delle intese. In buona sostanza si andrà comunque – non si sa ancora come ma si andrà- ad una sovranità regionale che implica una cessione molto forte di poteri da parte dello Stato centrale e dunque dei ministeri oggi competenti :istruzione, ambiente,alimentazione,infrastrutture ,trasporto, credito. E’ interessante visitare il sito del Ministero Affari regionali dove si evidenzia la spesa statale regionalizzata in materia di istruzione scolastica e universitaria, diritti sociali e in cima alla graduatoria delle regioni che hanno speso i contributi per i propri abitanti figurano Valle D’Aosta,Trento,Sardegna,Bolzano mentre Lombardia Veneto Emilia Romagna sono le ultime. Dunque la questione più importante sarebbe dimostrare quali sono le regioni più virtuose ed efficienti sui quali si rivendica l’attribuzione delle competenze e i relativi fondi,perché è solo su dati scientifici si può credibilmente ragionare. E questi non sono a disposizione. La definizione di costi e benefici standard nelle bozze che abbiamo fugacemente letto è molto ambigua nonostante sia affidata ad un comitato composto dagli enti regionali e sappiamo bene per esempio che si stanno scaricando effetti di assorbimento da parte delle regioni dei disoccupati di alcuni enti soppressi ,di quota 100 soprattutto per istruzione e sanità. Siamo un Paese che porta le cicatrici di lunghe contrapposizioni di interessi territoriali,sono cambiati gli scenari europei e ultimamente abbiamo visto aumentare disillusioni e timori, egoismi e rancori, ma quando l’Italia è divenuta più unita,ricordiamocelo si è sviluppata maggiormente. E questo vale anche per l’Europa. Ora ci si sta spartendo cinicamente i residui delle risorse pubbliche ma è in gioco con la regionalizzazione gran parte delle risorse pubbliche di scuole,servizio sanitario,beni culturali,infrastrutture,lavoro e l’autonomia differenziata rappresenta una radicale revisione di come funziona l’Italia e si accrescono enormemente i poteri di gestione delle risorse pubbliche delle classi dirigenti regionali. Sono solo tre le regioni che si sono mosse sul piede di guerra perché le altre tacciono fra il desiderio di acquisire maggiori poteri di gestione e intermediazione per sé e le preoccupazioni per essere i loro cittadini le principali potenziali vittime. I partiti sono silenziosi oppure si spaccano all’interno delle regioni più coinvolte .Con le elezioni regionali in porto alcune regioni tradizionalmente di sinistra inseguono la lega tralasciando proposte incardinate sui propri valori di riferimento e sul complessivo interesse nazionale. Il recentissimo rapporto Svimez ha sottolineato il problema centenario del meridione di disoccupazione e povertà e indica il dissolvimento di un futuro condiviso e di una ripresa dell’economia italiana trascinata in basso dalla cattiva politica e dalle fratture e in ogni caso di una incapacità di una trasformazione del funzionamento dell’Italia e di modifiche senz’altro necessarie che possano migliorare le politiche pubbliche avvicinandole ai cittadini.
Non siamo rassegnati e rassegnate a tenerci i demolitori al governo
Alessandra Servidori Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Avrei voluto fermarmi per una ristoratrice pausa estiva ma gli avvenimenti di questi ultimi giorni mi hanno fatto riprendere in mano la penna. I fatti di Bibbiano, del generoso carabiniere Mario e ancora i poveri corpi galleggianti nel mediterraneo, il vociare volgare che ancora una volta inquina i nostri occhi e le nostre orecchie, le stupidaggini che si sentono come commento asfittico su questo periodo della nostra storia italiana mi inorridiscono. Va di moda oggi tra i commentatori e i giornalini e giornaloni dire che viviamo UN CAMBIO DI PARADIGMA. Ma cosa significa questo slogan se non che non abbiamo più anima e intelligenza per contrastare questa involuzione civica e politica della nostra epoca? L’Italia mia sembra scomparire consumata dalle fiamme alimentate dalla demagogia di alcuni accecati dall’odio e dalla brama di potere. Come è possibile che una società colta aperta con un grado di consapevolezza straordinaria risorta anche dalle ceneri di una devastante guerra possa cadere preda di movimenti pseudo partitici che assomigliano sempre di più ad un mostruoso populismonazionaldistruttivo. Guidati da un soggetto dichiarato leader ma improbabile per il suo comportamento bulimico e da un ragazzotto accompagnato da uno pseudo avvocato del popolo. Fuori dal coro odierno ma primitivo giullare si muove il grillo parlante che ancora sbraita. Considero il trio ai vertici istituzionali quasi ridicolo perché da agitatori che organizzano separatamente raduni a cui seguono risse selvagge e ricorrono sistematicamente a ogni tipo di volgarità verso gli altri due per eccitare le persone contro la Repubblica e l’Europa e contro chi non è del branco ora decretano persino la morte della democrazia.Chi conosce la storia non può credere all’autosufficienza sa rendersi conto della fragilità dei regimi autoritari dell’inconsistenza morale delle pretese di legittimità e della propaganda che li sostiene. Questi soggetti hanno messo violentemente in discussione i principi costituzionali per scardinare la spesa pubblica e blandire gli elettori ma bisogna difendere e rilanciare i principi di libertà e uguaglianza e prestare attenzione ai sentimenti alle passioni a interessi e ragioni proponendo e facendo da subito proposte sensate di sviluppo del Paese e formare i cittadini che sappiano consapevolmente prendere posizione ed essere una presenza attiva nella vita pubblica. La democrazia non si afferma da sola per le sue intrinseche virtù ma deve essere costantemente sorretta da un’educazione alla democrazia che formi cittadini competenti sia sul piano cognitivo,sia sull’uso delle pratiche partecipative e discorsive sul piano soprattutto della disponibilità a mettersi a disposizione per difendere i propri valori. L’educazione politica deve la sua stessa ragione d’essere alla lotta all’estremismo,di destra e di sinistra. Significa essere chiari e poco schierati e procedere su un delicato equilibrio tra imparzialità respingendo l’indifferenza perché i popoli non sono naturalmente democratici ma si possono educare alla democrazia affrontando le questioni che dividono : la natura controversa è la base della democrazia e della politica e l’unica oggettività possibile è quella fornita dalla scienza accompagnata dalla consapevolezza dei suoi limiti e dunque dal discernimento. QUESTO E’” IL PARADIGMA” CHE VOGLIAMO, IN CUI CREDIAMO. Non siamo rassegnati e rassegnate a tenerci questi demolitori .
Salvini e la vergogna che non conosce
Salvini e la vergogna che non conosce
Qualcuno in questi giorni mi ha chiesto se mi fidavo di Salvini. Ho risposto che da quando è al governo ma anche un tantino prima , ho avuto dei momenti in cui mi sono chiesta ma che razza di popolo siamo diventati ? E’ anche troppo facile ricordare che questo figuro che sventola la Bibbia e il Vangelo più volte e ricorrentemente in questi giorni ha perlomeno tradito 3 comandamenti (il 2° Non nominare il nome di Dio invano-il 7° Non rubare- l’8° Non dare falsa testimonianza) ma poi siccome dimostra di essere sfacciatamente arrogante,qualcuno più autorevole di chi scrive mi ha sempre insegnato che l’arroganza è sorella dell’ingordigia , e quando il 17% degli italiani- ora pare essere arrivati al 38%- si divertiva mentre ingoiava nutella e maccaroni ,ora forse si ravvederà scoprendo,peraltro già dal febbraio 2019 quando l’Espresso scrisse la trama sovietica dei rubli , oggi finalmente arrivata a galla dal marciume che bolle nella pentola verdastra, che razza di malandrone è il Ministro dell’Interno. Bene che finalmente anche i giornalini e giornaloni abbiano avuto il coraggio di mettersi di traverso e fare paginate sulla storiaccia.Sono molto molto sconcertata ma per nulla rassegnata a non combattere per questa tombale silenziosa ibernazione degli italiani verso la storiaccia russofita ma ricordo anche che fra 65 milioni di dollari dichiarati in un inglese stentato dal Savoini faccendiere per la commessa pro Russia e i 49 milioni di euro spariti il leghista che sbraita che lui fa solo il bene degli italiani sembra un fumetto paperonesco in preda al delirio di onnipotenza e continua a negare ,negare,negare.La violazione dell’articolo 3 della nostra Costituzione potrebbe bastare come collirio ad aprire gli occhi impastati a questi sonnambuli italiani che seguono questo uomo che con l’ascia in mano fonda il suo potere sulla violenza.Or dunque le italiane non ne vedono il machismo ? il crocefisso abusato e l’Europa violentata ?la dignità degli stranieri massacrata?,i poveri disprezzati e l’inclusione sociale sconosciuta?le frontiere e i quartieri cittadini muri di odio e disprezzo?Italiani e italiane orsù schiena dritta e testa alta. E non è solo oggi che lo dico lo scrivo e ne argomento le motivazioni,arando nel solco del buonsenso e della fiducia che da questa situazione si può e si deve uscire : non abbiamo paura !
OCSE : ci boccia sulle politiche attive
Uno studio dell’Ocse pubblicato a metà maggio evidenzia i problemi che il nostro paese ha in materia di politiche del lavoro.
La relazione sull’Italia è il sesto studio nazionale pubblicato in una serie di relazioni che esaminano il modo in cui le politiche collegano le persone con l’occupazione e come le politiche attive del mercato del lavoro in Italia — sia a livello nazionale sia regionale — si sviluppano, concentrandosi in particolare sul processo di riforma nel sistema dei servizi pubblici per l’occupazione avviato dai recenti processi riformatori.
La riforma in corso avrebbe un buon potenziale per migliorare le prestazioni dei servizi per l’impiego, ammesso che le parti interessate del sistema cooperino per stabilire un quadro di gestione delle prestazioni vincolante e sviluppare la rete infrastrutturale IT nazionale a sostegno degli uffici locali per servire le persone in cerca di lavoro e contemporaneamente i datori di lavoro. L’Agenzia nazionale per le politiche attive del mercato del lavoro ha un ruolo chiave nell’incoraggiare la cooperazione tra le parti interessate, guidando lo sviluppo di nuovi strumenti e metodologie e sostenendo così gli uffici locali per l’occupazione nell’attuazione del nuovo modello di servizio. Oltre al processo generale di riforma, la revisione esamina alcuni approcci specifici per quanto riguarda la fornitura della rete dei servizi per l’occupazione, utilizzando strumenti di profilazione in cerca di lavoro per indirizzare le politiche attive del mercato del lavoro; aumentare la qualità e la capacità dei servizi per l’impiego in stretta collaborazione con i servizi privati raggiungere i datori di lavoro e far progredire i servizi sul lato della domanda.
Dallo studio emerge che la spesa pubblica per le politiche attive è troppo bassa e la spesa per le politiche passive, pari al 1,29% del Pil, troppo elevata. Elevata rispetto alla media Ocse (pari allo 0,79% nel 2015) e poco efficace, in quanto in Italia solo l’8,5% dei disoccupati nel 2016 ha ricevuto sussidi di disoccupazione, la quota più bassa dopo la Repubblica Slovacca.
Secondo i dati Ocse, i costi salariali reali aumentano mentre la produttività totale dei fattori è diminuita negli ultimi vent’anni in media dello 0,2% all’anno, posizionando il mercato del lavoro italiano tra i peggiori dei paesi Ocse. Il tasso di disoccupazione tra i 15 ed i 74 anni è relativamente alto (pari all’11,2%). Risulta, invece, basso quello di occupazione (pari al 50,6% nel 2017). Seppur il tasso di occupazione delle persone in età da lavoro si avvicina nuovamente al suo livello pre-crisi, quello di disoccupazione rimane ben al di sopra, il terzo più alto tra i paesi Ocse. Inoltre, L’Italia con il 6,5% nel 2017 condivide la seconda posizione insieme alla Repubblica slovacca in termini di quota di disoccupazione di lunga durata, appena dietro la Grecia.
L’Ocse punta poi il dito su occupazione e divari di genere italiani. I dati parlano chiarissimo: nel 2017 il 75% degli uomini tra i 15 e i 64 anni era attivo sul mercato del lavoro mentre delle donne solo il 56%, contro il 46% del 2000. Altri paesi dell’Europa meridionale, che hanno avuto una partecipazione femminile simile in passato, si sono evoluti molto più velocemente (70% delle donne in età lavorativa partecipano alla forza lavoro in Spagna ed il 60% in Grecia).
La parte più interessante della ricerca che vale la pena di leggere attentamente riguarda la situazione dei servizi di collocamento ovvero i Centri per l’impiego. Il dato più sconcertante è relativo ad età e livello di istruzione negli uffici pubblici di collocamento: poco più di un quarto del personale (27,9%) ha un’istruzione terziaria, mentre la maggioranza ha un diploma di scuola secondaria superiore e una parte sostanziale del personale ha un’istruzione secondaria inferiore (12,3%). Incide, poi, sul quadro delineato un turnover del personale molto basso. Da una panoramica su scala nazionale emerge come in Umbria e in Sardegna più della metà dei membri dello staff abbiano titoli di studio universitari, contro il 15% di Basilicata, Sicilia e Puglia. Emerge come il livello di istruzione tenda ad essere più basso nelle Regioni dove anche il numero di addetti dei Cpi risulta inferiore, andando ad aggravare ulteriormente la mancanza di risorse umane sufficienti e la fornitura di servizi adeguati.
Secondo l’Ocse, l’Italia trarrebbe vantaggio da un’allocazione più efficace delle sue risorse umane, infatti, la percentuale di personale dei servizi pubblici per l’impiego dedicato all’assistenza delle persone in cerca di lavoro è solo del 30% (al quartultimo posto tra i paesi dell’Ocse) contro l’80% della Svezia che si posiziona al primo posto.
Nel modello italiano un’ampia parte del personale è sopraffatta da compiti amministrativi, di fatto l’impostazione dei processi non lascia spazio ad attività di consulenza e attivazione di persone in cerca di lavoro o volte a facilitare l’incontro tra domanda e offerta.
La relazione evidenzia l’assenza di un valido sviluppo di strumenti veri di profilazione che servono ad orientare le politiche del mercato del lavoro eccetto poche regioni e comunque in maniera difforme. Nel 2015 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sviluppò il primo modello nazionale di profiling quantitativo all’interno di Garanzia Giovani, estendendone, poi, l’applicazione a tutte le persone in cerca di lavoro presso i Cpi.Nel 2017, Anpal ha elaborato un modello in cooperazione con le regioni ed ora sta affinando uno strumento per mappare le competenze dei jobseekers italiani, integrandone l’utilizzo da parte dei centri per l’impiego con il PIAAC “Programme for the International Assessment of Adult Competencies”, sviluppato dall’Ocse. Va ricordato però che l’iniziativa dei navigator messi sul mercato del lavoro in concomitanza con il reddito di cittadinanza non aiuta a progredire sul piano della profilazione delle politiche attive italiane, poiché ancora oggi si nota un’accentuata discrezionalità dell’operatore pubblico nella scelta della misura adatta alla persona, con troppo margine di errore per poter garantire una profilazione “qualitativa”. Quest’ultima si distingue da quella quantitativa per quanto riguarda i jobseekers e nella gran parte dei paesi Ocse sembra essere proprio la combinazione di questi due approcci.
Alle italiane e italiani sotto l'ombrellone
Agli italiani e alle italiane sotto l’ombrellone . ALESSANDRA SERVIDORI 7 luglio 2019
Comincio questa riflessione dove di solito si finisce e cioè relegando la questione alla capacità delle italiane di essere in prima linea nelle questioni politiche. E’ un pensiero di stima e rigore verso Mara Carfagna che in queste ore di scalmanate offensive dentro a Forza Italia con Toti che ambisce alla guida di una deriva forzista, la Vice Presidente della Camera resiste e oppone ragionamenti di calma e progettualità non sul chi ma sul come e con quali programmi rilanciare una politica ragionevole. Premetto che non faccio politica per un partito ma per lo Stato e così dopo una vita al servizio delle istituzioni continuo a schierarmi con chi le istituzioni le difende e non con uno Sgarbi sgarbato e misogino che al Corriere della Sera rilascia una intervista bocciando Carfagna accusandola di essere carina ma ciò “non basta per guidare un partito”.Tempo fa sul sito TutteperItalia ho riassunto in estrema sintesi i capisaldi dell’Unione Europea per cercare, anche attraverso la mia professione di insegnante, di ricordare cosa rappresenta per noi Italiani e nel contesto internazionale fare parte, anzi essere,i fondatori di una dimensione territoriale e sociale così importante. Nel frattempo non mi sono mai sottratta sempre attraverso il sito che racconta l’Associazione Nazionale che ho l’onore di rappresentare ma anche su riviste on line “benevoli e democratiche” commenti e proposte sul mio Paese in preda a marosi inquietanti. Bene Avanti !
Il giorno dopo l’assoluzione della Nuova Europa nei confronti del debito italiano e della mala politica biancarossaverde raccomando di prendere coscienza della estrema provvisorietà della decisione della Commissione di non accogliere il suggerimento di procedere contro l’Italia: guai a considerarla una questione chiusa, è solo rimandata e non riesco proprio a capire i ragionamenti trionfali di un ex collega come Tria .Come prof rigorista ammetto che è ovvio che si tratta di un impegno molto pesante perché nel limite concordato è compreso un aumento dell’IVA che l’attuale maggioranza intende a ogni costo evitare e questo pone il problema di recuperare una cifra vicina a 20 miliardi di euro. Poiché poi vi sono varie promesse della maggioranza – compresa la famosa flat tax – è evidente che la Commissione ha preso atto che il Governo italiano ha riconosciuto che tutto questo non potrà avvenire o comunque non potrà avvenire in deficit. Il che naturalmente fa venire meno buona parte delle speranze di usare la riforma fiscale per stimolare la ripresa economica. E’ il deficit l’elemento di stimolo, anche se converrebbe usare il deficit per spese di investimento che hanno un ritorno migliore delle spese correnti, ma se non c’è deficit di fatto non c’è stimolo. Mi auguro che sia chiaro che la questione del 2020 rimane sul tavolo della Commissione. I governi dei paesi dell’Unione Europea debbono sottoporre i propri progetti di bilancio alla Commissione e la Commissione avrà come arma in più rispetto al passato le dichiarazioni che il presidente del Consiglio e il ministro dell’economia hanno fatto circa il bilancio 2020 per evitare la procedura di infrazione. In sostanza il governo italiano ha piegato la testa per la seconda volta in sei mesi – la prima fu a dicembre – rispetto alle dichiarazioni bellicose di volere fare di testa propria. E questa volta l’ha piegata non all’ultimo momento, come avvenne a dicembre, ma con qualche mese di anticipo rispetto alla predisposizione del bilancio 2020. Dal punto di vista delle dichiarazioni di intenti dei due partiti della coalizione, siamo di fronte a una sostanziale capitolazione. Sarà interessante vedere come i due capi dei partiti della maggioranza spiegheranno il cedimento alle politiche di austerità da loro combattute a parola con tanta veemenza. Resteranno al Governo per realizzare politiche che criticano aspramente o sceglieranno di far cadere il governo con il rischio di assumersi la responsabilità di una crisi senza ovvi sbocchi? Questa è materia per i prossimi mesi. Ma intanto sotto l’ombrellone o sul lago o in cima alle montagne o comunque in città, cerchiamo di non scordarci che tra al massimo 60 giorni il problema di dove trovare quei 50miliardi che servono al Governo per affrontare gli impegni assunti vedremo dove saranno “inventati”.Umilmente ricordiamo che abbiamo un nuovo record per il debito pubblico italiano, che lo scorso novembre è aumentato di 10,2 miliardi, rispetto ad ottobre, raggiungendo il picco di 2.345,3 miliardi di euro. Se la si volesse suddividere per i quasi 60,5 milioni di italiani censiti dall'Istat, significherebbe avere quasi 38mila euro di indebitamento pro capite, neonati e anziani inclusi.